Linguaggio e società

L’intelligenza artificiale adesso parla «anca in dialet»

Giovedì prossimo sarà presentato il primo ChatBot in grado di tradurre e dialogare in ticinese - È stato creato da una società di Lugano - Il programma si può installare su piccoli server locali e non deve per questo motivo essere necessariamente collegato a Internet
Il dialetto è la nuova frontiera dell'intelligenza artificiale. ©DADO RUVIC
Dario Campione
28.11.2024 06:00

Sono trascorsi quasi duecento anni dalla risciacquatura dei panni in Arno, dopo la quale Alessandro Manzoni consegnò alla cultura italiana la versione (non ancora definitiva) dei Promessi sposi. Chissà che cosa avrebbe fatto, il gran lombardo, se avesse avuto tra le mani una app o un programma di intelligenza artificiale (AI) in grado di capire, tradurre e «parlare» in dialetto. Avrebbe resistito alla tentazione di cambiare il nome a Fermo per farlo diventare Renzo? Avrebbe lasciato, tra le sue pagine, le increspature della parlata milanese o lariana confidando nella possibilità dei lettori di afferrare comunque il senso di quella tragica, straordinaria vicenda d’amore e di morte?

I se non servono a scrivere la storia. Ma aiutano, qualche volta, a capirla. Lo sanno bene anche gli scienziati del computer che, nel tempo, stanno spostando sempre più in avanti le frontiere della propria sperimentazione. Giovedì prossimo, a Lugano, nell’àmbito della settimana dell’AI, sarà presentato il primo trasformatore linguistico generativo pre-addestrato (GPT) «in dialet». Si chiama PrivateGPT ed è, a detta dei suoi inventori, «l’unico strumento AI che offre traduzioni nel dialetto ticinese, aggiungendo un tocco di orgoglio regionale alla complessità della comunicazione multilingue».

La ròba püssée dificíl l’è mía fai l’alanamént dal modèll AI, l’è truà un dialèt in Ticino che parlan tücc, dicono Christian Pala e Federico Magnolfi, le menti che stanno dietro al progetto, i due sviluppatori della società luganese Artificialy SA che hanno lavorato alla raccolta dei dati necessaria a insegnare al programma la lingua avita.

Una sfida complessa

Athos Fiori è a capo del team di sviluppo soluzioni AI di Artificialy. Alle spalle ha un master ETH in Fisica e un dottorato in Computer science, ma soprattutto anni d’esperienza come Data scientist, lo scienziato dei dati, colui che sa come analizzare e organizzare le informazioni, la merce preziosa sui cui si basa ogni genere di intelligenza artificiale.

«Il dialetto - dice Fiori al Corriere del Ticino - è stata innanzitutto una sfida, legata alla complessità e alla difficoltà di “allenare” un algoritmo in qualcosa che nessuno aveva mai fatto prima». Una sfida non priva di vantaggi, certo. Ad esempio, far parlare di sé per un’operazione sicuramente originale. Ma anche il desiderio di «ancorarsi al territorio, di cui siamo espressione», sottolinea Fiori.

Lontani dalla Rete

Tradurre in dialetto utilizzando PrivateGPT non è l’obiettivo principale dell’operazione avviata dalla società luganese, ma serve forse a spiegarne in modo più efficace le finalità. È, insomma, una sorta di valore aggiunto. PrivateGPT, in realtà, riassume, conversa, interroga documentazione privata e offre traduzioni rapide e fluide in inglese, tedesco, francese, italiano, spagnolo, portoghese, ucraino e romeno. E lo fa senza l’aiuto di Internet. Andando incontro, spiega Fiori, «alle richieste di aziende private, professionisti o amministrazioni pubbliche che non vogliono mettere online i propri documenti».

Pur basato sulle ultime tecnologie di AI generativa, incentrate sui cosiddetti Large Language Models (LLM), PrivateGPT può essere installato su piccoli server aziendali o privati, e garantire di conseguenza la massima sicurezza e la totale riservatezza dei dati.

«Pensiamo agli studi legali, agli ambulatori medici, agli stessi documenti bancari. La traduzione online comporta inevitabilmente un’incrinatura della privacy. “Ospitare” localmente il programma evita tutto questo», aggiunge Fiori, spiegando anche come gli aggiornamenti siano garantiti periodicamente e sempre fuori dalla Rete.

Tornando al dialetto, «la cosa più complessa è stata raccogliere e organizzare i dati - dice ancora Athos Fiori - sono serviti mesi, anche perché le fonti non erano facilmente reperibili e spesso anche piuttosto datate». Una volta completata la prima fase, PrivateGPT ha poi accresciuto la sua dimestichezza con il dialetto aiutandosi anche con istruttori locali, i quali hanno affinato le competenze linguistiche più contemporanee del programma. Alla fine, il ChatBot è stato in grano di abbattere ogni frontiera e tradurre pure in inglese frasi classiche come Vola bass e schiva i sass! («Fly low and avoid the rocks!»).

Con buona pace del vecchio Alessandro e del suo pellegrinaggio alle fonti toscane.

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