Il dossieraggio in parole povere

Tutta Italia sta parlando del cosiddetto «Caso Dossier», per lo meno tutta l’Italia autoreferenziale che gravita intorno alla politica, alla magistratura e al giornalismo. Una di quelle vicende così complesse da non avere un vero inizio e che, facile scommessa, non avrà una fine visto che si sta assistendo al solito derby fra destra (in questo caso presunta spiata) e sinistra (in questo caso presunta spiante). Ma in concreto che cosa è successo, al netto del politichese e dei messaggi in codice?
I protagonisti
I due uomini chiave della vicenda fino a qualche giorno fa erano sconosciuti ai più. Si tratta del magistrato Antonio Laudati e del tenente della Guardia di Finanza Pasquale Striano, entrambi per anni al lavoro per la DNA, la Direzione nazionale antimafia che a dispetto del nome non si occupa soltanto di mafia ma di criminalità organizzata in generale e la cui banca dati è piena di informazioni, soprattutto bancarie, incrociate con altre banche dati (in particolare quella dell’Agenzia delle Entrate), anche su personaggi pubblici o privati cittadini mai toccati da indagini. Striano lavorava nella sezione che si occupa delle SOS, Segnalazione operazioni sospette: in pratica le comunicazioni della banche riguardanti grosse operazioni in contanti, transazioni con l’estero e in generale movimenti non coerenti con il passato del singolo correntista, senza bisogno di ipotesi di reato. Va da sé che il confine fra la lotta al crimine e la raccolta di informazioni per pura curiosità o per motivazioni peggiori sia spesso molto sottile. Per il momento i principali accusati sono loro due: falso, accesso abusivo a sistema informatico e abuso d’ufficio.
Domani
Tutto parte dai giornalisti. Infatti nell’agosto 2023 Guido Crosetto presentò un esposto alla Procura di Roma dopo aver letto un articolo di Domani in cui venivano rivelati nel dettaglio i suoi compensi ricevuti per consulenze ad aziende operanti nel settore degli armamenti. Consulenze del passato, prima che diventasse ministro della Difesa del governo Meloni, ma alcune proseguite anche nel presente e quindi con un conflitto di interessi. I magistrati romani sarebbero poi risaliti alla fonte del quotidiano di Carlo De Benedetti: la fonte era Striano. Notando che il tenente inviava informazioni riservate su Crosetto e tanti altri non solo ai tre giornalisti di Domani (Giovanni Tizian, Nello Trocchia e Stefano Vergine), ma anche ad altri, fra i quali anche un investigatore privato. È stato poi facile ricostruire l’attività complessiva di Striano e anche, in misura minore, di Laudati. A fare notizia le ricerche su buona parte dei membri del governo Meloni: Lollobrigida (ministro dell’Agricoltura, nonché cognato della premier), Pichetto Fratin (Ambiente), Valditara (Istruzione), Calderone (Lavoro) e altri. Questo ha portato alla immediata politicizzazione della vicenda, perché gran parte degli osservati speciali di Striano e Laudati appartiene al centro-destra. Nel frattempo l’inchiesta è passata alla Procura di Perugia, competente quando le indagini riguardano magistrati in servizio a Roma.
Ma perché adesso?
La posizione dei giornalisti è ovviamente diversa dai due che lavoravano alla DNA: se non hanno pagato Striano e Laudati (e allora viene da chiedersi perché si siano presi la briga di raccogliere informazioni su 800 personaggi pubblici, senza motivi particolari) o li hanno indotti con altri mezzi a collaborare, il loro problema è soltanto quello di pubblicare notizie vere: quelle su Crosetto ad esempio lo erano, così come era rilevante l’interesse pubblico nel diffonderle, mentre senz’altro non lo sono le segnalazioni di spese minori, oltretutto con carte di credito personali. Perché il «Caso Dossier» è scoppiato soltanto da pochi giorni, se si sta indagando da un anno? Perché sui giornali sono comparsi i nomi degli oggetti dei dossier pieni di dettagli senza rilevanza penale sulle rispettive vite: oltre a tanti politici di destra, qualcuno dei 5 Stelle e pochi di sinistra, anche gli ex premier Matteo Renzi e Giuseppe Conte, il costruttore Francesco Gaetano Caltagirone, l’ex sindaco di Milano Letizia Moratti, la pseudo-vedova di Berlusconi, Marta Fascina, il manager dello spettacolo Lucio Presta, l’imprenditore proprietario della Salernitana Danilo Iervolino, addirittura anche Fedez.
Il calcio
In una grande storia italiana non poteva mancare il calcio. Striano ha raccolto informazioni senza alcuna giustificazione su Andrea Agnelli, Massimiliano Allegri e anche su Cristiano Ronaldo: magari è juventino o anti-juventino, chissà cosa ha trovato. Certo è che la situazione più pesante fra i dossier calcistici è quella riguardante Gabriele Gravina. Perché il dossieraggio sul presidente della Federcalcio ha nella sostanza ipotizzato comportamenti poco corretti di Gravina nell’assegnazione dei diritti televisivi della LegaPro (cioè la Serie C) nel 2018, legandoli all’acquisto di un appartamento a Milano. Al di là del merito della questione e dell’indagine per autoriciclaggio scattata nei suoi confronti, è interessante notare che in questo caso Striano si sarebbe mosso su ispirazione di Emanuele Floridi, amico di Claudio Lotito. E il presidente della Lazio è un nemico politico di Gravina… Insomma, una vicenda che potrebbe allargarsi perché è probabile che gli accessi abusivi non siano soltanto stati di Striano e Laudati. Fra l’altro il nuovo capo della DNA, Giovanni Melillo, è intenzionato a fare chiarezza sul recente passato, che porta anche il nome del suo predecessore, Federico Cafiero De Raho, oggi deputato del Movimento 5 Stelle. È ovvio che la vera bomba politica della vicenda sarebbe dimostrare che si va oltre qualche finanziere curioso e maneggione, quindi con un dossieraggio degli avvarsari politici usando strumenti e persone che dovrebbero combattere la criminalità. Ma mentre scriviamo queste righe ancora non siamo a questo livello.