Il giochino dei plagi: chi copia chi?

Non c’è Sanremo esente da una polemica che si trascina sin dalle sue origini: il plagio, ossia le somiglianze che le canzoni in gara avrebbero con altre già sentite. Un caso che – volendo – potrebbe essere archiviato in trenta secondi con la seguente constatazione: ogni composizione contemporanea è un plagio, visto che stando a molti studiosi, le combinazioni armoniche possibili secondo le strutture della musica occidentale si sono esaurite a metà Ottocento: tutto ciò che è stato scritto dopo, in pratica, è possibile ritrovarlo in opere precedenti. Il giochino del plagio comunque piace e anche quest’anno c’è chi si preso la briga di andare a cercare ogni possibile somiglianza. Ovvero: la canzone di Ultimo («I tuoi particolari») sarebbe uguale a «Che giorno è» di Masini. «La ragazza dal cuore di latta» di Irama, ricalcherebbe «Kids» dei MGMT. La canzone della Bertè «C’è qualcosa che non va» avrebbe lo stesso incipit di «C’è chi dice no» del Blasco e sulla sua linea melodica è possibile cantare «Zombie» dei Cranberries. La «Rolls Royce» di Achille Lauro, oltre a citare – volutamente – la «Vita spericolata» di Vasco ricalca a livello melodico «Easy Easy» di King Krule nonché «1979» degli Smashing Pumpkins (chi copia chi in questo caso?); il ritornello di Renga è molto simile alla «Leva calcistica del ’68» di De Gregori; i Boomdabash avrebbero copiato «Despacito» e l’inizio del brano dei Negrita è quello de «L’estate sta finendo» dei Righeira. Le uniche cose originali sembrano insomma essere le canzoni dell’ospite Venditti, che però, a ben guardare, copia se stesso da 40 anni.