«Basilea è solo una tappa del mio percorso musicale»

Manca ormai poco più di un mese all’atteso appuntamento con l’Eurovision Song Contest che, a trentasei anni di distanza (Losanna, 1989) torna in Svizzera dopo la vittoria, dodici mesi fa, di Nemo a Malmö. E mentre a Basilea fervono i preparativi, anche i cantanti hanno iniziato la lunga marcia di avvicinamento alla kermesse. Tra loro anche la 25.enne Zoë Anina Kressler, in arte Zoë Më, chiamata a rappresentare il nostro Paese con la canzone Voyage che ieri ha ufficialmente presentato al pubblico della Svizzera italiana con uno showcase alla RSI. L’abbiamo incontrata.
In quanto artista
un po’ atipica rispetto agli abituali standard dell’Eurovision Song Contest (il
genere che da anni propone è più vicino
al cantautorato che al pop di facile consumo
che caratterizza la rassegna) quanto è rimasta sorpresa di essere stata scelta per rappresentare la
Svizzera?
«C’è stata, in
effetti un po’ di sorpresa, ma anche tanta felicità nel ritrovarmi all’interno
di un contesto che ho cominciato a
conoscere quando Gjon’s Tears vi ha partecipato nel 2021. E che apprezzo in quanto,
artisticamente, trovo che celebri le differenze artistiche che sono un po’ la
mia caratteristica. Anche la mia musica vive infatti di differenze:
linguistiche, in quanto scrivo e canto sia in
tedesco sia in francese, ma anche stilistiche visto che è in bilico tra
la dimensione cantautorale e il
pop. Tuttavia non credevo che a distanza
di qualche anno avrei potuto prendervi parte.
Nel caso mi si fosse presentata l’occasione di parteciparvi, ho sempre
pensato che lo avrei fatto a condizione
di presentare una canzone che mi rappresentasse al 100%. Beh, è accaduto, e non
posso che essere felice di ciò».
Lo ha ammesso
anche lei: la sua Voyage non rientra tra quelle che si è soliti associare
all’Eurosong. Crede che la scelta da parte svizzera di concorrere con una
ballata molto dolce e intimista stia stata facilitata dal fatto di avere, in
quanto Paese organizzatore, l’accesso diretto alla finale, senza doversi
sottoporre alle insidiosissime qualificazioni?
«Credo anzitutto
che Voyage sia una bella canzone. Certo il fatto di non dover passare
attraverso le semifinali ha consentito
di fare una scelta che privilegiasse
l’aspetto artistico piuttosto che quello spettacolare: elemento
importante nelle semifinali dove è necessario far presa immediatamente sul
pubblico che ti deve giudicare in tre minuti. Però vedendo le super positive
reazioni che il variegato universo gravitante attorno al festival ha avuto nei
confronti della canzone e del video che l’accompagna e l’apprezzamento al fatto
che la Svizzera, da campione uscente, abbia fatto una scelta così particolare
mi lusinga. Come - è inutile negarlo - sono felicissima di non dover passare
attraverso le terribili e pericolosissime qualificazioni...»
Come sono
cambiate le cose, per lei, quando ha saputo di essere scelta per Basilea?
«È stato tutto un
po’ surreale. La notizia mi è giunta infatti un giorno di dicembre mentre ero
in treno, ed è stata accompagnata da una
raccomandazione: non esultare in maniera
scomposta perché per un po’ di tempo la
cosa non deve essere resa nota. Ho
dunque esultato solo dentro di me, una sorta di
“quiet party” come dicono gli inglesi,
durato un paio di mesi un po’ complesso da gestire. A livello artistico
invece non è cambiato alcunché: ho sempre lavorato in una dimensione cantautorale pop, e anche
nel caso di Voyage, non ho fatto alcun calcolo né quando l’ho scritta né quando
l’ho presentata alle selezioni e tanto
meno quando ho saputo che la canzone era stata scelta. Faccio musica
da quando ho dieci anni, ho studiato cercando di migliorarmi
costantemente come musicista e come interprete ed è quello che continuerò a
fare. Artisticamente nulla è cambiato e nulla cambierà: certo ci sarà più gente
che potrà entrare in contatto con la mia musica ma Eurosong rimane una tappa
all’interno del mio percorso, non un punto d’arrivo».
La sua presenza
al concorso e il fatto che negli ultimi anni molti Paesi abbiano iniziato ad
abbandonare quel «trash» che per anni ha caratterizzato la kermesse, sono a suo
avviso il segnale che all’Eurovision Song Contest qualcosa stia cambiando?
«Secondo me c’è
meno omologazione rispetto al passato. Lo si nota dal fatto che sempre più
Paesi propongono canzoni nella propria lingua e credo che in futuro si andrà
sempre più in questa direzione. Non dimentichiamo che il concorso
nacque proprio per mettere in evidenza la diversità delle culture
musicali nel continente. Trovo dunque positivo
che dopo anni si standardizzazione si stia andando in questa direzione».
A proposito di
idiomi: lei è notoriamente bilingue, ma
si sente più francofona o germanofona?
«La mia lingua
materna è il tedesco, i miei genitori sono basilesi, ma è da quando ho 9 anni
che vivo a Friburgo, quindi anche se non è la mia lingua materna mi esprimo con grande facilità in francese,
lingua che tra l’altro amo profondamente».
Ma in che lingua pensa e compone?
«Dipende dal
contesto. Quando sono con qualcuno che parla tedesco, automaticamente mi ritrovo a pensare in
quella lingua. Quando sono con i miei
migliori amici che sono francofoni, penso in francese. Per ciò che riguarda la
composizione dipende dal messaggio che intendo veicolare. Nel caso di
Voyage, ad esempio, visto che parlo di fiori e di come sono più belli
quando li innaffi ho scelto il francese che mi sembrava più adatto per
supportare un’immagine così dolce e delicata. E credo che sarà così anche in
futuro: è mia intenzione continuare a scrivere sia in francese sia in tedesco a
dipendenza dell’argomento o a mescolare le due come ho fatto fino ad oggi».
Un pensierino
all’italiano non lo ha mai fatto?
(Ride - n.d.r.)
«Sì perché è una lingua che adoro, tanto che a 12 anni il primo corso a scuola
che scelsi fu proprio quello di
italiano. Purtroppo però la mia professoressa mi disse che avevo un accento orribile e che sarebbe
stato meglio per me rinunciare. Ed è stato un trauma che oggi non sono ancora
riuscita a superare...».
In attesa di
riavvicinarsi alla lingua di Dante, ha
iniziato a programmare il post-Basilea?
«Subito dopo il
concorso pubblicherò una nuova canzone e mi esibirò in vari festival estivi
seguendo un programma che era stato
pianificato prima di Eurosong e che
prevede, in autunno anche un tour nei club svizzeri. Ma senza stravolgimenti
perché, lo ribadisco, la mia presenza
sul palco di Basilea non è un punto d’arrivo ma semplicemente una splendida
parte – ma solo una parte - del percorso musicale che ho intrapreso e che intendo seguire».