Fotografia

Il sogno realizzato di studiare il mondo dall’alto

A Berna la Biblioteca nazionale dedica una mostra alla storia delle vedute aeree
Il dirigibile Zeppelin, ripreso da un aereo militare, sorvola Berna nel 1930.
Matteo Airaghi
Matteo Airaghi
21.03.2019 06:00

Curiosa, ricca di spunti, intelligentemente interattiva: a dispetto delle ridotte dimensioni, la mostra inaugurata da un paio di settimane nella sala all’ingresso della Biblioteca nazionale svizzera di Berna si rivela un prezioso viaggio nella storia della geografia e più in particolare nella parabola dell’antico sogno di osservare il territorio «dall’alto» come appunto recita il titolo dell’esposizione. Dalla leggendaria e pionieristica figura dello svizzero Eduard Spelterini con le sue mongolfiere all’uso domestico dei droni, si ripercorre quasi rapiti tra un romanzo di Verne e un film di fantascienza tutta l’evoluzione della fotografia aerea nel nostro Paese invitando i visitatori a un cambio di prospettiva attraverso riprese storiche, viaggi in mongolfiera in realtà virtuale e fotografie scattate con i droni. La mostra si serve delle foto di Spelterini provenienti dal Gabinetto delle stampe della Biblioteca nazionale svizzera come punto di partenza, proseguendo poi con le fotografie scattate da aerei, satelliti e infine droni. Due secoli fa le fotografie dall’alto erano un’esclusiva dei veri pionieri, mentre oggi grazie ai droni sono diventate accessibili a tutti. Come si comporta la società ora che questo sapere per millenni sognato, e poi conquistato a prezzo di pericoli immensi e complicate conquiste tecnologiche è diventato accessibile a tutti? Il primo volo con equipaggio della storia avviene nel 1783 con il pallone aerostatico dei fratelli Montgolfier, mentre la prima ripresa aerea si deve al fotografo parigino Nadar, nel 1859. Soltanto 34 anni dopo Spelterini realizza le prime vedute aeree della Svizzera. La procedura rimane tecnicamente molto impegnativa: le variazioni di altitudine e umidità provocano sfocature, le basse temperature congelano gli elementi meccanici rendendo il funzionamento delle scatole fotografiche un’operazione delicata e gli atterraggi approssimativi rischiano di rompere i negativi su lastra di vetro. Dal Novecento anche l’Esercito svizzero possiede una compagnia di mongolfiere e sperimenta un pallone frenato diventato famoso come «Bundeswurst». Attorno al Novecento si registra un’elevata richiesta di riprese aeree da parte dell’esercito. Oltre ad aquiloni, missili e mongolfiere, come strumenti di volo vengono reclutati anche, ed è una storia molto romantica, i piccioni. Nel 1903 il farmacista tedesco Julius Neubronner costruisce una macchina fotografica in miniatura che appende al collo dei suoi piccioni viaggiatori. Usando l’autoscatto ritardato ottiene riprese sensazionali. Si tratta però di un metodo inaffidabile e quindi quando l’imprenditore e inventore argoviese Adrian Michel riprende l’idea e la rinnova, è ormai troppo tardi. Nonostante negli anni Trenta l’imprenditore riesca infatti a scattare foto promettenti con i suoi piccioni, questo metodo non riesce ad affermarsi. Per l’unico potenziale grande cliente, l’Esercito svizzero, non è un sistema abbastanza gestibile. Dopo la Seconda guerra mondiale le riprese aeree diventano parte della quotidianità, in Svizzera vengono effettuate praticamente in ogni villaggio e tra l’altro distribuite sotto forma di cartoline dalla casa editrice Photoglob (vi ricordate quando negli anni Settanta andava di moda in ogni casa avere una veduta aerea del luogo in cui si abitava?). A scopo di misurazione, la Topografia nazionale svizzera sorvola e fotografa regolarmente l’intero Paese, mentre l’istantanea dalla cabina dell’aereo diventa una costante negli album delle vacanze. Poi vengono i satelliti, Google Maps e oggi i droni, geniale invenzione che suscita però infinite discussioni e polemiche. Perché da sempre, ci insegna la mostra bernese, lo sguardo dall’alto significa conoscenza e dunque potere.

Il personaggio

La mostra bernese prende le mosse e approfondisce soprattutto la figura semiromanzesca di Eduard Spelterini, personaggio a metà strada tra il mago Houdini, Phineas Taylor Barnum e il capitano Nemo. Avventuriero, guascone, dal passato misterioso, sbruffone e millantatore poliglotta ma di certo fotografo di immenso talento e coraggio Eduard Schweizer, Spelterini era il suo nome d’arte, era nato in Toggenburgo nel 1852. A 8 anni lo troviamo al seguito del padre in provincia di Como. A 18 anni si trasferì prima a Milano e poi a Parigi per poter studiare l’opera. Sembra che abbia adottato il suo cognome «Spelterini» in questo periodo. Abbandonò gli studi di musica a causa di una grave polmonite ma nel 1877 ottiene la licenza come pilota di palloni aerostatici dall’Académie d’Aérostation météorologique de France di Parigi. Pochi anni dopo inizia a trasportare passeggeri e nel 1887 acquista un pallone di sua proprietà, l’Urania. Tra il 1870 e il 1926 effettuò circa 570 voli in mongolfiera in Europa, Egitto e Sudafrica. Fu il primo pilota ad aver sorvolato le Alpi (1898), le attraversò in totale dieci volte tra il 1898 e il 1913. Scienziato, mette a punto una tecnica rivoluzionaria che permette con i mezzi dell’epoca fotografie aeree di una nitidezza unica al mondo, e uomo di spettacolo, centinaia di conferenze e spettacoli «aerostatici» lo rendono ricco e internazionalmente celeberrimo vede la sua carriera stroncata dallo scoppio della I guerra mondiale che segna la fine dell’epopea delle mongolfiere e dei palloni frenati e l’avvento degli aeroplani. Muore nel 1931 povero e dimenticato da tutti in un remoto villaggio austriaco dove alleva galline con la moglie come racconta in un’intervista il suo biografo Alex Capus.