Louis Armstrong, l’ambasciatore del jazz

Un volto unico e emblematico della musica afro-americana, anzi della musica tutta del Novecento, scompariva esattamente cinquant’anni fa. È quello di Louis Armstrong, nato a New Orleans nel 1901 e considerato uno dei padri del jazz, uno dei maggiori virtuosi contemporanei della tromba, un ambasciatore nel mondo della musica americana e un cantante e personaggio di solare espressività e di spontanea e unica capacità comunicativa. Nato in un quartiere poverissimo della capitale della Louisiana, Armstrong era vissuto accanto alla madre, a familiari e a vicini ebrei che gli avevano garantito protezione e cibo per un periodo relativamente breve, prima cioè che il ragazzo - vissuto in un contesto sociale difficile e talora violento - si dedicasse alla musica e iniziasse a guadagnarsi da vivere da solo.
Una sfaccettata personalità
Sovente dipinto in una chiave un po’ caricaturale, apparentemente coerente al suo viso sorridente e al suo comportamento ottimista e aperto, Armstrong ha in realtà svelato, negli anni, una personalità più sfaccettata, moderna e complessa di quella attribuitagli da tale iconografia, che faceva coincidere la sua «faccia facciosa» con quella di un uomo sostanzialmente ingenuo, semplice e poco acculturato. Ma non era così. Armstrong sapeva leggere la musica, scriveva bene (come testimonia il consistente lascito epistolare), era riservato ma tutt’altro che privo di idee quanto al ricorrente problema della discriminazione razziale, era volitivo e testardo, ambizioso e moderno quanto ai gusti per le donne, avendo tra l’altro sposato, tra le varie compagne di vita, Lil Hardin, una pianista di talento con la quale avrebbe condiviso gli anni decisivi della sua affermazione discografica e concertistica, a Chicago e altrove.
In principio fu New Orleans
La maturazione e i primi passi significativi di Armstrong nella professione lo videro legato alla città natale di New Orleans, nella quale apprese molte cose, suonò ripetutamente a bordo dei battelli che solcavano il Mississippi ed esordì, viaggiando altrove con lui, a fianco di Joe King Oliver e della sua Creole Jazz Band. Chicago e New York, formati i primi gruppi a suo nome o impegnato nell’orchestra di Fletcher Henderson, avrebbero rappresentato le città della sua affermazione, dovuta all’apprezzamento dei suoi formidabili complessi Hot Five e Hot Seven, all’incisione di primi capolavori come West End Blues e alla collaborazione con cantanti di blues e con musicisti come Sidney Bechet.
L’invenzione dello «scat»
Uno dei brani incisi su disco a Chicago, nel 1926, Heebie Jeebies, svelò al mondo anche le straordinarie doti di Armstrong come cantante e la sua invenzione di un canto sillabico privo di senso compiuto, espressivo e carico di humor, il cosiddetto «scat». La voce bassa e rugosa, intonata e simile per timbro e sonorità a quella della tromba avrebbe rappresentato per Armstrong un’arma espressiva altrettanto efficace di quella della tromba, sulla quale sapeva appropriarsi di qualsiasi melodia ricreandola estemporaneamente attraverso il suo magistero di musicalissimo improvvisatore.
Louis Armstrong è stato anche un grande ambasciatore di se stesso e del jazz a livello internazionale. Nel 1932 effettuò la prima tournée in Europa, suonando con enorme successo a Parigi e divenendo amico del critico e produttore Hugues Panassié, che scrisse una biografia su di lui. Negli anni successivi «Satchmo», come era soprannominato fin da ragazzo per la dimensione spropositata della sua bocca (dall’inglese satchel mouth: bocca a sacco), tornò sovente in Europa, suonando anche a Torino nel 1935, a Milano e in altre città, diventando dagli anni Cinquanta uno dei musicisti scelti dal governo statunitense per rappresentare il Paese all’estero e suonando persino in Africa e in Asia, sempre con enorme successo.
Satchmo e il cinema
La popolarità di Armstrong è legata anche al cinema, dove ha interpretato numerose pellicole dedicate ora a vari contenuti (Pennies from Heaven, Cabin’ in the Sky, High Society) ora al jazz (New Orleans, A Song Is Born, Jazz on a Summer’s Day) ora al musical (Hello Dolly). La sua fama di cantante è cresciuta nel tempo, portandolo a interpretare in chiave pop anche canzoni francesi e italiane (indimenticabile la sua performance al Festival di Sanremo del 1968) mentre la sua attività jazzistica è proseguita con gli All Stars, che ha presentato su disco e in concerto sinché le forze glielo hanno consentito. È morto esattamentecinquant’anni fa il 6 luglio del 1971 per problemi cardiaci, lasciando una discografia sterminata e un seguito di consensi e apprezzamenti che hanno indotto innumerevoli musicisti di ogni Paese a suonare il jazz ispirandosi alla sua figura.