Johnny Depp fa il cattivo e Maresco racconta un’assurda Palermo

Ultimi fuochi d’artificio alla 76. Mostra di Venezia che, malgrado il vento e la pioggia che spazzano il Lido, non perde quell’effervescenza che ha caratterizzato tutta questa edizione con il susseguirsi di personaggi, feste, eventi collaterali e incontri cinematografici di ogni tipo. E così, con gli ombrelli aperti, è stato accolto calorosamente la star Johnny Depp, protagonista di Waiting for the Barbarians (in concorso) del regista colombiano Ciro Guerra, assieme a Mark Rylance e Robert Pattison. Depp, per la prima volta nei panni un vero «cattivo», è il colonnello Joll della polizia di un non meglio precisato impero, incaricato di ispezionare una cittadella di frontiera e di scovare complotti e prevenire assalti da parte delle popolazioni locali, ossia i «barbari», spesso in lotta tra loro. La sua filosofia è che nessuno direbbe mai la verità se non forzato a farlo e quindi la tortura è essenziale. E poco importa se fa inorridire il magistrato (Mark Rylance) che da anni governa pacificamente quel lembo di terra, o se persino il proprio braccio destro Mandel (Pattison) ha delle riserve in proposito. Tratto dal romanzo omonimo del 1980 dello scrittore premio Nobel J.M.Coetzee, il regista vede in questa crudele storia di colonialismo l’allegoria di un luogo e un tempo passati ma anche profondamente attuali, perché sempre e ovunque si può costruire un discorso di odio e di sospetto verso persone percepite come «diverse». Girato in Marocco, molto curato a livello di sceneggiatura (dello stesso Coetzee) e di interpretazione, con Johnny Depp che fa una interessante caratterizzazione di una contorta mentalità poliziesca, il film non riesce ad uscire da una certa teatralità che a nostro parere gli toglie afflato e finisce col limitarlo.
Di ben altro tenore l’italiano La mafia non è più quella di una volta che il regista Franco Maresco ha girato a Palermo, la sua città, e che, secondo alcuni è una sorta di seguito ideale di Belluscone. Una storia siciliana presentato sempre al Festival di Venezia nel 2014 dove vinse il Premio Speciale della Giuria nella sezione Orizzonti. Il film di Maresco, ultima opera in concorso, prende spunto dalle manifestazioni in ricordo di Falcone e Borsellino per puntare l’obiettivo della macchina da presa su Palermo e i palermitani e sui loro sentimenti, mettendoli a confronto con argomenti mai esauriti, come la mafia, l’antimafia, il processo sulla trattativa Stato-mafia e i morti ammazzati. Un film che mescola materiali diversi: immagini di repertorio, animazione, sequenze televisive, interviste, per fare emergere una realtà assurda, vissuta con cinismo e con rabbia dalla maggior parte dei palermitani, mentre vanno in scena le manifestazioni in ricordo dei due giudici eroi, che sembrano momenti estemporanei percepiti come slegati dalla realtà. Accompagnano Maresco in questo viaggio due personaggi che stanno su fronti opposti: la fotografa Letizia Battaglia che ha spesso ritratto la società palermitana e le sue contraddizioni e fotografato gli omicidi di mafia; e l’impresario di cantanti neo-melodici Ciccio Mira che si autodefinisce «organizzatore di concerti legali e illegali».
La mafia non è più quella di una volta è un film inquietante e grottesco che è stato applaudito, ma che non ha conquistato veramente il pubblico perché in alcuni punti risulta oscuro, ripetitivo, poco “leggibile” a un non siciliano. Maresco che non ha voluto essere al Lido, ha detto in una dichiarazione: «In un territorio dove la differenza tra bene e male si è azzerata, resta solo uno spettacolo tragico».