L'intervista

Cristiano De André: «Canto i brani di mio padre per sentirlo ancora vicino»

Il cantautore fa tappa sabato 29 marzo al FEVI di Locarno con il suo tour «De André canta De André» in cui l'illustre figlio d'arte fa una summa dell'imponente progetto discografico con cui negli ultimi due decenni ha reso omaggio al padre Fabrizio
©Luca Micheli
Mauro Rossi
24.03.2025 06:00

Cristiano De André fa tappa sabato 29 marzo al FEVI di Locarno (ore 20.30) con il tour De André canta De André in cui l’illustre figlio d’arte fa una summa dell’imponente progetto discografico (quattro album) con cui negli ultimi due decenni ha reso omaggio al padre Fabrizio rileggendo e riarrangiando le più importanti pagine del suo repertorio. Lo abbiamo incontrato.

Una domanda secca per cominciare: quanto è stato difficile fare musica portando il cognome De André?
«È stato difficile perché tutti inevitabilmente ti mettono a confronto con tuo padre – cosa che aveva subito capito anche lui, tanto che per anni ha spinto affinché invece che il cantautore facessi il veterinario in modo da evitare ogni paragone. Io però ho preferito soffrire un po’ di più, fare ciò che mi piaceva, ossia il musicista e accettare questo confronto. Cui sono sempre stato sottoposto: ogni volta che ho scritto una canzone, che mi sono espresso, un paragone con mio padre è sempre venuto fuori. Però ho deciso di prendere il toro per le corna e di insistere, tanto che negli ultimi anni la situazione si è attenuata. Anche perché sono riuscito a sviluppare un percorso tutto mio: ho infatti inciso otto album a mio nome, ho scritto tante canzoni, anche per altri».

Negli ultimi anni però ha messo da parte questa sua attività solistica, per dedicarsi al repertorio di suo padre. Come mai questa scelta? Un semplice obbligo nei suoi confronti oppure a guararla è stato il desiderio di rileggere con gli occhi diversi canzoni che, sostanzialmente, ha visto nascere?
«Perché ritengo che mio padre abbia scritto cose talmente importanti, che fanno bene alle persone, da meritare di essere tenute vive. E visto che Fabrizio manca a me – e a tanta altra gente – credo che ciò che ho fatto sia stata una cosa buona e giusta. Anche perché, va specificato, non ho fatto un lavoro in stile “cover band”: ho rifatto completamente gli arrangiamenti di almeno quaranta opere sue che ho inciso nel quattro album del ciclo De André canta De André. Che poi questo era anche un suo desiderio: dopo la tournée di Anime Salve saremmo infatti dovuti partire con un altro tour nel quale io avevo carta bianca nell’arrangiare le sue opere. Poi, purtroppo, è successo quello che è sappiamo e la cosa si è interrotta. Non l’ho però mai dimenticata tanto che dopo qualche anno ho deciso di riprendere in mano il progetto di cui questo tour rappresenta, secondo noi, il meglio nonché un modo di sentirlo vicino e farlo sentire vicino alla gente che ha sempre amato Faber».

Mio padre ha scritto delle cose così alte in quanto ad importanza, che sono diventate in qualche modo atemporali
Cristiano De André

Come è cambiata negli anni la percezione del suo lavoro?
«La cosa bella è che non è proprio cambiata. Mio padre ha scritto delle cose così alte in quanto ad importanza, che sono diventate in qualche modo atemporali. Quindi sono fresche per ogni generazione, servono a dare delle risposte a domande esistenziali che in ogni epoca molti si fanno. E questa è la cosa fantastica: che dopo tutti questi anni, contrariamente a quanto spesso accade nel mondo della musica dove la canzoni invecchiano, quelle da lui scritte rimangono sempre giovani, fresche e attuale». 

Cosa le piaceva di più del Fabrizio De André compositore?
«La sua autocritica. Era una persona che si massacrava per scrivere sempre qualcosa di alto. Non si accontentava mai di ciò che faceva. Si rimetteva sempre in discussione, spesso cestinava ciò che aveva scritto, ricominciava da capo finché non trovava davvero le parole giuste per esprimere fino in fondo ciò che aveva in mente e nel cuore. Lavorava in modo da spingersi sempre più in alto. Questa sua capacità di non accontentarsi mai è qualcosa di incredibilmente raro da trovare, ed è una prerogativa dei grandi».

Accennava poch’anzi che il tour che sabato farà tappa a Locarno è un a sorta di «best of». Non ci sono dunque particolari approfondimenti sull’opera di suo padre?
«Il vero lavoro di approfondimento l’abbiamo fatto in massima parte nei quattro dischi realizzati dal vivo. Che qui cerchiamo sostanzialmente di condensare. Certo non mancheranno delle sottolineature sia in termini di tematiche che di arrangiamenti, dei pezzi che in questi anni ci hanno convinto di più e che riteniamo particolarmente legati al momento che stiamo attraversando: ossia quelli che parlano di guerra, di temi sociali, di relazioni affettive. Diciamo che abbiamo cercato di unire le due cose».

Da parte mia c’è un album in preparazione che spero di pubblicare l’anno prossimo e di farlo seguire da un tour
Cristiano De André

In questo De André canta De André ci sarà un po’ di spazio anche per il suo repertorio?
«No, questa è una cosa che dedico totalmente a mio padre. Da parte mia c’è un album in preparazione che spero di pubblicare l’anno prossimo e di farlo seguire da un tour. Quando però mi occupo di lui è inutile che ci metta delle cose mie».

Non le è costato, per così danti anni, mettere da parte la sua carriera di autore e interprete?
«Io non sto mettendo da parte me stesso. Anche perché c’è molto di me in quello che sto facendo. Sono opere che ha composto mio padre, ma che ho vissuto nel momento in cui sono state scritte. E alle quali, quando le ho prese in mano, ho messo del mio negli arrangiamenti. Si tratta quindi di canzoni che in qualche modo sento anche un po’ mie e nelle quali credo di essere presente come musicista, arrangiatore e come autore di qualcosa. Non mi svilisco assolutamente in questo processo».

Di tutte le canzoni di suo padre su cui ha lavorato, a quale si sente più vicino?
«È una domanda alla quale è impossibile dare una risposta. Ce ne sono tante che ho particolarmente nel cuore: potrei dire Amico fragile, Verranno a chiederti del nostro amore, Marinella, ma ne dimenticherei tante altre di eguale importanza. Fare una graduatoria in tal senso mi è impossibile… Anche perché mio padre è stato un autore che non si può racchiudere in una canzone».

Glie ne suggerisco io una: Creuza de mä, che ha portato, con grande successo sul palco del festival di Sanremo...
«Non è stata una mia iniziativa: sono stato invitato da Bresh, ha deciso lui il brano e devo dire che è stata una scelta vincente. L’arrangiamento per archi... lui che cantava un’ottava sopra nel finale... In questo modo la canzone ha acquisito qualcosa in più sul fronte emotivo tanto da diventare virale ed entrare il classifica. E sono felice che grazie a questa canzone mio padre sia tornato così prepotente nel mondo della musica. Credo che se lo meriti…»