Fotografia

L’obiettivo sull’arte della premiata ditta

Gli spazi di Palazzo Reali del MASI ospitano una raffinata retrospettiva sul lavoro del duo Harry Shunk e János Kender, testimoni con i loro inestimabili scatti della realtà delle avanguardie a Parigi e a New York tra gli anni Cinquanta e i Settanta del secolo scorso
Shunk-Kender, John Baldessari, Pier 18, New York, 1971. © J. Paul getty Trust. © ProLitteris, Zurich.
Matteo Airaghi
Matteo Airaghi
29.02.2020 06:00

È un classico caso di disorientamento onomastico di manzoniana memoria subito fugato dalla confortante sensazione di ben conosciuto di fronte a opere che sono diventate (a dispetto del nome dei loro autori) delle icone dell’arte contemporanea. Harry Shunk e János Kender, chi erano costoro? Certo. Quando poi però scopri che si tratta dei due fotografi d’arte che si inventarono il salto nel vuoto di Yves Klein e l’apparato iconografico della pseudobiografia di Andy Warhol, un‘idea del peso dei due personaggi te la fai e ti viene immediatamente il desiderio di saperne di più. Curiosità che si potrà ampiamente soddisfare grazie ad una azzeccatissima mostra in arrivo dal Pompidou di Parigi visitabile fino alla metà del mese di giugno nella sede di Palazzo Reali del MASI che inaugura così, alla grande, i suoi nuovi spazi. Un pregevole percorso espositivo curato da Julie Jones, Stéphanie Rivoire e Chloé Goualc’h, che si compone di 450 scatti e documenti originali (anche molto rari) tra i più di 10.000 donati dalla Roy Lichtenstein Foundation nel 2014 e conservati presso la Bibliothèque Kandisky di Parigi. Per documentare il percorso biografico e artistico di Harry Shunk (1924-2006) e János Kender (1937-2009), testimonianza dello spirito di una generazione di artisti interessati alla sperimentazione e alla liberazione sessuale e culturale, costantemente alla ricerca di spazi nuovi e alternativi in cui creare e diffondere la loro arte. Shunk e Kender sono testimoni, ma anche artisti e autori essi stessi, di quel cruciale ventennio del ventesimo secolo. La natura delle loro immagini è doppia poiché costituiscono tanto una documentazione cruciale quanto un’opera fotografica a sé stante. Le fotografie esposte, raggruppate nelle sezioni «Intimità», «Il corpo in azione» e «Nuovi spazi», immergono il pubblico nella scena artistica parigina con una serie di scatti di inaugurazioni, mostre e performance: il famosissimo fotomontaggio Le Saut dans le vide di Yves Klein (1960); gli scatti realizzati durante le sue numerose sessioni delle Anthropométries e quelle di tiro di Niki de Saint Phalle per la mostra Feu à Volonté (1961) o le cene di Daniel Spoerri, come quella organizzata in occasione della mostra 723 utensiles de cuisine (1963). La vicinanza al gruppo dei Nouveaux Réalistes porta Shunk e Kender a immortalarne anche le performances organizzate a Milano nel 1970, in occasione del decimo anniversario della nascita del movimento parigino. Il duo si sposta poi a New York alla fine degli anni Sessanta per documentare gli Happenings di Yayoi Kusama, le coreografie di Trisha Brown in zone industriali di Soho riconvertite in studi e le sperimentazioni artistiche di Pier 18, un progetto ideato e organizzato dal curatore indipendente Willoughby Sharp, per il quale fotografano l’operato di 27 artisti. Gli scatti vengono esposti al MoMA l’estate successiva nell’unica mostra che celebra il lavoro dei due con entrambi ancora in vita.

Fuori dallo studio

Shunk e Kender sono tra i primi ad avventurarsi fuori dallo studio fotografico, accompagnando gli artisti nella ricerca piú avanguardista. Quella che si crea tra gli artisti e i fotografi è una profonda empatia, che rende i due l’unico riferimento dei circoli dell’avanguardia tra gli anni Cinquanta e Settanta. Da questo singolare legame di fiducia nascono la maggior parte delle fotografie private che ritraggono gli artisti nella loro intimità. Tra quelle esposte, troviamo Robert Rauschenberg a casa circondato dai suoi animali domestici e Andy Warhol ritratto nei momenti di riposo durante la sua prima visita a Parigi nel 1965 in occasione della mostra dedicata all’artista americano presso la Galleria Sonnabend. Warhol ritorna protagonista in una delle ultime collaborazioni tra i due fotografi, realizzata nel 1971, in occasione della pubblicazione di The Autobiography & Sex Life of Andy Warhol, un libro illustrato da istantanee di Shunk e Kender che raccoglie interviste a persone vicine all’artista: un inestimabile ritratto della figura chiave della scena underground degli anni Sessanta. I due fotografi nel 1973 mettono però fine al loro rapporto ma arrivano all’accordo per cui tutte le fotografie del periodo 1958-1973 sarebbero state firmate con la sigla «Shunk-Kender», indipendentemente dall’autore dello scatto. Shunk continuerà da solo a documentare la scena artistica del suo tempo fino a un progressivo isolamento che caratterizzerà gli ultimi anni della sua vita. La mostra si rivela dunque perfetta non solo perché documenta una stagione irripetibile con i suoi nomi immortali dell’arte del Novecento (la premiata ditta Shunk-Kender, lavorava su commissione per artisti e galleristi documentando inaugurazioni, biennali, performances e l’atto stesso della creazione in atelier o all’aperto) ma perché illustra l’esatto momento in cui la fotografia diventa, emancipandosi per sempre dal suo ruolo ancillare, a sua volta modernissima arte.