L'antico popolo dei Sabini a Roma

ROMA - Oltre 120 opere, tra reperti archeologici (alcuni mai esposti prima, come il trono in terracotta del re di Eretum), dipinti, codici miniati, fino a manifesti e spezzoni di film raccontano da oggi, venerdì al Vittoriano l'antico popolo dei Sabini e il suo mito, sia le radici storiche sia l'elaborazione nei secoli del celeberrimo ratto, tra i simboli della fondazione di Roma. Presentata giovedì alla stampa, l'esposizione è articolata in quattro sezioni, che approfondiscono i vari aspetti (storici, artistici e letterari) legati a questa antica civiltà. Il percorso inizia con I Sabini popolo d'Italia, curata da Maria Carla Spadoni, che inquadra l'antica popolazione insediatasi dal X-IX secolo a.C. nella conca reatina per poi espandersi fino all'Umbria. Allestite antiche carte, ma soprattutto i reperti provenienti dai principali siti archeologici della provincia di Rieti: l'abitato di Cures, le necropoli del Giglio (Magliano Sabina), di Colle del Forno (Montelibretti), di Poggio Sommavilla e Saletta Amatrice. Si tratta di oggetti di raffinata fattura, destinati all'ornamento personale o all'ostentazione del potere religioso e politico. Tra le opere di maggiore importanza, e mai esposti prima un rarissimo lituo, simbolo degli auguri, e il trono in terracotta del cosiddetto re di Eretum. L'excursus storico si ferma al periodo della romanizzazione, che viene invece affrontato nella dimensione di un mito capace di abbracciare secoli e culture. Il ratto delle Sabine, ha detto Maria Grazia Bernardini, è tra i simboli costitutivi della fondazione di Roma, in quanto atto imprescindibile per la nascita della stirpe romana. E se nella Rinascenza rappresenta il matrimonio, nelle epoche successive è soggetto privilegiato per il melodramma o la poesia dialettale. Fino al cinema e a Hollywood che lo reinterpreta in pellicole di grande successo.