Giovanni Bertacchi e l’amata Svizzera
Capita a volte che gli anniversari non vengano celebrati invano e che grazie all’impegno di studiosi appassionati e alla rilettura di opere, situazioni e personaggi semidimenticati o relegati dentro precise e stratificate categorie si possano far riemergere figure di valore al di là di ciò che la vulgata tende a circoscrivere. È stato questo il benvenuto caso del poeta, accademico e critico letterario Giovanni Bertacchi (Chiavenna, 1869- Milano, 1942) a lungo relegato a gloria letteraria «locale» (quando non dialettale) a dispetto di un percorso letterario ed umano che merita ben altra considerazione anche da parte della critica svizzera. Certo la «sua» Chiavenna nel 150. anniversario della nascita lo ha più che degnamente celebrato con una serie di conferenze, mostre e visite guidate, ma anche con la pubblicazione anastatica della prima edizione della sua opera maggiore, Il Canzoniere delle Alpi, uscita a Milano nel 1895. L’ottima organizzazione dell’anno bertacchiano, da cui sono riemersi anche i profondi legami con la Svizzera del poeta, si è dovuta al Centro di studi storici valchiavennaschi in collaborazione con gli enti e le altre associazioni locali. Nato il 9 febbraio 1869 a Chiavenna Bertacchi, una volta laureato in lettere a Milano, si fermò a insegnare al ginnasio Parini e poi al liceo Manzoni, finché nel 1916 fu chiamato «per chiara fama di poeta», senza dunque partecipare ad alcun concorso, alla cattedra di letteratura italiana all’università di Padova. Lì insegnò per vent’anni, fino al 1936, quando, lui fervente socialista umanitario, per evitare di firmare la richiesta adesione al regime fascista, scelse di andare in pensione anzitempo iniziando un lungo calvario di oblio, emarginazione e di progressiva depressione psichica. Bertacchi morì a Milano il 24 novembre 1942 ed è sepolto a Chiavenna. La critica gli assegna un posto nella letteratura italiana come «cantore delle Alpi» per antonomasia. Fu infatti il primo a porre la montagna e la gente che vi abita al centro della sua poesia, arrivando a pubblicare varie edizioni di quasi tutte le sue nove raccolte poetiche, tutte uscite a Milano.
Un ribelle mite
Purtroppo visse in un periodo in cui stava mutando la poetica in Italia. All’inizio del ’Novecento si fece avanti l’ermetismo di Giuseppe Ungaretti, di Salvatore Quasimodo e di Eugenio Montale, per cui la poesia tradizionale lirica, enfatica, epica, di Bertacchi, legato a Giosuè Carducci, che conobbe personalmente non ancora ventenne a Madesimo, e a Giovanni Pascoli, passò rapidamente in sott’ordine. Inoltre l’avvento del regime fascista in Italia nel 1922 andò sempre più imponendo il silenzio sulla sua figura che rimase quella di un «ribelle mite ma risoluto», legato al socialismo ideale e umanitario, che portò avanti con estrema coerenza. Un percorso dalla fama all’oblio (a cavallo tra i due secoli il suo Canzoniere delle Alpi superò le venticinquemila copie di tiratura ufficiale» senza contare le innumerevoli riproduzioni non autorizzate delle sue liriche all’epoca popolarissime) che prima del crollo psicologico che lo condusse alle morte lo ridimensionò a «poeta di Chiavenna» anche per la sua tardiva conversione al poetare in dialetto. Quasi nulla però si ricordava del suo legame con la Svizzera di cui ci racconta il professor Guido Scaramellini da decenni appassionato studioso della figura di Bertacchi e presidente del benemerito Centro di studi storici valchiavennaschi che del poeta custodisce l’archivio e la biblioteca privata. «I suoi rapporti con la vicina Bregaglia e l’Engadina furono strettissimi», ci spiega il professor Scaramellini. Già il 2 agosto 1891, quando il poeta ventiduenne aveva pubblicato la prima raccolta Versi, scrisse la poesia Elvezia!, dapprima stampata in un fascicolo dedicato Al popolo di Val Bregaglia festeggiante nel sesto centenario l’origine della Confederazione Elvetica. La poesia sarà inserita nella sua seconda raccolta, che è anche la più nota delle nove, cioè Il canzoniere delle Alpi, dove troviamo anche due liriche dedicate rispettivamente a La Via Mala e a Il Reno.
Al sicuro a Promontogno
Nel 1898, in seguito ai luttuosi fatti di Milano in cui si sparò sulla gente che protestava per il caro vita Bertacchi significativamente fu a lungo ospite a Promontogno della famiglia Scartazzini. «È l’anno dei Pometti lirici - prosegue Guido Scaramellini - dove è inserita la poesia Nella grotta del Morterasch. Seguirono le raccolte Liriche umane nel 1903 con la poesia Kursaal e Alle sorgenti nel 1906 con Inverno al Maloja e La nube del Muretto. Anche nella raccolta A fior di silenzio del 1912 più di una liricha è dedicata ai Grigioni: Lungo i laghi d’Engadina, Nella pineta di Nietzsche, Le fragole della Splugenstrasse, Presso la chiesa riformata di Sufers. Ancora in Riflessi di orizzonti del 1921 figurano Al casolare dello Schafberg dedicata a Segantini e Engadina deserta». Quasi a voler coniugare positivismo, naturalismo, mazzinianesimo e socialismo con l’elvetico ideale di libertà e con le più retiche tra le nostalgie.