Storia

Le inquietudini di Piranesi, immaginatore dell’antichità

A trecento anni dalla nascita la poliedrica figura di Giambattista Piranesi continua ad affascinare gli studiosi e a sedurre, influenzandoli, molti personaggi del mondo della CulturaIncisore, archeologo, architetto e antiquario, rileggiamo il genio artistico del grande veneziano
Luca Pignatelli, «Icons Unplugged. Veduta del Castello dell'Acqua Felice» tecnica mista su masonite, 2020. Da un’incisione di Giambattista Piranesi.
Matteo Airaghi
Matteo Airaghi
18.01.2021 06:00

Capita ogni tanto, avventurandosi nei percorsi della storia dell’arte, di incontrare figure così grandi da risultare quasi inafferrabili, indefinibili e ancora più seducenti perché col passare del tempo non smettono mai di rivelarsi e di sorprendere per la loro poliedricità e per la ricchezza del loro contributo al patrimonio culturale europeo. Quello di Giovan Battista(o Giambattista, come oggi preferiscono gli studiosi) Piranesi di cui si è di recente celebrato il trecentesimo anniversario della nascita (Venezia, come ormai è accertato dopo infinite discussioni, 1720- Roma, 1778) è un esempio straordinario in questo senso, prova ne è che intorno alla figura, alla biografia e all’opera di questo indiscusso protagonista dell’arte continentale del Settecento l’interesse, gli studi, le mostre e le scoperte sembrano essere infinite. Come il suo genio. Incisore, architetto, antiquario, archeologo. Ma, sopra ogni altra cosa, artista. Quella di Piranesi è una vita scandita dalla mappatura delle grandiose architetture antiche, segnate dallo scorrere incessante del tempo, ma anche da uno sguardo fedele sulla contemporaneità e dal gusto per l’esotico, l’inusuale e l’esoterico con tanti riferimenti misteriosi ancora da svelare. Grande artista senza tempo, Piranesi è stato capace di sedurre e influenzare moltissimi personaggi del mondo della Cultura, nel Settecento e nei secoli successivi: pensiamo all’incisore Maurits Cornelis Escher (provate a confrontare le loro architetture e le loro prospettive impossibili) ai Surrealisti o a scrittori come Victor Hugo, Horace Walpole, Samuel Taylor Coleridge, Charles Baudelaire, Aldous Huxley e Marguerite Yourcenar, fino a registi come Ėjzenstejn o a Christopher Nolan. Acquistato dai più ricchi collezionisti d’Europa, tra i quali Gustavo III, re di Svezia, Piranesi è un artista la cui fortuna anche sul mercato dell’arte aumenta nel corso del tempo e non smette di crescere. Un illuminista inquieto, Piranesi come recita il titolo di un documentario prodotto e trasmesso dalla RAI la cui cifra stilistica potremmo individuare nell’eccesso: eccesso di talento, eccesso di bravura tecnica (con lui l’acquaforte raggunge vertici inarrivabili), eccesso di sete di conoscenza, eccesso di passioni nel bisogno di rappresentare il passato e (forse) eccesso di fantasia nel reinterpretarlo secondo i suoi convincimenti ideologici.

Al bivio di un’epoca

Piranesi incarna alla perfezione e in modo sublime il dramma di una stagione culturale al bivio alla ricerca di una nuova via tra il declino della civiltà tardobarocca e rococò , che si esprime nelle celeberrime carceri, nei capricci e nei grotteschi, e la nascita di un nuovo canone architettonico che si rifà (non senza dissidi tra antichisti pro romanità e modernisti filo greci come J.J. Winckelmann) alla tradizione classica, variamente (re)interpretata. Al Piranesi architetto, vera vocazione e sogno del grande genio veneziano che si concretizzò «solo» nella trasformazione della piccola chiesa di Santa Maria del Priorato a Roma, è stata dedicata a Bassano del Grappa una fra le mostre piu importanti per il trecentesimo di cui il lascito principale è il magnifico volume edito da Silvana Editoriale che ne ha affiancato lo svolgimento, intitolato appunto Giambattista Piranesi. Architetto senza tempo. «In occasione della mostra - ci spiega la cocuratrice (con Pierluigi Panza) e storica dell’arte Chiara Casarin - da poco conclusa a Bassano del Grappa, sarebbe potuta sembrare sufficiente la ricorrenza dei 300 anni dalla nascita dell’architetto veneto o, ancor meglio, il fatto che mai prima d’ora fossero state esposte tutte le opere presenti nelle collezioni cittadine e che mai prima fossero state schedate in una pubblicazione esaustiva. In realtà la mostra è stata per me l’opportunità, forse più ovvia, per la produzione di nuova conoscenza su Giambattista Piranesi: la prima missione di un istituto di cultura è anche individuare come un autore “antico” continui ad agire sulla creatività contemporanea, chi siano gli artisti di oggi che tengono viva quella ricerca, quali siano le opere che ne riflettono ed espandono la potenza storica. È così che ho ritenuto di invitare Luca Pignatelli, artista che nel suo lavoro ripercorre non solo l’estetica ma, assai di più, i contenuti degli studi piranesiani a cui ho chiesto di testimoniare quanto, ancora una volta, l’insegnamento degli antichi sia vivo nella produzione artistica del presente. Icons Unplugged. Veduta del Castello dell’acqua felice, esposta in mostra e ampiamente documentata nel libro, è un’opera in tecnica mista su masonite con orologi realizzata dall’artista appositamente per la mostra di Bassano del Grappa e che si inserisce all’interno di una lunga serie produttiva in cui le opere dei grandi artisti della storia dell’arte rivivono in un pensiero attuale. Non si tratta di ispirazione o di citazione ma di studio e lavoro di selezione. Una traduzione che valica il tempo e le tecniche per farsi portatrice, oggi, di una serie di valori estetici che non hanno età. Pignatelli restituisce con il suo lavoro l’intenso legame che si instaura tra la pittura e la rappresentazione dell’antichità. È per la presenza del contemporaneo Pignatelli che la mostra ha avuto il titolo Giambattista Piranesi. Architetto senza tempo».

Imparare dai classici

Dall’erudizione infinita di un Athanasius Kircher di cui il nostro si invaghì alle prime avvisaglie dell’immaginario gotico, dall’egittologia all’archeologia, quando queste parole neppure esistevano, dalla denuncia di sistemi carcerari disumani all’ossessione di rappresentare i dettagli della realtà: sono tanti i motivi per cui il culto di Piranesi continua a prosperare e a insegnarci l’importanza dei classici. «Ci sono due nomi - prosegue Chiara Casarin- che condividono molti aspetti fino quasi a somigliarsi: Giambattista Piranesi e Antonio Canova. Entrambi veneti d’origine con una breve formazione nell’ambito famigliare. Entrambi cresciuti professionalmente grazie ai rudimenti impartiti da parenti vicini che hanno deciso di occuparsi della loro cultura. Entrambi partiti e successivamente stabilitisi a Roma, dove avrebbero potuto incontrarsi e dove, tra incarichi ufficiali e commissioni private, si affermano in due linguaggi artistici che li renderanno celebri in tutti il mondo e che segneranno le sorti della storia dell’arte incisoria e scultorea. Entrambi convinti, ciascuno a suo modo, che l’antichità fosse la più grande delle maestre e che la perfezione raggiunta dai classici fosse irraggiungibile. Ma - conclude la storica dell’arte - mentre uno, lo scultore, la ripropone e tenta di renderla nuovamente viva attraverso le sue sculture, l’altro nelle incisioni la ritrae nei suoi resti, nelle sue rovine dove il tempo, come un pittore, vi ha steso una patina di nostalgia e ne ha amplificato l’eloquenza». Come avremo modo di scoprire presto, pandemia permettendo, in una nuova mostra al m.a.x. museo di Chiasso dedicata proprio all’opera grafica del grande«illusionista dell’antichità» e alla sua magistrale reinterpretazione del classico.