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Il Salone e il Fuorisalone fra Paolo Sorrentino, Margherita Palli e «svizzeritudine»

Un fitto programma di mostre e appuntamenti hanno visto protagonisti architetti, artisti e designer svizzeri a Milano
Paolo Sorrentino, «La dolce attesa». © Saverio Lombardi Vallauri
Stefania Briccola
12.04.2025 21:30

Un fitto programma di mostre e appuntamenti, con protagonisti architetti e designer svizzeri, ha caratterizzato il Fuorisalone 2025 di Milano. Un’ondata di novità che ha invaso ogni angolo del capoluogo lombardo e fatto da controcanto al Salone internazionale del Mobile nei padiglioni della Fiera a Rho. Una ventata di primavera che ha invitato tutti a camminare tra le vie della città della Madonnina per scoprire la meraviglia che nasce quando la forza del progetto incontra la magia del saper fare.

Il tema del Fuorisalone, quest’anno, era Mondi Connessi-Interactivity and Immersion: Designing for a Connected World. Un tema che non riguardava solo la dimensione reale e virtuale nell’era dell’intelligenza artificiale, ma anche il collegamento tra natura e cultura e fra tradizione e futuro. In occasione della Milano Design Week 2025, in corso fino al 13 aprile, alla Fondazione Luciana Matalon nella mostra Lightness of Being è stato possibile ammirare i nuovi tavoli Saturno e lo sgabello Zeta firmati da Mario Botta per Alias, che il New York Times ha raccontato qualche giorno fa. Con la verve di un ragazzo l’architetto ticinese non smette di stupire conservando il rigore e la fedeltà alle linee geometriche e alle forme scultoree che abitano il suo immaginario. Lo sgabello Zeta, in pannelli di fibre di legno finissime, riporta al contesto rurale della sua infanzia nel Mendrisiotto e rende omaggio all’essenzialità del maestro olandese Gerrit Rietveld. Il contrasto tra luce e ombra, tipico dell’estetica di Botta, è reso dal gioco sapiente di colori monocromatici declinati tra la seduta, la base e l’elemento diagonale. Un oggetto di design che rievoca un segno grafico, semplice e incisivo, e prende il nome dell’ultima lettera dell’alfabeto. La collezione di tavoli Saturno invece si ispira al pianeta, caratterizzato dal tipico anello che lo circonda, e si compone nell’equilibrio tra il piano e la base. I diversi materiali (MDF, vetro, marmo), di volta in volta, regalano nuove suggestioni in un gioco di vuoti e pieni nel rispetto dei concetti di leggerezza e stabilità.

Nella stessa mostra, che mischia le opere d’arte di Luciana Matalon al design dei maestri, c’è anche il pluripremiato Riccardo Blumer, Compasso d’oro nel 1998, che ha declinato negli anni il tema a lui caro delle sedute. L’ultima nata per Alias si chiama Lanuda e rappresenta la sintesi estrema di tecnica, industria e bellezza. La sedia è stata realizzata con fogli d’alluminio, in una logica reticolare, secondo un principio di sottrazione essenziale. Qualcosa che riecheggia la più famosa Laleggera in legno disegnata nel 1996 dall’architetto svizzero. Lanuda è nata da 10 fogli di alluminio di 2 millimetri di spessore, tagliati e forati a laser fino al massimo limite possibile, riducendo al minimo la superficie e rendendo la sedia, letteralmente, nuda.

Al Museo Bagatti Valsecchi, nella mostra di Marta Sala Éditions The secret soul of useful things a cura di Federica Sala, c’è invece la nuova collezione disegnata recentemente dagli architetti basilesi Herzog & de Meuron, che si trova nel salone d’onore. S’intitola La magie du Bois e comprende il tavolo della serie Armory, le sedie, una libreria, il tavolo Velazquez, gioiellino d’artigianato dall’altezza regolabile, le poltroncine Meninas, ispirate dal celebre pittore spagnolo, e il pouf Schaun. I pezzi architettonici, in noce canaletto, per la prima volta affrontano il legno nella storia del brand milanese, un materiale vivo, che offre ancora molte possibilità di sperimentazione.

Ma per comprendere la varietà del design svizzero e di come la collaborazione sia stata fondamentale anche nello sviluppo del Paese, la tappa d’obbligo era il quartiere di Brera, a Milano, con l’esposizione The House of Switzerland presentata da Pro Helvetia e Presenza Svizzera alla Casa degli Artisti. La scena creativa elvetica si nutre di scambi e diversità facendo tesoro di identità culturali e minoranze linguistiche, dell’eredità del passato e delle tecniche del presente. La collettiva al Fuorisalone, giunta quest’anno alla terza edizione, ha riunito nuovi talenti, designer indipendenti, studi prestigiosi, Università, marchi, e istituzioni. I progetti in mostra, sul tema della collaborazione, sono stati selezionati, attraverso un bando, da una giuria di esperti composta da Johanna Agerman Ross, curatrice responsabile del Design Museum di Londra, Maddalena Casadei, designer e art director, Max Fraser, direttore editoriale della rivista Dezeen, Marie Hesseldahl, design director di +Halle, e Janni Vepsalainen, direttrice creativa di Iittala. L’allestimento scenografico immersivo di Gini Moynier, coppia di designer elvetici, e dello studio grafico Spectrodrama ha pervaso la Casa degli Artisti che, nei suoi tre piani, ha offerto un’ampia vetrina all’ingegno svizzero. Un elogio all’inclusione viene dall’installazione Rings of collaboration della Fondazione svizzera per paraplegici che ha ricordato l’importanza dell’interazione fra medicina, formazione, ricerca e tecnologia. Tra i protagonisti di Emerging Talents, esposizione che ha riunito giovani designer visionari di vari ambiti sottolineandone la collaborazione e la condivisione, c’era Lena Bernasconi, con i suoi vestiti da lavoro per donne (progetto WWW, Women Work Wear), che si è interrogata sul sessismo degli oggetti. Il brillante progetto Herding Wool delle svizzere Alix Arto ed Emma Casella con la cinese Yihan Zhang ha indagato il potenziale culturale della feltratura della lana come anello di congiunzione fra tradizione e innovazione, dimensione locale e internazionale. L’area Design della SUPSI con la sua installazione ha segnato altresì il lancio di Semester, rivista cartacea e piattaforma digitale. Gli studenti del terzo anno del Bachelor of Arts in Comunicazione visiva, sotto la guida di Giuliano Gavin, hanno riflettuto su quali siano oggi gli strumenti di design per imparare, insegnare e lavorare. Poi tra realtà e fiction hanno creato dei tool (oggetti) digitali, fisici e concettuali. Fra questi spiccano una tipografia che fluttua in cielo, una mano robotica che scatta foto con ogni dito e una sorta di vestito, composto da iPad, che mostra su ogni schermo estratti di danza in omaggio al Bauhaus. Nella rivista Semester, nata all’interno del corso di Magazine Art Direction and Creative Coding, si leggono anche sei storie-interviste emblematiche della comunità del design che spaziano da nomi di fama internazionale, come Ben Ganz, a giovani talenti laureati alla SUPSI. Alla Casa degli Artisti anche gli oggetti ispirati all’Art Déco, progettati e realizzati a mano da 23 coppie internazionali di talenti emergenti e maestri artigiani, che hanno partecipato al programma di formazione della Michelangelo Foundation for Creativity and Craftsmanship nell’ambito del programma Homo Faber Fellowship. 

Nella sede dell’Istituto Svizzero a Milano, per contro, va citata The House of Dorothy di Vincent Grange, un'installazione ambientale declinata fra design dello spazio e storia queer. Il titolo prende spunto dall’espressione friends of Dorothy, uno dei tanti nomi in codice utilizzati in passato dalla comunità LGBTQIA+ per riconoscersi senza farsi notare. A proposito di collaborazione, per rimanere sul tema, vale la pena ricordare che al Salone, nei padiglioni della Fiera, a Rho, il regista premio Oscar Paolo Sorrentino ha chiamato la geniale scenografa ticinese Margherita Palli per la sua installazione La dolce attesa. È ambientata in un reparto ospedaliero più simile a un ventre materno che a una sala d’aspetto. Spazi che accolgono e rendono il calore umano in momenti cruciali della vita che ricordano quanto siamo fragili, ma anche unici e irripetibili.