L'anniversario

Il segreto di «Flashdance»

Il film con protagonista Jennifer Beals compie 40 anni attraversando le generazioni, senza bisogno dell’effetto nostalgia – Un personaggio iconico come pochi, una favola eterna
Stefano Olivari
15.04.2023 12:15

Flashdance compie 40 anni e li porta benissimo. Cosa che non si può dire di tanti altri film di culto, il cui successo nel tempo è dato soprattutto dalla nostalgia di spettatori invecchiati male. L’opera di Adrian Lyne, con protagonista una diciannovenne Jennifer Beals, è infatti molto di più della rappresentazione degli anni Ottanta: è l’eterno sogno del dilettante di diventare professionista, dell’outsider di far parte del sistema, della donna di tenere insieme carriera e amore.

Senza pretese

Quando il 15 aprile 1983 Flashdance uscì nei cinema i produttori (Don Simpson e Jerry Bruckheimer, gli stessi di Top Gun e tanti altri successi) si aspettavano un discreto incasso da commedia romantica, quel tipo di film «medio» che oggi va direttamente sulle piattaforme. Fra l’altro i protagonisti non erano certo dei divi: il quasi quarantenne Michael Nouri un attore televisivo come mille altri, la Beals in pratica una esordiente. Il film era considerato così normale che ci furono difficoltà nel trovare il regista: Brian De Palma disse no perché preferiva occuparsi di Scarface, David Cronenberg non trovò interessante la sceneggiatura, altri si defilarono considerandola una proposta come tante altre. Così la Paramount ripiegò su Lyne, che all’epoca faceva soprattutto spot pubblicitari.

Demi Moore finalista

Curiosa anche la scelta della protagonista: la versione ufficiale narra che Michael Eisner, boss della Paramount (e poi della Disney per un ventennio), dopo il casting avesse una rosa di una decina di finaliste, fra cui anche una sconosciuta Demi Moore, e che avesse chiesto alle impiegate dell’azienda quale di queste ragazze facesse scattare l’identificazione. Quella ufficiosa, peraltro non in contraddizione con la prima, è stata raccontata dallo sceneggiatore Joe Eszterhas, secondo il quale Eisner avrebbe effettuato il sondaggio presso gli impiegati maschi, chiedendo con quale delle candidate avrebbero voluto fare sesso. Più tradizionale la scelta di Nick Hurley, anche se la leggenda narra che fra i candidati ci fosse mezza Hollywood più Gene Simmons, il leader dei Kiss: in finale con Nouri arrivò comunque Kevin Costner. Ecco, non esiste la controprova ma anche con Costner e la Moore un film come Flashdance avrebbe mantenuto un suo perché.

La diva è Alex

Nonostante le premesse il fenomeno Flashdance esplose di puro passaparola, come sempre accade quando si intercetta lo spirito del tempo: nell’America reaganiana inseguire il successo era tornato ad essere un valore e questa saldatrice di Pittsburgh, Alex Owens, ballerina nei night club con il sogno della danza classica, entrò subito nel cuore di tutti. Il risultato fu il terzo incasso del 1983 negli Stati Uniti, 200 milioni di dollari nel mondo, boom per la colonna sonora e per la moda ispirata dalla Beals, su tutto l’iconica felpa con il collo allargato che fra l’altro fu una sua idea. In quell’epoca pre-web molti pensavano che la protagonista sapesse fare un po’ di tutto, ma in realtà non cantava (la canzone simbolo ha la voce di Irene Cara) e soprattutto non ballava: nella maggior parte delle scene di danza aveva più controfigure, dalla francese Marine Jahan nei night e negli allenamenti al breakdancer Crazy Legs nella leggendaria scena dell’audizione per essere ammessa alla scuola di danza. Ma anche quando la verità è venuta fuori (gli astuti produttori avevano tolto le controfigure dai credit «per conservare la magia», parole loro) Flashdance rimane il film di Jennifer Beals. Che dopo Flashdance tornò a Yale per laurearsi in letteratura, riprendendo in seguito una carriera che è stata lunghissima, con tanto lavoro per cinema e televisione. Ma per sempre rimarrà Alex, il resto non è memorabile.

Moroder

Se Flashdance fa parte del presente di persone che nel 1983 nemmeno erano nate il merito è anche della colonna sonora e della mano di Giorgio Moroder: sua è infatti Flashdance… What a feeling, cantata da Irene Cara e vincitrice dell’Oscar. La seconda canzone in ordine di fama eterna è Maniac, di Michael Sembello, usata nella scena in cui la Beals si allena nel capannone in cui vive con il cane. Terza la Gloria nella versione di Laura Branigan, negli Stati Uniti più conosciuta rispetto all’originale di Umberto Tozzi. E poi Manhunt, He’s a dream, Lady, Lady Lady (anche questa di Moroder)… Nemmeno i discografici erano preparati al successo di questa colonna sonora, visto che il film aveva avuto pessime critiche, ma si ritrovarono in mano un disco da 10 milioni di copie vendute in pochi mesi, che nel tempo sono diventati 25. Merito anche di MTV, che al posto dei videoclip (che non erano previsti) trasmise direttamente le scene del film: un’idea che sarebbe stata copiata da tanti.

Sequel

Perché Flashdance non ha avuto un seguito? Lyne ha continuato a fare film di successo, da Nove settimane e mezzo a Proposta indecente, ma la stessa cosa non si può dire degli attori ed in particolare della Beals, che ha spiegato che per lei i soldi non sono importanti (e gliene sono stati offerti tanti) e che quindi per lei Flashdance 2 non ci sarebbe mai stato. Ovviamente la Paramount l’ha sempre pensata diversamente, ma sarebbe stato come fare Grease 2 senza John Travolta ed Olivia Newton-John (esempio non casuale, visto che purtroppo un Grease 2 esiste), quindi non è stato fatto. Si è ripiegato sul piano B, cioè la serie televisiva-reboot, che quando sarà finita (forse entro la fine del 2023) sarà trasmessa da Paramount+.

Senza Jennifer Beals, che ha più volte spiegato di non essere Alex per la semplice ragione che la vera Alex esiste: si chiama Maureen Marder, saldatrice di Toronto che nei primi anni Ottanta lavorava in uno strip club e provava ad entrare in una scuola di danza classica. Una storia che si guadagnò qualche articolo di giornale e che ispirò gli sceneggiatori, con la Paramount che acquistò per 2.300 dollari i diritti sull’uso della sua immagine. Alla Alex originale le cose non sono andate benissimo, ma la favola rimane.