Massimo Ranieri contro l'autotune: «Ragazzi, buttate le macchine e cantate»
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L'autotune? Impedisce ai giovani di crescere. Parola di Massimo Ranieri, 73 anni, all'ottava partecipazione al Festival di Sanremo. Una competizione che vinse, nel 1988, con Perdere l'amore. L'artista napoletano, questa sera, tornerà sul palco dell'Ariston con la sua Tra le mani un cuore, brano alla cui scrittura hanno partecipato Nek e Tiziano Ferro. Una canzone, ha detto Ranieri parlando con il Mattino, che lo fa innamorare «ogni volta di più». Per, citiamo, «la melodia, ma anche per il messaggio, come si diceva una volta». E ancora: «Le immagini evocate non parlano solo, o soprattutto, di un mal di cuore, per amore, sono un invito alla solidarietà, all’accoglienza, alla disponibilità verso i cuori che soffrono. Per amore? Anche, ma pure per una malattia, per un lutto, perché costretti a lasciare la propria terra per cercare altrove un futuro migliore. Proprio noi, un popolo di emigranti, non possiamo non allungare la mano per salvarli».
Detto del suo ritorno in gara, questa sera, domani Ranieri omaggerà Pino Daniele nella serata delle cover. Accompagnato dai Neri per caso, proporrà infatti Quando. Il cuore, per certi versi, sarà comunque al centro: «Oddio, è vero, ma non ci avevo pensato che sia Pino Daniele sia Massimo Troisi sono stati traditi dal cuore. Volevo rendere omaggio al mio amico Pino, uno dei più grandi in assoluto, e al genio di Massimo, alla loro straordinaria intesa tra di loro, alla capacità di mettere una canzone al servizio di un film, un film al servizio di una canzone. Quando uscì quel brano così curioso e anomalo mi sorprese, per la sua bellezza, ma anche perché era forse la prima volta che Pino scriveva così bene anche in italiano». Con i Neri per caso, evidentemente, Ranieri canterà «senza l’orchestra». Di nuovo: «Ci sarò io in mezzo alla loro orchestra vocale».
E l'autotune? Sentitelo, a proposito dell'uso che ne fanno i giovani: «Sono cari ragazzi, alcuni di talento, anche grande, li inviterei a mettere da parte le macchine e studiare, cantare, cantare, cantare. Io sono passato dalle balere al San Carlo, senza le balere forse non avrei messo piede alla Fenice, forse non avrei meritato di metterci piede, forse non sarei stato capace di affrontare le prove artistiche della mia vita. Se qualcosa l’ho imparata, se nu’ pucurillo pucurillo so cantare, lo devo a quella gavetta. Il mio autotune sono stati i matrimoni, le feste di piazza. Papà veniva da me e mi diceva: ''In quella nota eri calante, statte accuorto Giuvanne''».