Messa una bella pietra sull'incidente di Ponte Tresa

Incidente chiuso
Un comunicato ufficioso trasmessoci dall’Agenzia Telegrafica dava ieri per
chiuso l’incidente di Ponte Tresa, che ha avuto troppo lungo e troppo rumoroso
strascico. Eravamo certi che l’incidente si sarebbe conchiuso pacificamente e
senza intaccare i buoni e cordiali rapporti fra l’Italia e la Svizzera,
malgrado i tentativi di gonfiare e di deformare fatti e situazioni; ne eravamo
ben certi, perchè sapevamo che nè da una parte c’era stata volontà di
offendere, nè dall’altra proposito di cercare ad ogni costo l’ingiuria e l’atto
di inimicizia. I rapporti fra i due Paesi e fra i due popoli vicini sono così
buoni, così cordiali, che nell’atto scorretto di alcuni individui l’Italia non
poteva vedere un animus offendendi da parte del Popolo o dell’esercito
svizzero; e quei pochi giornali d’oltre confine che hanno voluto in un primo
tempo generalizzare e attribuire la scorrettezza di pochi insensati a tutto il
Popolo e a tutto l’esercito svizzero, hanno dimostrato di non conoscere l’animo
del Popolo elvetico, la nobiltà dell’esercito confederato e i sentimenti che
nella Svizzera si nutrono verso l’Italia. Che nelle sfere ufficiali italiane
ciò fosse ben noto e giustamente valutato è dimostrato dal fatto che a Roma non
si sono prese le cose sul tragico e si è saputo fare una netta distinzione fra
pochi insensati e il Popolo svizzero.
La premura con la quale l’autorità federale, rimediando prontamente a qualche piccola cantonata commessa dall’autorità militare in un primo momento di confusione, è intervenuta per chiarire cose e accertare responsabilità provano la misura della deplorazione dell’autorità e la ferma volontà di punire i colpevoli di atti sconvenienti e biasimevoli.
Tutti d’accordo, quindi, a Roma quanto a Berna, nel non esagerare la portata degli incidenti di Ponte Tresa, nel non confondere l’opera di pochi isolati con il sentimento del Popolo e del Governo dell’uno e dell’altro Paese e nel deplorare tutto quanto in questi incresciosi incidenti ha potuto, per un momento, turbare la serenità dei rapporti fra i due Paesi.
Chiuso così l’incidente, noi ci auguriamo che di esso non rimanga più alcun strascico, e che le buone relazioni che devono correre fra i due popoli abbiano a continuare o, se hanno avuto una breve interruzione, ciò che non ci sembra il caso, di affermare abbiano a riprendere.
Non ci sarebbe nulla di più assurdo di uno stato di ostilità o anche di semplice animosità fra italiani regnicoli e svizzeri italiani. A conservare inalterate le buone relazioni contribuirà molto l’opera della stampa. Per quanto riguarda noi ticinesi, impariamo ad usare, nel giudicare le cose interne dell’Italia, quella discrezione, quel rispetto a cose e persone che noi stessi, e giustamente, esigiamo dalla stampa italiana per quanto riguarda cose e persone di casa nostra; il diritto di critica, il diritto di avere simpatie o antipatie per questo o quel partito, per questo o quel regime, sono incontestabili e nessuno di noi si presterebbe a qualsiasi atto di coartazione della libertà di pensiero e si stampa sul suolo della nostra repubblica democratica; solo, ripetiamo, ognuno di noi dovrebbe farsi un dovere, anche per riguardo agli interessi del Paese che possono venire compromessi da intemperanze di giudizio, di usare quella moderatezza di forma che ne fa tanto piacere quando altri l’usano nel giudicare di cose nostre; in questo modo potremmo poi con maggior diritto ricordare a qualche giornale d’oltre confine che il Cantone Ticino non è una sottoprefettura del Regno, nè è sottoposto ad ordini o a controlli di nessun partito estero.
Clicca qui per l'edizione completa del Corriere del Ticino del 19 aprile 1924 disponibile nell'Archivio Storico del CdT.