Personaggi

Giorgio Faletti, una vita dal cabaret ai bestseller

Moriva cinque anni fa uno degli artisti più eclettici e sorprendenti del panorama italiano
Faletti a Lugano nel 2009 per il Premio Chiara. (fotogonnella)
Matteo Airaghi
Matteo Airaghi
04.07.2019 06:00

Della sua salute precaria che alla fine gli costò la vita quando non aveva nemmeno 64 anni non si era mai lamentato. Per una volta senza ironia, poco prima che il tumore ai polmoni il 4 luglio del 2014 se lo portasse via Giorgio Faletti in un’intervista aveva detto: «Comunque vadano le cose, io ho avuto una vita che altri avrebbero bisogno di tre per provare le stesse emozioni. E se penso che sarei dovuto morire nel 2002 (per un ictus quasi fatale, ndr) e in questi 12 anni ho fatto le cose a cui tenevo di più, devo ritenermi l’uomo più fortunato del mondo». E davvero quei dodici anni, quelli del Faletti autore di thriller bestseller internazionali, furono per molti versi i più sorprendenti e fervidi in una carriera artistica senza eguali almeno nel panorama italiano. Ma andiamo con ordine. Astigiano doc, classe 1950, Giorgio Faletti, buona famiglia, una laurea in legge e una solida formazione culturale, esordisce come cabarettista nel locale cult della comicità senza rete, faccia a faccia con il pubblico: il leggendario Derby di Milano. Sono gli anni Settanta, quelli formidabili per il cabaret e in particolare per quel palcoscenico milanese in via Monte Rosa, dove in quelle stagioni si avvicendano giovani anticonformisti dell’intrattenimento come Diego Abatantuono, Teo Teocoli, Massimo Boldi, Paolo Rossi, Francesco Salvi. In televisione si fa notare come spalla di lusso di Raffaella Carrà ai tempi di «Pronto Raffaella». Ma è il 1985 l’anno topico, il prologo della sua popolarità (che non verrà mai meno, malgrado le mille trasformazioni artistiche) quando Faletti interpreta uno dei personaggi centrali del «Drive In» berlusconiano di Antonio Ricci, fucina di talenti e spettacolo innovativo, decisamente fuori dagli schemi dell’epoca. La guardia giurata Vito Catozzo: la postura, la mimica, lo slang, l’avversione dichiarata e grottesca per gli «uomini sessuali» lo fanno entrare per sempre nell’immaginario collettivo insieme ad altri personaggi indimenticabili come Carlino, Suor Daliso, il testimone di Bagnacavallo. Fianco a fianco di Zuzzurro e Gaspare recita in «Emilio» dove crea un’altra delle sue maschere grottesche, Franco Tamburini, lo stilista di Abbiategrasso. Idolatrato, celebrato, imitato da tutti nella vita quotidiana, Faletti capisce quanto la televisione sia congeniale al suo talento e ci si butta a capofitto. Irrompe nel «Fantastico» 1990 con Pippo Baudo, Marisa Laurito e Jovanotti, poi a «Stasera mi butto... e tre!» con Toto Cutugno.

Ma il piccolo schermo non è tutto e Faletti si intrufola intanto intelligentemente, con fervore, anche sullo scenario della musica. Esordisce nel 1988 con un mini-album intitolato «Colletti bianchi», colonna sonora di una serie tv dallo stesso titolo nella quale è fra i protagonisti. Nel 1991 pubblica un disco intero, «Lupo mannaggia» e si fa forte della sua prima hit, «Ulula», uno dei tormentoni estivi del 1991, accompagnato da un video altrettanto felice (che ora impazza su youtube). Nello stesso anno compie la sua prima piccola, grande impresa di autore per Mina che canta la sua «Traditore», includendola in un album particolarmente fortunato, «Caterpillar». Il mondo della canzone lo avvince e Faletti si butta nella mischia con passione e pure un pizzico di incoscienza. Nel 1992 prende parte per la prima volta al carrozzone del Festival di Sanremo presentandosi spavaldo in coppia con Orietta Berti, nientemeno. Ma la svolta arriva con il Sanremo del 1994: la sua «Signor tenente» (nel titolo ufficiale il «minchia» disperato che ha cambiato persino il lessico della lingua italiana non c’era) lascia un segno indelebile nella storia d’Italia di quell’epoca, raccontando le tragedie di Capaci e di via D’Amelio con un’efficacia drammatica rimasta insuperata.

Da qui in avanti i suoi talenti sembrano debordare. Svelando una vena inquieta e malinconica si rivela ricercatissimo paroliere: scrive testi per la Cinquetti, per Fiordaliso, per Branduardi, si cimenta persino con la pittura e poi, cambiando ancora identità, si rivela attore di successo interpretando il professore burbero ma dal cuore d’oro di «Notte prima degli esami». E lo scrittore? Quasi dal nulla nel 2002 Faletti convince Baldini e Castoldi a pubblicare il suo «Io uccido». Un thriller (anzi uno «spaghetti thriller» come lui definiva i suoi gialli) da quattro milioni e mezzo di copie che cambia e trasforma il mercato della narrativa italiana degli anni Duemila. I suoi libri sono tradotti in 25 lingue e pubblicati con successo crescente, oltre che nel Vecchio Continente, anche in America Latina, in Cina, in Giappone, in Russia e dal 2007 pure negli Stati Uniti e nei Paesi di lingua anglosassone dopo il boom di vendite di «Fuori da un evidente destino» (Baldini Castoldi Dalai, 2006), un romanzo ambientato in Arizona e centrato sugli indiani Navajos. Qualcuno lo paragona a Stephen King e a Jeffery Deaver altri mettono in discussione il suo reale valore letterario o insinuano che alle sue spalle vi siano (un po’ come per Camilleri che è ancora tra noi e già ci manca) eserciti di abilissimi ghost writer. Durante una presentazione editoriale, dopo quindici milioni di copie vendute, fu lo stesso Faletti, da par suo, a svelare l’arcano. «Il mio successo come scrittore? Una clamorosa botta di culo».

Gli «spaghetti thriller» che spiazzarono il mondo letterario

Tralasciando le raccolte di racconti e i libri legati alla sua attività di comico si calcola che i thriller di Giorgio Faletti abbiano sinora venduto in totale circa quindici milioni di copie. L’esordio nel 2002 con «Io uccido» (quattro milioni e mezzo di copie) è nella storia dell’editoria italiana secondo soltanto a «Il nome della rosa» di Umberto Eco. Nel 2004 esce quindi il suo secondo romanzo, «Niente di vero tranne gli occhi». Il successo è di nuovo travolgente e il libro vende oltre tre milioni e mezzo di copie. Seguito ideale di «Io uccido», l’opera è ambientata a New York ed incentrata su una fantomatica operazione di trapianto di cornea effettuata in una clinica oculistica. Sempre per Baldini e Castoldi, nel 2006 ecco «Fuori da un evidente destino», il suo terzo romanzo ambientato in Arizona, nella riserva Navajo. Nel 2009 Faletti pubblica «Io sono Dio» storia di un uomo sopravvissuto alla guerra del Vietnam ma rimasto ustionato in maniera irreversibile mentre del 2010 è «Appunti di un venditore di donne», curiosamente primo romanzo dello scrittore ambientato in Italia e subito schizzato in testa per mesi alle classifiche di vendita. Cinque «spaghetti thriller» tradotti in mezzo mondo capaci di stravolgere con uno stile originale e spiazzante non soltanto il modo di fare narrativa noir in lingua italiana ma anche un mercato editoriale cronicamente incapace di scegliere tra popolarità e qualità letterarie.