Personaggi

L’attualità del pensiero di Carlo Cattaneo

Moriva 150 anni fa a Castagnola l’intellettuale milanese esule volontario in Ticino
Milano. La tomba di Carlo Cattaneo al Famedio del Cimitero Monumentale di Milano.
Marino Viganò
05.02.2019 06:00

C’è un’altra «Casa Rossa» in Ticino oltre a quella di via Nosetto a Bellinzona, del cui restauro si è tornati a parlare in queste settimane, e a quella di Montagnola, offerta da Hans Bodmer nel 1931 a Hermann Hesse come residenza. È la casa rossa di Castagnola, sulla strada di Gandria, aperta nel 1849 dall’avvocato e politico liberale Pietro Peri a un ospite altrettanto illustre: Carlo Cattaneo. Qui, come poi Hesse sulla Collina d’Oro, l’intellettuale italiano trova sicurezza, pace, condizioni ideali nelle quali lavorare e scrivere. Entrambi non lasceranno più il Luganese, pure quando potranno in tutta tranquillità, l’uno alla caduta del regime nazista in Germania nel 1945 e l’altro all’espulsione degli austriaci dalla Lombardia nel 1859. Ormai inseriti in un ambiente a loro misura, in una società confacente, protetti dagli affanni, vi trascorrono il resto della vita, come istradati qui dalla benevolenza del destino più che dalla sorte, o dall’urgenza di un rifugio temporaneo da cui prima o poi ripartire.

Economista, storico, imprenditore, poligrafo eclettico e teorico del federalismo, il protagonista più multiforme del Risorgimento italiano approda a Lugano – tra le rade uscite di un’esistenza sedentaria – in non più giovane età, pressato dagli eventi che, non senza esitazioni, lo vedono sulla scena. Nato a Milano il 15 giugno 1801 nella famiglia d’un orefice, formatosi nei seminari di Lecco e Monza, al liceo Sant’Alessandro di Milano, poi ai corsi privati del filosofo e giurista Gian Domenico Romagnosi, si laurea in diritto, a Pavia, nel 1824. Non eserciterà l’avvocatura. Insegnante già durante gli studi, dal 1820, al ginnasio Santa Marta, lettore famelico di libri sulle più differenti materie letterarie come scientifiche, inizia l’attività da pubblicista sugli «Annali di statistica», nel 1831, esponendo e commentando temi di finanza, agricoltura, dazi, educazione, industria e molto altro; per gettarsi, nel 1839, nell’iniziativa del «Politecnico», periodico attorno al quale raccoglie cultori delle «scienze utili», nonché promotori dell’«incivilimento» nei campi economici, umani, politici della società.

Non sono meramente interessi teorici, e lo conferma l’acquisto di azioni di società e d’imprese nei settori ferroviario, minerario, dei trasporti, il cui risvolto più curioso è, dal 1838, il progetto dell’«Ipposidra», nella brughiera fra Sesto Calende e Tornavento, un chemin de fer sopraelevato e ippotrainato per i barconi che scendono il Ticino. Né si astrae, tutt’altro, dalla vita intellettuale operativa milanese, nominato nel 1843 membro dell’Istituto lombardo di scienze e lettere e nel 1845 segretario-relatore della Società d’incoraggiamento delle arti e dei mestieri, impegnandosi nelle battaglie per le riforme amministrative, economiche e civili del Regno lombardo-veneto. Trascinato pur riluttante nell’insurrezione delle Cinque giornate di Milano (18-22 marzo 1848), propone l’istituzione di un Consiglio di guerra, formato con Giorgio Clerici, Enrico Cernuschi, Giulio Terzaghi, che dirige con misura e moderazione; ma pure con fermezza, respingendo sia le proposte di tregua del comando austriaco, sia di richiesta d’intervento di Carlo Alberto, re di Sardegna, e di «dedizione» al Piemonte.

Quest’ultima mira, e le seccature procurate al successivo Comitato di guerra dal Governo filo-sabaudo, lo convincono alle dimissioni il 31 marzo 1848, dopo appena una dozzina di giorni di attivismo. Nella tentazione non ricadrà più. Commissario di guerra nella Bergamasca, al rientro degli austriaci si rifugia nel Canton Ticino il 6 agosto; e da Lugano già il 9 raggiunge Parigi, ove si propone di far conoscere all’opinione pubblica digiuna dettagli degli eventi con L’insurrection de Milan en 1848 (Paris, Amyot, 1848), uscito ampliato in italiano dopo il subitaneo ritorno il 1° novembre in Ticino (Capolago, Tipografia della Svizzera Italiana, 1849). Trasferitosi dalla casa di Antonio Morosini, in contrada Santa Margherita, attuale dimora Pelli, in via Pretorio 19, al domicilio di Castagnola, vi risiederà vent’anni. Due decenni d’incessante operosità, inaugurata con le collane «Documenti della guerra santa d’Italia» e «Archivio triennale delle cose d’Italia», ancora per i tipi di Capolago, raccolte di memorie e dati sulla «rivoluzione nazionale» del 1847-’49; e proseguita da un lato con la pubblicazione di altri libri e opuscoli, dall’altro con proposte e realizzazioni in vantaggio del Cantone.

Tra queste il progetto di bonifica del piano di Magadino nel Locarnese, del 1851, e quello della riforma dell’insegnamento secondario nel Cantone, adottato nel 1852, allorché consegue anche la nomina a professore di «filosofia» (oggi diremmo scienze politiche e sociali) presso l’appena istituito liceo di Lugano, in cui si fa inoltre attore nella battaglia sul laicismo dell’insegnamento, nel 1855. A proprio agio in Svizzera, paese che ha iniziato ad apprezzare giovanissimo, durante il viaggio a Zurigo con l’amico Stefano Franscini, nel 1821, e che coincide con i propri ideali di forma di governo e organizzazione istituzionale – repubblica, federalismo, liberalismo radicale con punte liberaldemocratiche –, se ne allontana malvolentieri. Chiamato a Napoli nel 1860 da Giuseppe Garibaldi, vi resta neppure un mese, disgustato dalle polemiche fra «filopiemontesi», «autonomisti», «cavouriani», calati attorno al generale vittorioso sui Borbone, occupandosi più del problema delle Ferrovie meridionali.

Eletto deputato al Parlamento di Torino nel 1860 e a quello di Firenze, capitale provvisoria del regno d’Italia, nel 1867, pure per la pregiudiziale repubblicana mai entrerà in quelle aule; preso dall’intensissima opera pubblicistica, dal 1859 dalla seconda serie del «Politecnico», e dal 1863 dal dibattito, entrato nel vivo, sulla trasversale ferroviaria al Lucomagno o al Gottardo, per cui parteggia. Dimissionario da docente nel 1865, ritiratosi dalla vita pubblica, schivo sin a evitare i ritratti, Carlo Cattaneo si spegne nell’«eremo» di Castagnola il 5 febbraio 1869. La riservatezza, le soluzioni minoritarie affacciate per la «questione italiana», la vis radicale di alcuni suoi scritti lo collocano a lato rispetto al Risorgimento monarchico-unitario trionfante: nella sua Milano, il monumento commissionato e finanziato dalla Massoneria italiana sarà inaugurato in via Santa Margherita solamente il 23 giugno 1901.

A tale personalità complessa e suggestiva l’Associazione «Carlo Cattaneo» dedica nel 150° della scomparsa un corso in due fasi: l’11 e il 25 marzo e il 1° aprile tre serate sul profilo biografico, la presenza ticinese, l’attualità del pensiero; l’11 e il 18 novembre due serate sulla questione dei trasporti internazionali, coincidendo col 150° pure del canale di Suez, propulsore del Gottardo e del canale di Panama, imprese interconnesse e collegate, le prime due, da Cattaneo, nella sua visione globale dei problemi coevi. Per parte loro, l’Archivio di Stato di Bellinzona, l’Archivio storico della Città, la Biblioteca cantonale e il Liceo di Lugano, il Comitato italo-svizzero per la pubblicazione delle opere, la Società Storica Lombarda hanno inoltre concordato il calendario denso di manifestazioni che, sin a novembre, marcherà la ricorrenza, nel segno «cattaneano» di un coordinamento fra Svizzera e Italia.