Le note di Francesco Chiesa sull'Officina bodoniana di Montagnola
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L’Officina bodoniana di Montagnola
Da qualche tempo si sapeva che a Montagnola c’è una stamperia un po’ diversa dalle solite; ed alcuni avevano avuto la possibilità di vedere qualche saggio di quelle magnifiche edizioni; carta a mano o pergamena, rilegature in marocchino e, soprattutto, la classica bellezza dei caratteri, perfettamente corrispondenti a quelli che G. B. Bodoni disegnò e fuse sullo scorcio del secolo XVIII.
La curiosità della gente s’era sentita stuzzicata dalla silenziosa tranquillità di quella villetta solitaria, in cui quattro o cinque persone di stirpe germanica attendevano e attendono alla loro opera di carta e d’inchiostro. E qualche intenditore, sapendo che le matrici dei caratteri bodoniani sono proprietà dello Stato italiano e sono custoditi presso la Biblioteca parmense, trovava strano che una impresa straniera avesse potuto ottenerne l’uso per la fusione di nuovi autentici caratteri. E c’era chi supponeva che i caratteri bodoniani di Montagnola non fossero stati ricavati da quelle matrici, ma riprodotti mediante qualche procedimento della tecnica moderna.
Ebbi, alcuni giorni fa, l’occasione di visitare l’Officina di Montagnola ed ecco quanto ho potuto constatare: Nessun mistero, innanzi tutto. Nulla in quella ridente, luminosa villetta che s’assomigli allo studio del Dottor Faust od agli antri degli alchimisti. Il proprietario della casa è un giovane gentile e colto, già direttore di una rivista d’arte, innamorato della sua signorile impresa e smanioso di fornire ad ogni visitatore che se ne interessi le più minute spiegazioni.
Perfino le spiegazioni che io, da uomo discreto, non gli avrei mai chiesto: ad esempio, l’atto con cui il Ministero italiano della Pubblica Istruzione concesse al comproprietario dell’Officina di Montagnola, signor Vassetta di Roma, l’autorizzazione a far uso delle matrici bodoniane, il contratto conchiuso col Direttore della Biblioteca parmense ecc. Si tratta dunque d’una vera, autentica officina bodoniana, non di semplici, per quanto diligenti, riproduzioni approssimative.
E nelle linde stanzette del pianoterreno, il cortese tipografo-editore mi mostra la raccolta dei caratteri mobili (niente linotype), le composizioni già pronte, legate col tradizionale spago, il torchio a mano… Mi spiega le pazienti, delicate prove per le quali è necessario passare per poter combinare l’armonia giusta d’un frontespizio, l’aspetto equilibrato e piacente d’una pagina. Mi accenna gli accorgimenti ingegnosi e delicati con i quali si ottiene che tutta una pagina sia d’un unico tono e non contenga parole o lettere sbiadite…. In un’altra stanza, la legatoria; in uno studio, la raccolta delle opere già pubblicate: dai Sonetti di Michelangelo al Carnevale di Roma del Goethe, dalla Tempesta di Shakespeare ai Sepolcri del Foscolo ed alle Notti del de Musset. E, tra i lavori in corso, la Vita nuova di Dante, al quale Benedetto Croce premetterà uno studio.
Dunque, per dirla con Dante, «qui si convien lasciar ogni sospetto». Piuttosto possiamo rallegrarci che il nostro bel nome ticinese di Montagnola vada per il mondo legato alle magnifiche edizioni nelle quali, grazie alla pazienza benedettina di questo fine tedesco, la gloriosa arte tipografica italiana rivive uno de’ suoi momenti migliori.
Francesco Chiesa
Clicca qui per l'edizione completa del Corriere del Ticino del 17 febbraio 1925 disponibile nell'Archivio Storico del CdT.