La Cortina dei Vanzina
L’avremo visto almeno quaranta volte. Perché, nel suo piccolo, è un capolavoro. Quantomeno, dipinge l’Italia di allora alla perfezione. D’altronde, ai fratelli Vanzina abbiamo sempre riconosciuto una capacità. Assoluta. Quella di cogliere lo spirito del tempo. Vacanze di Natale, l’originale del 1983, torna alla mente in tutto il suo splendore oggi, adesso. Perché, bis, a Cortina d’Ampezzo sono iniziati (si fa per dire, visto che la prima gara è stata rinviata) i Mondiali di sci. E la Regina delle Dolomiti, guarda un po’, faceva da cornice al film e alle avventure dei suoi protagonisti. Così, abbiamo pensato di rituffarci – sognanti e ovviamente nostalgici – nelle atmosfere di allora. Trovando agganci interessanti. E, va da sé, divertendoci tanto, tantissimo.
«Alboreto is nothing»
Soprattutto, ci piacerebbe tanto riabbracciare lo spirito leggero e ottimistico della pellicola, ma più in generale del decennio che rappresenta. D’altronde, intimamente siamo convinti di una cosa: molto, moltissimo ha fatto questo film in ottica Olimpiadi del 2026. Evento che si snoderà fra Milano e, appunto, Cortina. Non tanto, o non solo, per l’oramai iconica battuta di Guido Nicheli all’arrivo all’Hotel Cristallo. Proprio quella, certo: «Ivana, fai ballare l’occhio sul tic! Via della Spiga-Hotel Cristallo di Cortina: 2 ore, 54 minuti e 27 secondi. Alboreto is nothing». L’aggiunta di Alboreto fu una licenza poetica del Dogui, capace come pochi di recitare con e senza copione. E di interpretare il cliché del milanese ricco e pienissimo di sé. Per la cronaca: secondo Google Maps per andare da Milano a Cortina ci vogliono quasi cinque ore. Non tanto o non solo per Nicheli, dicevamo, ma proprio perché il personaggio di Luca Covelli, il fratello di Christian De Sica nel film, un rampollo della Roma arricchita, fu ispirato da Giovanni Malagò. L’attuale presidente del Comitato olimpico italiano. Covelli, per intenderci, era il figlio di papà che però frequentava la Curva Sud e i borgatari, fra cui un Claudio Amendola arrivato per la prima volta a Cortina assieme ai genitori. E che, intercettato da Mario Brega in un negozio, si sentì dire: «‘A Covello forza Roma». Quello, infine, che si interrogava sulle abitudini di Toninho Cerezo e, soprattutto, sulla sua professionalità. «Secondo te, dove lo festeggia il Capodanno Toninho Cerezo?» divenne un tormentone, al punto che il diretto interessato, anni dopo, raccontò di essere rimasto veramente a casa nel 1983. Un professionista esemplare, già.
«Sole, whisky e sei in pole position»
A Cortina, nella Cortina dei Vanzina, trovava posto anche il macellaio romano (Brega) che rimpiangeva Ovindoli e che, rivolgendosi al figlio, lo paragonò a «Liopardo» (Leopardi). Il cosiddetto parvenu. Come parvenu, a loro modo, erano i Covelli, che si atteggiavano ad aristocratico-borghesi con tanto di servitù al seguito e figlio, De Sica, reduce da un’esperienza lavorativa a New York. C’era il cumenda, Nicheli, quello di «sole, whisky e sei in pole position», oltre all’animatore delle feste e dei piano bar, Jerry Calà, che passava di donna in donna salvo finire per innamorarsi di una, la più bella, Stefania Sandrelli con cui si erano dati appuntamento anni e anni prima. Erano, certo, caratterizzazioni estreme. Di personaggi però veri, reali. Che esistevano ed esistono ancora in un’Italia rivoluzionata dall’ingresso di Berlusconi e delle televisioni private. Di una sottocultura divenuta cultura dominante. Chiamiamolo pure verismo, anche nelle sue sfaccettature più delicate. Come l’omofobia, trattata con il sorriso e grazie ad un De Sica immenso nel dialogo con i genitori: «Papà a te t’ha fregato il benessere. Tu facevi il capomastro. Invece adesso c’hai soldi e ti scandalizzi».
In attesa delle gare, quelle vere, noi Cortina abbiamo provato a riviverla così. Sorridendo. Buona visione.
La scena cult