Storia

Lungo la strada del Muretto

L’epopea dimenticata del passo che collega la Val Malenco alla Bregaglia e all’Engadina viene ricostruita in un saggio provvidenzialeche salva dall’oblio la memoria di relazioni umane, economiche e culturali di un percorso per secoli fondamentale nel cuore delle Alpi retiche
Nel cuore delle Alpi Retiche.
Matteo Airaghi
Matteo Airaghi
14.12.2020 06:00

No, non è una passeggiata come le altre. Esistono luoghi che la storia la trasudano, sassi che parlano senza le parole, vestigia che raccontano i secoli come se fossero intrise dell’anima e della fatica, della speranza e della paura, di tutti coloro che nei secoli si sono inerpicati fin qui. Così oggi anche il più sprovveduto degli escursionisti che decide di affrontare il leggendario passo del Muretto in qualche modo percepisce che quei sentieri non sono soltanto di una magnificente bellezza ma che, nel silenzio, custodiscono qualcosa di più: una storia che somiglia molto ad un’epopea alpina. Sondrio e Maloja, la Val Malenco e la Bregaglia, la «strada cavallera» e il commercio di vini, Jenatsch e Rusca, i «torbidi grigioni» e Napoleone, i contadini, le transumanze e il contrabbando, le guerre mondiali, la tragedia di Ettore Castiglioni e quella dei tantissimi che vi persero la vita: oggi il passo del Muretto e della sua via storica è ancora tutto questo e molto di più di una peraltro spettacolare escursione per appassionati montagna in cerca di nuove emozioni. Tagliato fuori da tutto, dimenticato dalla storia, emarginato dalle geografie moderne, il Muretto rischierebbe però di diventare davvero solo una chicca per escursionisti ardimentosi se non ci fosse chi ne coltiva ma memoria. In questo senso si può senza remore definire provvidenziale il saggio che, con il ritmo del romanzo e l’acribia della ricerca accademica, la benemerita storica valtellinese Saveria Masa, su sollecitazione della Fondazione Centro Giacometti di Stampa e della Fondazione Gaudenzio e Palmira Giovanoli di Maloja in una superba operazione transfrontaliera ( ma il Muretto è fatto per unire e non per dividere) ha dedicato alle vicende straordinarie di questa, per secoli fondamentale, via di transito retica. Una ricerca(disponibile in Svizzera scrivendo a [email protected]) appassionante, approfondita ed esauriente che appena in tempo (ormai anche gli ultimi anziani che hanno ricordo dell’epopea del Muretto stanno scomparendo) salva dall’oblio un percorso che ha favorito per secoli i transiti e i commerci tra l’Italia e la Svizzera. Una leggendaria «strada cavallera», tragitto più diretto che collega Sondrio a Maloja e, oltre, a Coira, cruciale prima e durante l’occupazione della Valtellina da parte delle Tre Leghe, e di primaria importanza per tutta la storia europea almeno fino all’età napoleonica. «Studiare la storia e le testimonianze materiali della strada e del valico del Muretto- ci conferma Saveria Masa- ha significato fare un passo dentro una pagina di storia ancora in buona parte inesplorata che ha permesso non solo di liberare questo tema da alcuni cliché storiografici ormai stantii con i quali si è inteso spesso menzionare questa via di transito, ma soprattutto di leggere senza pregiudizi le molteplici tracce del passaggio dell’uomo sin dalle epoche più remote sino a quelle più recenti, intravedendovi non solo la storia di una strada e di un valico, bensì la storia di una porzione importante di arco alpino e della gente che vi ha abitato».

La storia del valico del Muretto non è solo il racconto documentato del passaggio dei mercanti e delle loro merci, o dei contrabbandieri in epoche più recenti, ma è soprattutto la storia di una fitta trama di scambi e di relazioni che si perdono nella notte dei tempi e che dimostrano quanto le popolazioni di quelle epoche si relazionassero naturalmente, con la consapevolezza di essere abitanti di una medesima area alpina accomunata da un medesimo utilizzo delle risorse. «È davvero sorprendente - prosegue la storica valtellinese - scoprire come la natura degli antichi scambi tra popolazioni al di qua e al di là del valico non fosse meramente di carattere commerciale, ma prima di tutto di carattere umano, con scambi di idee, di linguaggi legati a saperi comuni, scambi di tecniche, in una formidabile esperienza di crescita comune». Pur nel progresso più avanzato siamo infatti spesso portati erroneamente a considerare l’ambiente di montagna, con la gente che ci vive, come implicitamente chiuso e conservativo, soprattutto se riferito al tempo passato. Salvo poi scoprire, come questo studio ha ad esempio dimostrato, che a dispetto delle barriere morfologiche, le popolazioni che ci hanno preceduto si parlavano molto più di quanto si possa immaginare e, probabilmente molto più di quanto non lo si faccia ora, se commisurato ai mezzi a disposizione una volta e a quelli di cui disponiamo oggi.

«Anche la storia di un passo in fondo minore come quello del Muretto- conclude Saveria Masa- ha dunque confermato ciò che da alcuni anni la storiografia dei valichi e delle vie di comunicazione dell’arco alpino sta gradualmente portando alla luce, ossia l’elevato grado di sviluppo delle popolazioni alpine nel corso del tempo, favorito da spostamenti su vie di transito e relativi valichi che hanno rappresentato per secoli non solo un vettore enorme di sapere, di condivisione e di cooperazione, ma anche, in ultima analisi un importante elemento di sprovincializzazione dei nostri territori italiani ed elvetici montani».