L’ideale utopia estetica della «Vienna felix»

È l’apoteosi di quel «mondo di ieri» così ben descritto da Stefan Zweig. Il raffinato, e nelle ambizioni universale, apogeo ideale, estetico, sociale e artistico di una temperie culturale che vede a cavallo tra Ottocento e Novecento Vienna capitale di un impero al centro di un mondo carico di certezze e di speranze. Un mondo perduto, spazzato via con le sue convinzioni da due guerre mondiali che ora un poderoso ed elegante volume «totale» pubblicato da Electa Mondadori fotografa (è davvero il caso di dirlo visto che è ricco di oltre 1200 illustrazioni spesso rare e di altissimo prestigio e valore) a pochi mesi dagli anniversari della morte di quattro protagonisti assoluti del modernismo: Gustav Klimt, Egon Schiele, Otto Wagner e Koloman Moser. Figure (tutte scomparse guarda caso nel 1918) che hanno lasciato un’impronta indelebile sul Novecento non soltanto artistico.
«Vienna 1900 Arte, architettura, design, arti applicate, fotografia e grafica», è dunque un elegante libro illustrato sulla Vienna di quegli anni, nato da un progetto di coedizione internazionale che vede la collaborazione di alcuni dei massimi esperti del settore. Negli anni a cavallo tra il XIX e il XX secolo Vienna è la capitale dell’Impero austroungarico, epicentro di un radicale rinnovamento culturale nel cuore dell’Europa. Sono gli anni di Freud e Wittgenstein, di Mahler e Schönberg, della Secessione viennese, dello «Jugendstil» della rivista «Ver Sacrum»e della straordinaria Wiener Werkstätte, che rivoluzionerà le arti applicate e la grafica. Ma sono anche gli ultimi sfavillanti anni di una prosperità destinata a finire tragicamente sotto le macerie della Prima guerra mondiale. Il volume, ripercorre il clima culturale di quegli anni documentando con le immagini la produzione artistica e architettonica in tutte le sue forme: l’arte e l’architettura, la fotografia, le arti applicate – ceramica, vetro, tessuti e gioielli, arredi e oggetti –, la grafica per i manifesti e l’editoria. Risultato ne è un ricchissimo repertorio che raccoglie oltre 1200 opere minuziosamente descritte e documentate con un apparato iconografico di altissima qualità, completato dalle biografie di oltre 200 artisti e architetti attivi in quegli anni. «AEIOU» («Austria erit in orbe ultima» secondo una delle più accreditate interpretazioni) il celebre e misterioso acronimo asburgico si trovava un po’ dappertutto a quel tempo e spiega bene quale fosse la fiducia nel futuro dei figli di quel millenario impero. Tutti sappiamo che cosa accadde dopo quella, vana, «primavera sacra» e quali orrori avrebbero stravolto la fisionomia anche filosofico-ideale dell’Europa e di quella Mitteleuropa in particolare. Eppure quell’anelito nei confronti di un’opera d’arte totale che permeasse l’intera realtà è davvero sopravvissuto agli insulti e alle macerie del Novecento. Rimane uno dei lasciti più preziosi di un mondo che andò oltre la capacità di rivoluzionare la letteratura, la musica e le arti figurative, provando a trasformarsi nel crogiolo e nella fucina della più eversiva (e forse prematura) modernità. La contraddizione romantica e ideale tra la bellezza e l’abisso che traspare dalle immagini di questo pregevole volume ci fa capire perché sepolti e dimenticati quei fugaci fasti viennesi il modernismo dei suoi protagonisti riesce ancora a parlare ai nostri cuori.