Claudia Bergomi e il regno della fantasia
Racchiudere la letteratura in scomparti, rinchiuderla in cassetti, ordinarla in categorie lascia il tempo che trova. Ma cosa si può dire della bella raccolta di racconti di Claudia Bergomi Come acqua versata nell’acqua se non che si tratta di letteratura fantasy? Attenzione, però, perché anche se siamo in presenza di sogni, leggende, antica saggezza tramutata in storie comprensibili e in qualche modo vissute, viste e toccate con mano, il fantasy dell’autrice non si limita a una fuga dalla realtà ma, molto più concretamente ed efficacemente, porta a una sua trasfigurazione. E allora il viaggio volante verso l’India diventa sì, una parabola dell’esistenza, ma anche una riflessione sul suo percorso, l’incontro-confronto con la tigre, uno specchio in cui guardarsi, gli esperimenti di linguaggio come quelli del racconto Lettera un gioco di prestigio che accompagna il lettore all’interno di un meccanismo di straniamento tutto particolare per godere di una lingua «spostata», folleggiante e irresistibile. Un esempio? Eccolo: «Saro c, da quando ho perduto la mia identità sonfondendola son la tua, mi è venuto un problema di artisolazione. Non co ce sapisci di she ci tratta. È una soca abbactanza cottile, bicogna ctarsi attenti per notarla. Un problema piuttocto minimo, sonserne giucto due lettere, per sui non me ne preossupo molto». La prosa della Bergomi? Un fiume in piena, davvero fantasioso.
Recensione apparsa su ExtraSette n. 20, 2020