La penna di Gavroche e gli uomini assassinati nell'onore

La Nota
Un uomo è stato assassinato nell’onore. La gente che ha orrore dell’assassinio del corpo, che allibirebbe davanti ad una mano ferita da una sassata, rimane calma ed indifferente, si direbbe compiaciuta, davanti all’assassinio morale di un uomo. Il cuore lo abbiamo in tutte le parti fuorchè al suo posto. Anche questa è una verità. All’uomo colpito che andava alla ricerca di una difesa è stato consigliato di protestare la sua innocenza sul giornale. Peggio che andar di notte.
Con quella specie di carta bibula che è l’opinione pubblica, la macchia d’olio si spande all’infinito. Corra dal procuratore, gli si è detto, quasi la giustizia avesse le braccia di Briareo e potesse raggiungere la calunnia che vola invisibile e impalpabile come il sudicio pulviscolo nell’aria; corre, vola senza incontrare ostacoli, quasi sempre col vento in favore.
Chè, se siamo tirchi di credito quando si tratta di una voce buona, quando ne capita di negoziare una voce cattiva sul conto del prossimo, il nostro credito non ha limiti. Sentiamo dire di uno: «Quello è un galantuomo»; oppure: «Quello è una bella intelligenza». Accettiamo il giudizio benevolo ma nello stesso tempo ci affrettiamo a rizzare la barricata delle riserve: «Sì, è un galantuomo… Però…». «È una bella intelligenza, però…», e a furia di «però» arriviamo solitamente a queste conclusioni: «È un galantuomo, però è un fior di canaglia», «È una bella intelligenza, però è un perfetto idiota».
Ma se ci si butta fra i piedi una voce maligna, un pettegolezzo cattivo, una calunnia, ci affrettiamo a spalancare le porte della nostra fede, a dare con generosità nababbica tutto il nostro credito. Macchè riserve, macchè indagini per accertare la fondatezza della voce; si direbbe che l’assassinio morale del nostro prossimo sia per noi un invito a nozze e, se appena appena lo possiamo, ci facciamo una festa di poter tirare anche noi la nostra sassata.
E dire che quando ci mettiamo davanti allo specchio della coscienza con tanta bruttura sul viso, colle stigmate dell’assassinio morale sulla fronte, non proviamo ribrezzo, nausea di noi stessi! Questo è il grave!
Gavroche
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