Le risate amare di Mister Chocolat

Omar Sy nei panni di un clown di colore che sedusse la Parigi della Belle Epoque
Omar Sy nel film
Max Armani
13.04.2016 00:18

Il famoso clown Chocolat, sempre in coppia con Foottit, avrebbe potuto viaggiare ed esibirsi con lui all'estero, invece non ha mai voluto accompagnarlo, perché non avendo documenti personali, era terrorizzato dall'idea di non poter più rientrare in Francia». Racconta Roschdy Zem, (attore molto conosciuto in Francia), regista di Mister Chocolat, film francese campione d'incassi, da qualche giorno nelle nostre sale. Ispirato alla vera storia del primo artista nero celebre a Parigi all'inizio del '900, con il nome di Chocolat per il colore della sua pelle, il film racconta lo straordinario destino di questo nero di Cuba, arrivato in Spagna come schiavo, e divenuto il clown più amato del prestigioso Cirque Parisien, immortalato persino da Toulouse Lautrec e dai fratelli Lumière. «Tuttavia sotto quel nome "d'arte" non c'era una vera identità. – ci spiega Roschdy Zem - Alla sua morte fu sepolto in una fossa comune con il nome di Chocolat e solo alcuni anni dopo sua moglie Marie, riuscì a far scrivere sul registro dei decessi: "Rafael Padilla conosciuto come Chocolat", anche se quello era il nome che gli aveva dato il suo padrone spagnolo portandolo in Europa, l'unico che lui ricordasse». Interpretato da Omar Sy, popolare attore francese di colore divenuto, dopo il successo di Quasi amici, una vera star internazionale, Mister Chocolat porta sullo schermo la magia del circo, grazie a James Thiérrée, che nel circo è cresciuto e nel film interpreta il celebre clown Foottit, che fu il pigmalione di Chocolat e in parte, l'artefice del suo successo. Foottit, clown Bianco colpito dalla sua prestanza e dalla sua intelligenza, ne fece il proprio partner in un numero all'avanguardia che portò entrambi a Parigi. Era la Belle Epoque, il Cirque Parisien era il «tempio dello spettacolo» e per la prima volta presentava in coppia, il clown Bianco e il clown Augusto, due scuole della comicità circense, che davano vita a numeri folli. «Era un tipo di humour rivoluzionario. – ci racconta Roschdy Zem – E poi questo nero che si faceva prendere a calci nel sedere e che prendeva schiaffi a raffica, sempre sorridente, divertiva e non faceva paura». Tuttavia, il successo e i soldi risvegliarono l'angoscia esistenziale di Chocolat, che pensò fosse venuto il momento di pretendere, almeno nello spettacolo, quel rispetto della propria dignità che la vita gli aveva sempre negato. Così, lascia Foottit e i panni del clown e tenta il successo a teatro come attore, nientemeno che nel ruolo di Otello. «Anche Omar Sy era terrorizzato, forse più del suo personaggio, all'idea d'interpretare le scene in cui faceva Otello. – racconta il regista - L'idea di misurarsi con il testo di Shakespeare lo angosciava a tal punto che era diventata la sua ossessione. Allora gli ho detto di studiare Otello interpretato da Orson Welles, stupendo, ma più sanguigno, più naturale e dissacrante di quello del teatro classico». Ma il pubblico dell'epoca forse non giudicò neppure l'interpretazione, accecato com'era dall'oltraggio perpetrato da Chocolat: un nero che aveva osato interpretare Shakespeare. E così, come un fragile castello di carte, la gloria di Chocolat si sgretolò e svanì. Roschdy Zem si concentra soprattutto sui due protagonisti: Chocolat e Foottit, che nel film appaiono come le due facce di una stessa medaglia, sia in pista, nei numeri circensi; che nella vita, dove s'intuisce che entrambi, il Clown Bianco, e il Nero Augusto, hanno un doloroso segreto, una sorta di tormento con cui devono convivere. James Thiérrée (figlio di Victoria Chaplin e Jean Baptist Thiérrée) è anche autore e coreografo dei numeri circensi, molto belli e divertenti anche per la grazia che hanno i due attori nell'interpretarli, e che sono essenziali nel creare l'atmosfera del film. Infatti Mister Chocolat, sicuramente anche per problemi di budget, se pure molto curato nelle scene d'epoca in costume, manca di una sequenza rutilante e vivace capace di rappresentare la Parigi goduriosa e cosmopolita della Bella Epoque, di cui Rafael Padilla fece parte, e che celebrò l'artista Chocolat per poi punirlo al punto da cancellarne la storia e l'esistenza, riscoperta solo recentemente grazie al lavoro di uno storico e a questo film.

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