La fine di «donne e motori»

Donne e motori, le passioni degli uomini di una volta. Un luogo comune fondato, come quasi tutti i luoghi comuni, e infatti quello motoristico è l’unico ambito in cui resiste una certa rappresentazione della donna, pur con qualche correttivo rispetto agli anni Ottanta e Novanta. E a dirla tutta fra i motori il mondo delle moto surclassa quello delle auto, come si è notato anche all’EICMA.
EICMA girls
Per fare un tuffo in un passato non troppo remoto, quando il politicamente corretto riguardava soltanto qualche università statunitense, è bastato visitare la recente EICMA (Esposizione Internazionale Ciclo Motociclo e Accessori), alla Fiera di Milano-Rho: ecco, quasi nessuno stand ha avuto timore di attirare critiche per la scelta di hostess, presentatrici o modelle messe lì per attirare l’attenzione di un pubblico a volte distratto, perché sottoposto a mille stimoli diversi. Le cosiddette EICMA Girls, ben lontane dal sentirsi considerate donne oggetto (e del resto sono lì per lavoro, in certi casi pagate anche tanto), hanno anche una pagina Instagram dedicata, TGOE Official, in cui ci sono circa 3.000 foto di ragazze dell’EICMA, con grandi riscontri di pubblico per quelle scelte da Moto Morini, Suzuki, HJC (Caschi, con Kristina Antipkova a spopolare), Benelli, Ohvale, e chissà quante ne dimentichiamo. Al di là delle foto ufficiali, sul web sono infinite quelle amatoriali dei tanti visitatori: certo anche chi non si fa il selfie con la modella o la hostess non è che disdegni un certo tipo di pose (gambe accavallate, scollature, accarezzamento del sellino, eccetera). E stiamo parlando di una fiera che nel prepandemia attirava 800.000 visitatori e adesso sta tornando verso queste cifre, quindi non proprio un pubblico trascurabile.
Ombrelline
Certo la donna nell’immaginario del motociclista e dell’appassionato di moto in genere è cambiata relativamente poco, come prova anche la storia delle cosiddette ombrelline del Motomondiale, le ragazze che prima della partenza con il pretesto di evitare il sole in faccia ai piloti mettono in mostra ben altro che l’ombrello. Figure amatissime dai piloti e soprattutto dagli spettatori, comunque la si veda parte integrante dello spettacolo senza volgarità o doppi sensi. Nel Motomondiale le ombrelline resistono ancora, sia pure vestite in maniera diversa a seconda della località, mentre nella Superbike (sempre gestita dalla Dorna, come il Motomondiale) sono state abolite da quest’anno per diversi motivi: figure superate, non più al passo con i tempi, che sviliscono l’immagine della donna. Curioso che questi ragionamenti cambino a seconda delle categorie. Nel 2023 al Motomondiale grande successo hanno avuto le ombrelline di Jerez e Misano (alcune sono presenti in tutti i circuiti, altre sono soltanto locali) e in generale i fan non hanno avuto dubbi nell’eleggere la migliore, cioè Giorgia Pianta, che i più attenti avranno notato anche in Avanti un altro!, la trasmissione condotta da Paolo Bonolis su Canale 5.
Formula 1
Dire motori è un po’ generico, perché i produttori di auto sono sempre stati più sensibili a certi argomenti rispetto a quelli di moto. Intanto perché fra chi guida l’auto donne e uomini si equivalgono, mentre il motociclismo ha una chiara prevalenza maschile. E poi le auto muovono interessi, finanziari e politici, nemmeno paragonabili a quelli delle moto: con l’auto non si scherza, con la moto si può ancora farlo. Sarà anche per questo che dal marzo 2018 la Formula 1 ha abolito le ragazze sulla griglia di partenza, per volontà degli americani di Liberty che avevano rilevato il carrozzone da Bernie Ecclestone (che di suo le ombrelline le avrebbe raddoppiate) e che in pieno #MeToo hanno voluto riposizionare la Formula 1: non più spettacolo per maschi europei intorpiditi dopo il pranzo domenicale in famiglia, ma spettacolo per tutti, al confine del videogioco.
Race Queen
Il fenomeno delle ragazze conosciute a livello internazionale come Race Queen è relativamente recente, visto che al di là delle fidanzate e mogli dei piloti le donne in pista cominciarono a vedersi all’inizio degli anni Ottanta, con la 24 Ore di Le Mans del 1983 ricordata da tutti come punto di svolta. Di lì a poco in quasi ogni corsa del mondo si materializzarono sulla griglia di partenza ragazze più o meno svestite, con una considerazione diversa: in Giappone quasi istituzioni, con una loro notorietà, in Europa e in America con un profilo più basso. Come le miss del ciclismo, ma meno vestite. Come le ragazze con i cartelloni dei round della boxe, ma più vestite. Adesso negli Stati Uniti di fatto le Race Queen non esistono più, nemmeno nella NASCAR, e in Europa stanno gradualmente scomparendo anche se ci sono sacche di resistenza.
Starter
Qualunque sia il futuro delle ombrelline, sradicare dalla testa del grande pubblico il legame fra donne e motori è difficile. E in fondo quasi tutte le pubblicità, pur in maniera soft e a prova di editoriale femminista, suggeriscono che la figura del maschio cacciatore colpisca ancora l’immaginazione. Certo sarà impossibile toccare le vette degli anni Ottanta e Novanta, con una generazione di ragazzi cresciuta leggendo il mitologico Starter, nato come settimanale, con copertine ammiccanti in cui una donna famosa veniva associata ad un’auto: da citare quelle con Francesca Dellera, Marina Suma, Debora Caprioglio, Samantha Fox, con Sabrina Salerno a fare da regina visti i numeri a lei dedicati. E nei servizi all’interno, peraltro serissimi (erano quasi tutti prove su strada di auto nuove), lo schema fisso era la foto della macchina con una ragazza in minigonna ad accarezzarla. Altri tempi.