Musica

Gli ottant’anni di Ringo, il Beatle più simpatico

Importante compleanno per il batterista che, entrato nei «Fab Four» al posto di Pete Best il cui fascino rischiava di mettere in ombra Lennon&McCartney, ha saputo ritagliarsi un ruolo fondamentale nell’evoluzione del gruppo più famoso della storia
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Red. Online
07.07.2020 06:00

Non è, probabilmente, il batterista più bravo del mondo ma è sicuramente il più conosciuto, il più simpatico e anche il più ricco. È sir Richard Starkey, per tutti Ringo Starr, che oggi taglia l’importante traguardo degli ottant’anni, che l’ex Beatle ha deciso di festeggiare in modo speciale. «Mi piacciono i compleanni e quello di quest’anno sarà un po’ più speciale. Niente invitati, niente torta per cento persone. In compenso metteremo su questo show e sarà ugualmente un gran compleanno. Per farmi gli auguri i fan possono dire, pensare o postare #peaceandlove a mezzanotte del sette luglio» ha dichiarato.

In pratica quest’oggi, collegandosi sul suo canale YouTube, tutti potranno gustare un inedito concerto benefico comprendente performance domestiche e filmati dal vivo suoi, di Paul McCartney, Sheryl Crow, Garu Clark jr., Sheila E, Ben Harper, Steve Earle, Peter Frampton e altri. Un modo originale, insomma, per celebrare un traguardo importante, in perfetta sintonia con quello che, da più di mezzo secolo, è il suo personaggio.

La passione per gli anelli

Un personaggio che Richard Starkley detto Ringo (si dice per la sua passione per gli anelli) ha iniziato a forgiare nel 1962 quando fu chiamato a far parte di quella che sarebbe diventata la band più famosa della storia. Secondo le biografie ufficiali la chiamata arrivò in quanto il produttore dei Beatles, George Martin, non riteneva chi sedeva in quel momento dietro piatti e tamburi particolarmente abile, così da spingere Lennon & McCartney a trovare un sostituto. Più prosaicamente la sostituzione fu effettuata in quanto il batterista Pete Best era così belloccio e piaceva così tanto alle ragazze da irritare lo smisurato ego di John & Paul che decisero, quindi, di farlo fuori. Tant’è che nelle prime «vere» incisioni dei Beatles (Love Me Do e P.S. I Love You) il contributo di Ringo fu eliminato da Martin e sostituito da quello di un turnista, tale Andy White.

Intelligenza... tattica

Al di là di ciò, Ringo Starr era tutt’altro che uno sprovveduto e un dilettante: prima di diventare un Beatle si era infatti costruito una buona fama nel circuito skiffle e beat di Liverpool e, una volta entrato nel gruppo, non faticò a capirne le dinamiche e a adattarvisi, lasciando che fossero John & Paul a prendersi le luci della ribalta e ritagliandosi il ruolo di simpatico mattacchione della band, ma anche di abile mediatore tra le due forti personalità.

Un ruolo subalterno che però non gli ha precluso la possibilità di incidere sulla produzione del gruppo: il suo particolarissimo stile ritmico (è infatti un mancino che suona da destro) e il gusto melodico che ha sempre permeato il suo tocco, ha fatto spesso da prezioso supporto alle intuizioni compositive dei due leader – soprattutto John Lennon, con il quale ha sempre avuto un feeeling particolare. La sua forte e marcata presenza scenica gli ha inoltre premesso di prendersi delle soddisfazioni, sia interpretando canzoni epocali quali Yellow Submarine e With a Little Help from My Friends sia giocando un ruolo di primo piano nelle prove cinematografiche del gruppo (Help! e A Hard Day’s Night), che hanno fatto da preludio ad una discreta carriera cinematografica che, iniziatasi quando faceva ancora parte del gruppo (con Candy e il suo pazzo mondo, nel 1968, a fianco di Charles Aznavour, Marlon Brando e, l’anno successivo, con il dissacrante The Magic Christian, di Peter Sellers) è poi proseguita con una certa regolarità fino al termine degli anni Ottanta.

Il post Beatles

Anche musicalmente, dopo lo scioglimento dei Beatles, Ringo Starr si è sempre mantenuto in buona attività, nonostante problemi di alcolismo che, soprattutto negli anni ottanta, hanno compromesso la sua salute. Al suo attivo ha infatti una ventina di album, alcuni dei quali di successo e che sono stati, in molti casi, un’occasione di incontro tra i vecchi compagni: la sua già citata abilità di mediatore gli ha infatti permesso di continuare a lavorare con gli altri tre componenti della band alimentando a lungo nei fan la speranza che, grazie ai suoi buoni uffici la band avrebbe potuto ricomporsi. Pure su l fronte «live» Ringo Starr è sempre stato molto attivo, soprattutto con la All Stars Band con la quale gira il mondo da alcuni decenni: un supergruppo composto, di volta in volta, da alcuni dei più importanti turnisti del pianeta nonché da stelle magari un po’ opache del firmamento pop-rock ma in grado di regalare, assieme al sempre gigionesco Ringo, show spumeggianti e divertenti all’insegna di quel «Peace & Love» da tempo immemorabile diventato, assieme all’immancabile domanda («What’s My name?») rivolta a ripetizione al pubblico, il suo inconfondibile marchio di fabbrica.

Un'infanzia difficile e dolorosa

Sebbene siano stati sempre dipinti come bravi ragazzi di buona famiglia (in contrasto con i «teppisti» Rolling Stones) i Beatles in realtà provenivano tutti da situazioni non idilliache. E tra loro quello che ha avuto il passato più difficile è proprio Ringo. Nato nell’ambiente degradato di Dingle, la zona operaia di Liverpool, aveva tre anni quando i suoi genitori si separarono, costringendolo assieme alla madre a spostarsi in una modesta abitazione dove crebbe accudito soprattutto da una zia. Da piccolo, inoltre, Ringo fu perseguitato dalle malattie: a sei anni rimase due mesi in coma dopo un’appendicite acuta che lo debilitò a lungo e a 13 fu ricoverato per tubercolosi in un sanatorio per quasi due anni. Guai che, uniti alle ristrettezze economiche in cui versava, lo segnarono dal profilo fisico, educativo e caratteriale. Sin da ragazzo, insomma, Ringo si distinse per un carattere introverso che non lo abbandonò neppure quando iniziò a farsi conoscere per le sue doti batteristiche (strumento che iniziò a suonare durante le lunghe convalescenze). E fu probabilmente questa sua timidezza – abbinata comunque ad interessanti doti tecniche – a spingere Lennon & McCartney a chiedergli di lasciare Rory Storm & The Hurricanes (popolare skiffle band con la quale si esibiva e con cui i nascenti «scarafaggi» condivisero il palco del Kaiserkeller di Amburgo nel 1960) per entrare nel loro progetto al posto del fin troppo esuberante Pete Best. L’ingresso nel gruppo tuttavia non fu facile: il produttore George Martin faticò ad accettarlo e nuovi guai polmonari lo costrinsero a disertare parte del tour mondiale del 1964 lasciando intravedere la possibilità di una sua definitiva sostituzione. Ma la sua determinazione, celata dietro quel «naso triste come una salita» (per dirla alla Paolo Conte), alla fine risultò vincente facendo di lui uno degli emblemi dei favolosi Sixties.