Saggi

La storia infinita dell’alchimia tra mistero e realtà

Un accurato volume ripercorre i fasti, i personaggi e le millanterie del sistema filosofico esoterico che ha segnato nel profondo l’immaginario collettivo occidentale
Carl Spitzweg, L’alchimista, ( 1860 circa).
Carlo Carena
01.02.2020 06:00

Gli alchimisti sono una sottile corrente che fin dall’antichità fluisce entro il grande fiume della storia e della scienza. Misteriosa, arcana, miracolosa, deve la sua fortuna e la persistenza dei suoi seguaci alle sue straordinarie promesse e al suo ottimismo: essa sa trasformare e rigenerare la natura e la vita umana rendendola perfetta, eternamente giovane e addirittura immortale. Sa e deve restituire al corpo umano l’integrità che possedeva prima del peccato originale, ossia in salute inalterabile, in equilibrio psico-fisico e in longevità.

Strumento fondamentale di tutto ciò è l’oro, variamente trasformato mediante l’alchimia. Ma anche altri liquidi opportunamente manipolati, soprattutto il vino rosso o nero trasformato mediante la distillazione in autentica aqua vitae. Essa, ci garantisce un autore medievale, guarirà tutte le malattie provocate e consistenti nel freddo, mal di testa, e così pure eviterà la canizie, la scabbia, la perdita di memoria, l’ostruzione della narici, apoplessia, paralisi, gotta, sterilità femminile, intossicazioni, calcoli, crampi; e anche dopo morti preserva i corpi dalla putrefazione.

Tali strabilianti promesse e tante altre ancora non mancarono di suscitare lo scetticismo e l’ilarità già dei contemporanei. Poeti, filosofi, novellieri derisero e fecero la caricatura dell’alchimista come di un falsario di metalli e uno scimmiottatore della natura. Uno di costoro si trova dannato in fondo all’Inferno dantesco. Tutto ciò e molto altro ancora s’incontra in una storia dell’alchimia occidentale dall’antichità al Novecento, Arcana sapienza di Michela Pereira, storica della scienza e della filosofia medievale. Vi si incontrano prodigi e orrori, nomi di illustri filosofi e scienziati quali Ruggero Bacone e Avicenna (gli arabi furono grandi seguaci e maestri d’alchimia); l’interesse accanito per queste cose ancora nel secolo scorso da parte di Carl Gustav Jung.

L’intuito di Paracelso

Tra tutti emerge in particolare la figura dello svizzero Paracelso, nativo di Einsiedeln (1493), discepolo di un maestro delle scienze occulte quale l’abate Tritheim, medico poi medico a Strasburgo e professore all’Università di Basilea. L’autrice lo presenta come un originale trasformatore della medicina e della farmacologia, che mostrò come si possano e debbano eliminare le sostanze tossiche dei minerali mediante tecniche alchemiche, ed apprezzò come medicinali le erbe. Quanto all’arte medica, una sua moderna intuizione è quella del rapporto fra i fenomeni meteorologici e gli squilibri delle parti costitutive del corpo umano. Fra tutti gli strumenti alchemici con cui si realizzano questi ideali celeberrima è la pietra filosofale, una sostanza che arresta la corruzione progressiva della materia, la risana, e così la rende immortale: insomma, un elisir di lunga vita; e anche uno strumento per arricchire, poiché capace di tramutare i metalli più vili in oro. La possibilità di questa operazione è garantita non solo da Paracelso stesso, ma anche da un filosofo quale sant’Alberto Magno, maestro di san Tommaso d’Aquino, che descrisse il procedimento con cui ottenne oro dallo zolfo mediante bollitura e distillazione. Tutte cose lontane, buffe e perdute? Uno dei successi letterari mondiali di questi ultimi tempi è un romanzo che ha come protagonista un alchimista e da lui prende anche il titolo: L’alchimista del brasiliano Paulo Coelho, uscito nell’88 e da allora tradotto e diffuso in decine di lingue: si parla di cento milioni di copie vendute, e vi si racconta di un viaggio del giovane pastore Santiago dall’Andalusia alle piramidi d’Egitto, dove è nascosto un tesoro. Guidato, nel viaggio molto travagliato, da un alchimista inglese, trova anche una ragazza araba di cui innamorarsi; e giunto felicemente alla meta, ritorna anche felicemente a lei.

La pietra filosofale

Né meno vasto il successo fra le storie di Harry Potter della prima della serie, uscita nel ’97, col titolo Harry Potter e la pietra filosofale, e anche qui un successo clamoroso, con traduzioni persino in greco antico e in latino e trasposizione cinematografica nel 2001. Qui la pietra filosofale appare in unico esemplare esistente al mondo, posseduto da un alchimista, Nicolas Flamet, che vive tranquillamente nella campagna inglese all’età di 665 anni in compagnia della moglie 658enne. Se ciò può sembrare frivolo, il lettore trova indicati nell’ultimo capitolo di questo volume molti residuati e tracce dell’alchimia nella scienza chimica del XX secolo. Vi si rilevano accenni alla teoria della relatività, con i nomi dei coniugi Curie; alle ricerche di farmaci ricavati da sostanze vegetali, l’«alchimia verde». E anche questo avvertimento: il segreto stimolante dell’alchimia è che la grande aspirazione dell’umanità alla sua incorruttibilità e immortalità, collocate dalle tradizioni religiose al di là di questo mondo, possono essere prodotte anche in questo stesso quaggiù dal lavoro umano.