Le bambine di Barbie
La regina delle cose che non passano mai di moda è senza dubbio la Barbie, che a 64 anni dal primo esemplare gode ancora di un successo mondiale e che negli ultimi anni si è riposizionata anche sul piano culturale, favorendo ad esempio l'inclusione. Per spingere le vendite non è che ci fosse bisogno di un film, ma certo è che la Barbie interpretata da Margot Robbie porterà la Barbiemania a livelli superiori.
Il film
Quello che uscirà il prossimo 21 luglio sarà il primo film propriamente detto, non contando quindi prodotti televisivi o di animazione, mai girato sulla Barbie: una gestazione lunghissima visto che l’opera era stata annunciata dalla Universal nel 2009, per poi essere ceduta nel 2014, a livello di diritti, alla Sony. Mille cambi di sceneggiatura e di cast, fino a quando nel 2018 l’operazione è stata presa in mano dalla Warner. Ed eccoci qui, con la Robbie nel ruolo della bambola più famosa del mondo, Ryan Gosling in quello di Ken e alla regia Greta Gerwig. Dai teaser trailer fin qui visti sembra che tutto sia all’insegna dell’ironia, per un film rivolto alle bambine di oggi ma soprattutto alle loro mamme, per non dire nonne. Barbie che fa mille cose ed è totalmente padrona della sua vita, Ken eterno fidanzato-zerbino e a dirla tutta non un fenomeno di virilità (non manca Allan, che di Ken è il migliore amico), le versioni multietniche di Ken e quelle di Barbie riferite alla professione: Barbie medico, Barbie avvocato, Barbie presidente degli Stati Uniti, Barbie sirena (interpretata da Dua Lipa), eccetera. La trama è semplice: una Barbie imperfetta, cioè Margot Robbie, che passa dal mondo della fantasia a quello reale. La recensione tre mesi prima è un po’ troppo, ma certo l’idea è quella della commedia brillante, senza mettersi in concorrenza con fenomeni giovanili sempre difficili da intercettare.
L'idea
Con tutto il rispetto per il film, il suo successo sarà trainato fondamentalmente dal nome Barbie, che nella sua storia, iniziata nel 1959, è stata venduta in oltre un miliardo di pezzi. L’idea di Ruth Handler, come tutte le grandi idee probabilmente copiata da altri (la tedesca Bild Lilli, nel caso), fu straordinaria, perché guardando sua figlia Barbara colse un cambiamento importante nei gusti della bambine statunitensi e occidentali: che alle loro bambole non davano più ruoli da bambini ma da adulti. Occorreva quindi una bambola che rappresentasse una donna giovane: non una bambina con cui giocare, meno che mai una neonata da accudire, ma un modello di vita a cui aspirare. La Handler non dovette fare molta fatica per proporre l’idea, visto che suo marito era uno dei proprietari della Mattel, fondata a metà anni Quaranta, e la sua Barbie della Mattel, che pure ha fatto tante altri prodotti di successo, è diventata l’architrave. All’inizio e fin quasi ai giorni nostri Barbie è stata criticata per il suo aspetto troppo da donna, che infatti al di là del ruolo fu una precisa indicazione della Handler: le bambine sognavano di essere donne, non bambine, e questo molti genitori non lo accettavano. Ma l’idea passò, grazie anche a investimenti pubblicitari per l’epoca enormi e diretti, questa un’altra grande novità, direttamente alle bambine: sarebbero poi state loro a chiedere ai genitori di comprare la Barbie.
La narrazione
Un’altra caratteristica fondamentale della Barbie è quella di essere stata la prima bambola, e tuttora una delle poche, a non essere un semplice oggetto per giocare ma la protagonista di un immaginario molto articolato, quello che oggi è la mitica narrazione. Il suo nome deriva dalla citata Barbara, la figlia degli Handler (e del resto loro figlio si chiama Ken…), e la sua storia è stata costruita anno dopo anno in romanzi spinti dalla Mattel, dove si sono messi a punto i personaggi poi prodotti per i negozi di giocattoli. Il suo nome completo nella fiction è Barbara Millicent Roberts, figlia di George e Margaret nella immaginaria città di Willows, Wisconsin. Barbie ha tre sorelle, Skipper, Stacie e Chelsea, ma forse (la Mattel ha spesso introdotto i personaggi e poi li ha ritirati) anche un fratello, Todd, e un’ulteriore sorella, Krissy. Del suo amore, più simile a una bella amicizia, con Ken si sa tutto così come della loro rottura avvenuta nel 2004: per qualche anno Barbie ha frequentato un surfista californiano, tale Blaine, per poi a furor di popolo rimettersi con Ken il giorno di San Valentino 2011. Ma come tutti sanno, anche i bambini o ex bambini di sesso maschile, la vera caratteristica della Barbie è quella di fare mille cose: appassionata di auto, ne ha davvero tante (di culto la Corvette), e di animali (ne gestisce decine, compreso un panda), è spendibile in ogni tipo di carriera, anche l’astronauta. Infiniti vestiti e accessori, bellissime le sue case. E del resto perché una bambina, a maggior ragione una bambina povera, dovrebbe sognare di essere povera?
Bionda
Barbie è un fenomeno di massa, nonostante innumerevoli tentativi di imitazione e concorrenti molto forti (su tutte la Bratz, che però ha caratteristiche diverse, più ragazza che donna), ma non per questo si tratta di un fenomeno condiviso. Tanti suoi critici puntano sul fatto che proponga un’immagine irrealistica della donna, come se gli altri giocattoli fossero aderenti alla realtà, a livello fisico e di possibilità. C’è poi il partito di chi la critica perché poco inclusiva, ma nel corso degli anni (la prima Barbie afro-americana è del 1968, anche se i tratti erano caucasici e lo sarebbero rimasti ancora per molto) ne sono state prodotte così tante versioni che qualsiasi segmento della popolazione può dirsi rappresentato. Dalla Barbie ginnasta alla Barbie disabile, impossibile non trovare il regalo giusto per una bambina, anche se bisognerebbe essere onesti e ammettere che la vera Barbie è quella bionda, anche per chi bionda non è. Poi se ne possono avere altre cento, ma è un altro discorso. Quando si smette di giocare con la Barbie o le Barbie? Perché se l’età di possibile entrata in questo mondo è chiara, intorno ai 3 anni, non si può dire la stessa cosa di quella di uscita anche senza arrivare all’estremo del collezionismo. Il marketing della Mattel risponde da solo: si arriva fino all’immaginario di una bambina di 12 anni di oggi, anche se poi c’è chi ci gioca più a lungo. Ma nel cuore rimane per sempre.