Il disastro ferroviario della Centovallina che colpì i luganesi e non solo
Il disastro ferroviario sulla Centovallina
Il disastro della Centovallina, che ha costato la vita di due nostri concittadini ed ha valso ad una trentina di altri ferite e disturbi nervosi che non si guariranno tanto presto, ha prodotto una impressione gravissima non solo in città, ma in tutto il Cantone, dove si sapeva da tempo che le condizioni di traffico della Centovallina non erano le più rassicuranti (nota di 100 anni dopo: il treno deragliò e finì in una scarpata a pochi metri dalla stazione italiana di Masera, ultimo paese prima dell’arrivo a Domodossola, e a perdere la vita, in quel giorno, furono due luganesi, la ventiduenne Margherita De Rossi e il signor Giovanni Borioli, come riportato nell’edizione del 14 luglio 1924 del Corriere del Ticino, in cui si riferì della tragedia). Mentre scriviamo, sappiamo che a visitare gli ammalati a Domodossola si sono recati Mons. Vescovo ed il can. Lanfranchi; non sappiamo se vi sia recato un membro del Governo per portare la parola di saluto e di conforto del Cantone, e specialmente per compiere una indagine sul disastro, indagine che dovrebbe servire al Governo cantonale di documentazione sulle condizioni di questa ferrovia da poco inaugurata e già segnalatasi per una serie di incidenti, fortunatamente non molto gravi nelle conseguenze, fatta, si capisce, eccezione di quest’ultimo dolorosissimo.
Ci si dice che il Dipartimento federale delle Ferrovie era riluttante a concedere il nulla osta per la messa in esercizio della nuova ferrovia e ciò in seguito a pareri dei tecnici federali i quali trovavano nella linea difetti di tracciato e di materiale rotabile per cui la linea non offriva le più rigorose garanzie; si fecero delle pressioni anche da parte italiana, cosicchè il Dipartimento federale finì col cedere.
Il giorno dell’inaugurazione una delle vetture uscì dalle rotaie; nel disastro di ieri pare che non funzionassero i freni, pare che le curve troppo strette, rispetto allo scartamento della linea, aggravassero il pericolo del treno in corsa veloce; non siamo qui per fare una discussione tecnica, nè per gridare la croce addosso a nessuno, siamo qui a chiedere provvedimenti a nome degli interessi del pubblico, a nome degli interessi del Cantone, il quale ha dato, per il finanziamento della linea, una cospicua somma.
Ieri correva la voce che il Dipartimento federale avrebbe deciso di ordinare la sospensione dell’esercizio sul tratto svizzero della ferrovia. Crediamo si tratti di voci esagerate; non si vuole la morte del peccatore, ma che il peccatore si converta e viva; questo è, secondo noi, il giusto punto di vista; non si vuole la rovina della Centovallina, non si domandano misure draconiane, ma si domanda che la linea venga messa in condizioni tali da poter funzionare con regolarità e sicurezza, da poter riacquistare quella fiducia del pubblico che è andata in questi tempi scemando.
Per questo sollecitiamo l’intervento del Governo, l’intervento dell’autorità federale; intervento inteso a imporre all’impresa l’esame tecnico dei difetti che presenta la linea, lo studio e l’attuazione dei rimedî. La Centovallina è una linea ferroviaria di grande importanza per il Cantone e, appunto in considerazione di ciò, noi pure abbiamo sostenuto fervidamente la sua causa e patrocinato l’appoggio morale e finanziario del Cantone; ma per queste stesse ragioni domandiamo che la linea ferroviaria delle Centovalli venga messa in condizioni tal da permetterle di riconquistare la fiducia del pubblico.
Come abbiamo detto più sopra, ieri Monsignor Vescovo Vescovo (era Aurelio Bacciarini, nota di 100 anni dopo), accompagnato dal Canonico Lanfranchi, si è recato a Domodossola a fare visita ai feriti e a portare la parola di conforto ai parenti delle vittime. Ieri sera abbiamo ricevuto dal signor Aldo Villa, da Domodossola il seguente telegramma: “Paolo Mantegazza, Coniugi Agosti, Pollinini, feriti piuttosto gravemente, ma le condizioni non sono allarmanti: guaribili in quindici giorni, salvo complicazioni; Derossi Pietro, Baldini Cesare, Pietro Cortesi, feriti leggermente». A parte le ferite, in quasi tutti i gitanti è rimasta una ripercussione nervosa, in alcuni lo choc ha assunto una forma abbastanza grave.
Abbiamo parlato stamane col M. R. Canonico Lanfranchi, che fu ieri con Mons. Vescovo a Domodossola ed abbiamo avuto queste informazioni: «Le condizioni dei feriti che si trovano a Domodossola sono più confortanti; non è vero che alla signora Agosti sia stata amputata una gamba; è vero che ha una gamba rotta e che ne avrà per un paio di mesi; il marito, che la assiste, è ancora in preda allo choc nervoso; la signora Rezzovaglio accusa dolori in diverse parti del corpo. La salma della povera De Rossi si trova nella cappella del cimitero di Maser. Quella del povero Borioli, in quella dell’Ospedale di Domodossola. Il Borioli, domenica, appena giunto all’Ospedale, chiese subito i conforti religiosi; nella notte, per una emorragia interna, spirò quasi improvvisamente. La moglie, giunta il mattino dopo coi figli, trovò il marito già morto. Il De Rossi si trova a Domodossola presso un amico; racconta che pochi momenti prima del disastro, mentre le vetture correvano traballando e sobbalzando sui piccoli binari, intuì il pericolo e si afferrò a un porta carichi, raccomandando alla figlia di fare altrettanto; avvenuto il disastro, si vide vicino la figlia: la chiamò, quella gli rispose con un filo di voce, poi spirò. La popolazione di Masera, che si trovava alla Messa cantata – per invito del parroco, il quale sospese subito la Messa – si portò sul posto del disastro, prodigandosi in soccorsi e in cure ai feriti. I funerali delle vittime avranno luogo domani nel pomeriggio, a Lugano, partendo dalla Madonnetta, dove le salme verranno trasportate stasera (giungeranno per ferrovia a Domodossola verso le nove). A Masera, oggi, la popolazione del piccolo villaggio celebrerà i funerali alla povera De Rossi. Il sig. Davide Primavesi ha preso a Domodossola accordi, per il servizio di Croce Verde, per il trasporto dei feriti che si trovano colà, a Lugano».
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