Le storie di vita narrate da Mattia Bertoldi
Avete mai provato a ritagliare una fotografia da un giornale, incollarla su un foglio bianco e a immaginare il contesto circostante? È ciò che ha fatto Mattia Bertoldi, ma anziché disegnare il contorno (come richiederebbe l’esercizio di educazione visiva originale), ha descritto il retroscena e il suo sviluppo a parole, dando così vita alle storie da COndiVIDere: una serie di brevi racconti che il giovane scrittore e giornalista luganese ha composto in queste settimane di emergenza sanitaria partendo da alcune fotografie apparse sui media e sui canali sociali. «Sono immagini che mi hanno colpito – spiega Bertoldi – e che, oltre a ispirarmi, permettono di parlare di aspetti molto attuali, legati alla cronaca, che tre mesi fa non avrebbero avuto senso e non ne avrebbero nemmeno fra qualche mese, perché è ora il momento in cui si può parlare, ad esempio, di storie d’amore interrotte dal coronavirus o di relazioni sul finire che vengono cristallizzate da questa situazione particolare».
I protagonisti delle storie da COndiVIDere, va detto, non hanno un nome proprio, affinché le persone immortalate nelle foto non si trovino scambiate per qualcun altro ma anche per rappresentare l’universalità di queste esperienze. «A me quelle foto hanno fatto immaginare le storie raccontate – spiega l’autore –, ma altri potrebbero vederci qualcosa di diverso e trovo che questo sia sempre il piacere della scrittura e della lettura».
Per infondere positività
Chi scrive però, è ovvio, solitamente imprime nel testo un proprio messaggio: con i suoi racconti Bertoldi desiderava «non parlare di coronavirus solo in termini di cronaca ma anche di storie che infondono, spero, ottimismo e positività».
Tra quelle scritte finora, ce n’è una in particolare a cui è più legato? chiediamo. «Diciamo quella della bibliocabina», risponde sorridendo e rivelandoci che la fotografia in questo caso l’ha scatta lui stesso, «a Vezia, che è il mio comune e le bibliocabine sono spazi nati da poco ma che io frequento spesso».
Il racconto, intitolato La lista, ha quale protagonista un’anziana che cammina per strada con una borsa di stoffa molto pesante: viene redarguita da un uomo che la osserva dall’alto e pensa che stia trasgredendo le regole – «la foto è stata fatta nel periodo in cui gli “over65” non potevano andare a fare la spesa» –, ma non è così. La signora infatti entra in una bibliocabina per lasciare in dono dei libri. «In questo caso – spiega Bertoldi – ho voluto infondere anche un po’ di quello che è il piacere per la lettura, per lo scambio, che è anche il motivo per cui i racconti che ho scritto nelle ultime settimane si chiamano “storie da COndiVIDere” e vengono diffuse sui media sociali, sul mio sito e tutti sono liberi di prenderle, leggerle e condividerle a loro volta».
«E poi?»
Per poterle pubblicare anche su Instagram, Bertoldi si è attenuto a un limite massimo di battute, ciò significa che «a volte bisogna interrompere i racconti proprio sul più bello – rivela – e alcune persone mi hanno anche domandato: “Come vanno avanti?”; io però non sono arrivato a immaginarli oltre». Le storie proposte finora sono una dozzina. E qui la domanda sorge spontanea: ha previsto una raccolta? «Per adesso no, penso che funzionino così», risponde lo scrittore, facendo sapere che alcuni racconti sono stati selezionati dalla Rete Due della RSI e sono in onda in questi giorni. «Non ho pensato a una raccolta più organica anche perché la situazione cambia così in fretta – spiega – e di conseguenza la percezione che avremo del coronavirus: è da capire se ricorderemo questo periodo con tristezza e rassegnazione oppure con la consapevolezza che ha cambiato le nostre vite. È tutto in divenire e da valutare».
Quarto libro in arrivo
Nel frattempo, l’autore di Ti sogno, California, Le cose belle che vorrai ricordare e Come tanti piccoli ricordi sta lavorando al suo prossimo manoscritto: «Si tratta di un romanzo storico ambientato tra il 1943 e il 1944 sulla frontiera, tra Domodossola e Ascona, dov’era presente un rifugio per bambini, l’unico in Ticino», rivela. «Era gestito da Lilly Volkart – aggiunge –, la quale durante la seconda guerra mondiale è arrivata ad accogliere più di ottanta fanciulli alla volta provenienti da Francia, Germania e Italia. Ha così salvato la vita a centinaia di bambini e ragazzi di origine ebraica, tra gli altri, e ha continuato a farlo fino alla sua morte nel 1988». Anche in questo romanzo, come negli ultimi due, non manca dunque il legame con il territorio: «Per me è un modo fine di offrire un panorama riconoscibile ai lettori della Svizzera italiana, ma è anche un’occasione per riscoprire la nostra regione, i personaggi, le storie e le realtà ad essa legati». Prima che scattasse l’emergenza sanitaria Bertoldi è riuscito a trascorrere un po’ di ore tra Ascona e Domodossola, per raccogliere testimonianze e altro materiale utile (tra cui gli annali del Servizio meteorologico) in modo da ricostruire le atmosfere, gli usi, i costumi, la mentalità e la vita dell’epoca. «La storia che sto scrivendo – svela l’autore – è quella di un giovane che attraversa la frontiera e giunge nel borgo asconese, dove conosce questa donna di origini zurighesi. Da lì si muoverà in questo piccolo universo fatto di tanti bambini e ragazzi di diverse etnie e nazionalità, in attesa di ritrovarsi con il padre...».
È la prima volta che Bertoldi affronta questo genere narrativo: «La storia mi ha sempre affascinato – spiega – e qualche anno fa, lavorando sul tema dell’emigrazione, ho avuto modo di scoprire personaggi come Lilly Volkart, il cui vissuto mi ha incuriosito molto: mi sono sempre immaginato come doveva essere quel rifugio, com’era il territorio allora e quali dovevano essere i rischi e le difficoltà».
Per lo scrittore ticinese «ogni romanzo dev’essere una sfida, sempre diversa». «In quest’ultimo caso – sottolinea – il genere storico è una grossa sfida», che non appena sarà possibile lo porterà ad attraversare uno dei sentieri che all’epoca i contrabbandieri percorrevano per raggiungere Ascona da Domodossola. Intanto, «sto ultimando la prima stesura», fa sapere Bertoldi, spiegando che è ancora presto per ipotizzare una data di uscita.
Scrittore, giornalista e anche cameriere
Classe 1986, Mattia Bertoldi coltiva l’amore per la letteratura fin da piccolo – «ho iniziato a leggere a 4 anni, da autodidatta» – e quando si è trattato di decidere che cosa avrebbe voluto studiare ha pensato bene di scegliere letteratura e linguistica italiana/inglese a Zurigo. Durante l’università ha iniziato a scrivere articoli giornalistici (collaborando, fra gli altri, con il Corriere del Ticino) e a partecipare ai concorsi letterari, come il Premio Chiara, collezionando con i suoi racconti una serie di riconoscimenti e menzioni speciali. All’età di 26 anni esordisce con il primo romanzo: Ti sogno, California, scritto al ritorno da un viaggio negli USA ed edito da Booksalad. Seguono nel 2017 Le cose belle che vorrai ricordare e nel 2019 Come tanti piccoli ricordi, entrambi ambientati nel Luganese e pubblicati da TEA/Tre60. Dal 2015 Bertoldi è membro di comitato dell’Associazione svizzera degli scrittori di lingua italiana, sodalizio di cui è divenuto presidente nel 2020. Il suo motto? «Nulla dies sine linea» (ovvero, nessun giorno senza una linea), «per ricordarmi di scrivere sempre, tutti i giorni, un racconto, un romanzo, un articolo giornalistico... insomma, di tenere la penna calda».
Parallelamente alla sua carriera di scrittore, il 34.enne gestisce la piattaforma cantonale OltreconfiniTI ed è direttore della rivista TicinoVino Wein. Inoltre, in estate aiuta il fratello con il grotto: «Faccio il cameriere da quando ho 13 anni ed è un lavoro che mi piace molto, mi permette di conoscere tante persone». Il suo sogno nel cassetto? «Sai, quando studiavo mi dicevo che vivere di scrittura era una chimera, ma ora posso dire che non è così, perché tutto il mio lavoro è basato su ciò che scrivo, declinato nelle diverse forme (narrativa, giornalistica e istituzionale). Adesso uno dei miei sogni è quello di raggiungere sempre più lettori, magari attraverso una traduzione oppure una trasposizione televisiva o cinematografica».