Cent'anni fa

La penna di Gavroche e l'arte di tirarsi pugni su di un ring

Le notizie del 28 settembre 1924
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Nicola Bottani
Nicola Bottani
28.09.2024 06:00

La Nota
Società delle Nazioni; questione del disarmo; progetto per l’abolizione della guerra; match Spalla-Van der Veer. E possiamo stare sicuri che per dieci persone che si interessano dei grandi problemi mondiali, delle immani questioni politico-sociali che si stanno trattando a Ginevra, ce ne saranno almeno diecimila che si interessano unicamente del match Spalla-Van der Veer. I due re del pugno sono stati ricevuti dalle folle come sovrani. Ci sono artisti che crepano di fame, scrittori che fanno della miseria, scienziati che saltano i pasti; su tutto questo proletariato intellettuale si eleva trionfale e imponente la aristocrazia del pugno.

E va bene. Vuol dire che il pugno, come fattore sociale, ha acquistato una certa importanza, anzi una supremazia su tutto il resto. Non è però una novità. Già nei tempi antichi pare esistesse nella Biblioteca di Atene, fra un volume e l’altro, un nodoso bastone col titolo: «Unica ratio contra Pirrones». Quel randello stava evidentemente al posto di un sillogismo.

Il buon Formiggini dice che il randello (lui lo chiama modernamente manganello) se può essere un argomento «persuasivo», non può mai essere un argomento «convincente»; pare, ad ogni modo, che questo surrogato del ragionamento sia venuto molto in voga, tanto che oggi esiste un’arte del pugno e di questa arte esistono i divi; Spalla, per esempio, se non le busca domenica prossima, sarebbe il Caruso del pugno, Van de Veer potrebbe diventare il Tamagno.

I competenti dico che i pugni che si distribuiscono in una gara di boxe hanno un non so che di estetico; qualche cosa, insomma, come un quadro di Raffaello o una melodia di Bellini. Benissimo! Questo prova che il pugno serve a tutto, a fare dello sport, a ragionare e a esprimere l’essenza del bello. La famiglia delle Belle Arti è dunque aumentata: scoltura, pittura, musica e pugilato. Salute e pugni sodi.

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