Alimentazione

Il paradosso della carne

Fra creazioni di laboratorio, aumento del numero dei vegetariani, scarsità di acqua e attenzione all’ambiente c’è qualche conto che non torna
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Stefano Olivari
08.07.2023 20:00

Nel 2023 sarà stabilito il record di produzione di carne di tutti i tempi, secondo l’ONU. Ma fra carne sintetica, aumento del numero dei vegetariani, scarsità di acqua e attenzione all’ambiente c’è qualche conto che non torna. Certo è che fra i Paesi una volta definiti occidentali e gli altri, non soltanto quelli poveri, anche su questo tema ci sono divisioni culturali fortissime.

Sempre più carne

Secondo il rapporto della FAO, l’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di alimentazione e agricoltura, nel 2023 la spesa alimentare globale salirà a 1,98 trilioni di dollari, più 1,5% rispetto al 2022. Non è molto, paragonato al più 11% del 2022 rispetto all’anno precedente e al più 18% del 2021, anzi è di fatto una contrazione dei consumi. Ma nello stesso 2023 la spesa in tutto il mondo per mangiare carne aumenterà del 7% rispetto al 2022, raggiungendo il record di 1.294 bilioni: ogni essere umano, ricordando che a fare media sono anche quelli denutriti, avrà a fine anno consumato 20,43 chili di carne. Ma le culture ed il potenziale di spesa sono molto diversi: si va, anzi si andrà perché le proiezioni sono state fatte su tutto il 2023, dai 137,08 chili di carne a persona di un abitante di Hong Kong ai 3,78 di un indiano, passando per tante situazioni che non hanno una vera spiegazione: perché uno statunitense mangia 124,11 chili di carne all’anno ed uno svizzero 67,54? In Svizzera si consuma meno carne che nel resto d’Europa, dove la situazione è abbastanza omogenea, dai 100 chili pro capite della Spagna ai 79,9 del Regno Unito passando per 87 della Germania, gli 83 della Francia e gli 80 per l’Italia.

I vegetariani

Nella realtà quotidiana europea sembra che i vegetariani siano in aumento e comunque quasi tutti mangiano meno carne rispetto anche soltanto ad una decina di anni fa, per i motivi più diversi: salute, ambiente, etica, animalismo. In quasi ogni Paese nel 2022 i vegetariani (comprendendo anche i vegani e altre varianti) sono aumentati rispetto al 2019 pre-Covid, negli Stati Uniti sono addirittura quasi raddoppiati. Sì, ma quanti sono i vegetariani? Nel mondo sono quasi due miliardi, il 25% della popolazione, ma ovviamente ogni Paese fa storia a sé. In India è vegetariano (in senso ampio, quindi andando oltre i vegani) il 42% della popolazione, record mondiale, in Messico il 19%, in Brasile e a Taiwan il 13%. Al quinto posto nel pianeta, fra i Paesi con statistiche credibili, la Svizzera con il 13%. Sopra il 10% ci sono poi soltanto Israele, Nuova Zelanda, Germania e Svezia. La scelta vegetariana non dipende soltanto dalla nazionalità, ma anche dalla generazione: i Millennials (cioè i nati dal 1981 al 1996) hanno il 30% di probabilità di essere vegetariani rispetto alle classi di età più anziane: il 22% di loro ha adottato una dieta vegetariana, percentuale che scende al 13% per la Generazione X (nati dal 1965 al 1980) ed all’11% per i Boomers (nati dal 1946 al 1964). Le proiezioni fatte sulle classi di età dicono che nel 2040 meno del 40% della popolazione mondiale mangerà carne. Il punto è quindi già adesso chi mangia carne ne mangia in proporzione molta di più di una volta.

Il caso della Cina

La realtà dice che a trainare il consumo e quindi la produzione di carne sono pochi Paesi ed il primo di questi è la Cina. Dal 1990, cioè più o meno dall’inizio dell’era capitalistica (sia pure con l’asterisco del partito unico), ad oggi il consumo di carne in Cina è passato da quasi zero a circa 60 chili a persona all’anno, quasi come la Svizzera ma con una tendenza al rialzo clamorosa e soprattutto numeri assoluti da paura: secondo un rapporto della McKinsey, in Cina si consumano molto più 100 milioni di tonnellate di carne all’anno, il 27% dell’intero consumo mondiale, che visto quanto sta accadendo in Europa e la relativa stabilità degli Stati Uniti porterà fra pochissimo il Paese di Xi Jinping oltre il 30%, con ‘soltanto’ 17,5% della popolazione mondiale. Più nel dettaglio, il 60% della carne consumata in Cina è carne di maiale, e basta sfogliare un libro di ricette cinesi per capire il perché. Difficile che si assista ad una inversione di tendenza nel breve periodo, da tanto che la carne è considerata sinonimo di benessere, un po’ come nell’Europa del Dopoguerra.

I prezzi

La carne che si mangia oggi è più cara di quella di ieri? Una risposta generale è difficile, da tanti sono i tipi di carne e i mercati, ma un indicatore ufficiale (proprio della FAO) come il Meat Price Index dice che a giugno 2023 si era a 117,9 punti, contro i 58 punti di 20 anni fa, senza stare a sottilizzare. In altre parole, il prezzo della carne negli ultimi due decenni è raddoppiato in termini nominali, ma è stato di pochissimo sopra l’inflazione. Un andamento simile a quello del grano, per fare un paragone scontato. Insomma, nonostante l’aumento dei costi e soprattutto quello della domanda, la carne in realtà non costa più di quella della seconda metà del Novecento: si può quindi dire, citando il grande chef vegetariano (il primo in Europa ad avere la stella Michelin) Pietro Leeman, che la carne oggi costi troppo poco. Merito, anzi colpa visti i metodi e la crudeltà contro gli animali, degli allevamenti intensivi e di un doping che fa risparmiare nel breve periodo ma perdere la salute nel lungo. E quindi? L’era della carne finirà, ma non oggi.