Musica

Samuele Bersani e Sfera Ebbasta, tutti fenomeni con l'Auto-Tune

L'ultimo dissing ha avuto, almeno, il merito di far discutere su un tema che da venticinque anni divide gli appassionati di musica: chi usa l’Auto-Tune può essere definito un vero cantante?
© CdT/Chiara Zocchetti
Stefano Olivari
03.08.2023 14:00

Con l’Auto-Tune può cantare chiunque, luogo comune che come tutti i luoghi comuni ha fondamenti reali. Il litigio fra Samuele Bersani e Sfera Ebbasta, proprio sul tema Auto-Tune, ha avuto almeno il merito di far discutere su un tema che da venticinque anni divide gli appassionati di musica: chi usa l’Auto-Tune può essere definito un vero cantante?

Sfera come Icaro

L’ennesimo episodio di questa estate musicale in cui la grande tendenza è il dissing dei poveri, come già scritto dal Corriere del Ticino, è partita da un video. In cui c’è Sfera Ebbasta che in concerto, a Francavilla al Mare, canta in maniera penosa la sua Bang Bang dopo che per un problema tecnico gli si è staccato l’Auto-Tune. Ad accendere il dissing, che arriva dopo quelli fra Salmo e Luché e fra Paolo Meneguzzi e J-Ax, è stato Bersani che in un post ha preso in giro la scarsezza tecnica e vocale dei trapper: «Mi hanno girato un video dove a uno di questi semidei contemporanei della rima cantata si stacca l’Auto-Tune per qualche secondo sul palco, ed è stato come vedere Icaro colare a picco. Hai voglia a sbattere ali di cera…». Sfera Ebbasta non è citato per nome, ma lui e i suoi fan l’hanno presa male lo stesso e così è partito il botta e risposta fra due mondi differenti, come generazione e anche come numeri, visto che a livello di streaming Sfera Ebbasta vale dieci volte Bersani. Insomma, appena si critica un trapper prendersi dell’invidioso o, peggio ancora, del boomer è quasi scontato: l’autoironia non fa parte di questo genere musicale. Questo non significa che sia scontato il tema Auto-Tune, visto che sta alla base di tanta musica pop di oggi, senza steccati di genere o di età.

L'Auto-Tune

Anche molti giovani si fanno la domanda boomerissima su cosa sia esattamente l’Auto-Tune. Che è invenzione recente ma non recentissima: è infatti dal 1997 che questo software statunitense, creato da Andy Hildebrand rielaborando un programma per la rilevazione di dati sismici, corregge l’intonazione dei cantanti. Prima lo ha fatto nelle registrazioni in studio e poi la cosa è scappata di mano con le esibizioni live. L’Auto-Tune nelle versioni di oggi non si limita poi a correggere l’intonazione ma è usato anche per distorcere le voci e quasi crearle: di fatto è quindi scomparso il fenomeno di anonimi e bravi coristi che prestavano, si fa per dire, la voce ai grandi nomi. Per non parlare dei cantanti che proprio si sostituivano ad altri, cosa che nell’era del playback era comunissima. L’Auto-Tune non è da confondersi con il Vocoder, che per dirla in maniera grezza serviva soltanto a creare quell’effetto robotico nella voce (esempi supremi i Kraftwerk e gli Alan Parson Project). In ogni caso, al di là degli aspetti tecnici, l’uso dell’Auto-Tune è sempre stato visto come un disonore, una vergogna da nascondere. La novità portata dai trapper come Sfera Ebbasta non è quindi l’uso dell’Auto-Tune, ma il rivendicarlo. Detto questo, nemmeno le migliori app di Auto-Tune (fra le più scaricate Voloco e TuneMe) possono trasformare in tenore chi al naturale canta come un cane.

Da Cher a oggi

Il primo cantante di nome a usare l’Auto-Tune è quanto di più lontano dai trapper esista, cioè Cher. La sua Believe, del 1998, è insieme a Only God Knows Why di Kid Rock considerata l’inizio della nuova era, proseguita con i Radiohead e altri, fino a quando con un certo tipo di hip hop questa novità è diventata quasi uno standard: Kanye West, Lil Wayne e Snoop Dogg sono stati i profeti di questa tecnologia applicata alla voce, creando un sottogenere musicale nuovo e non soltanto la correzione di un errore o una trovata estemporanea. L’Auto-Tune è diventato quindi una sorta di marchio identitario, al di là del fatto che Sfera Ebbasta sia davvero stonato. Nel suo senso per così dire antico, quello di dare sicurezza ai cantanti ed evitare le stecche, è usato comunque anche fuori dall’hip hop, da tanti grandi del pop: da Britney Spears a Justin Bieber, da Lady Gaga a Beyoncé, da Katy Perry a Justin Timberlake, da Billie Eilish a Faith Hill, per non fare i soliti esempi italiani, dai trapper ai vari Blanco e Madame. Come si nota, in alcuni casi si tratta di artisti che saprebbero cantare bene in maniera naturale, ma nella maggior parte dei casi no. Viene in mente la Orietta Berti di qualche anno fa: «Chi non sa cantare cambi mestiere».

I partiti

La discussione, come nel suo piccolo dimostra anche il dissing Bersani-Sfera, è molto ideologica. E non a caso si sono formati fra i cantanti, con al seguito i loro fan più ottusi, tre grandi partiti: quello dell’Auto-Tune come scelta stilistica o necessità, quello forse maggioritario del «si fa ma non si dice», e quello di chi sa cantare sul serio e ci tiene a farlo sapere a chi non è capace. Di questa ultima fazione i principali esponenti sono Jay-Z, che addirittura ha scritto una canzone come D.O.A. (Death of Auto-Tune), Michael Bublé (che però in studio a volte ne fa uso) e Christina Aguilera, oltre che quasi tutti i cantanti country, con l’eccezione della citata Faith Hill, che però lo utilizza solo come paracadute. Chiaramente in Italia, vista la diversa tradizione, gli iscritti ufficiali al partito anti Auto-Tune sono molto numerosi ma certo non fra i giovani. Al di là di come la si pensi, in sala di registrazione l’Auto-Tune è usato da tutti e infatti la principale critica musicale, al netto dell’antipatia per questo o quel cantante, non verte sull’onestà ma sul fatto che renda le voci molto simili, sacrificando l’originalità e l’identità sull’altare dell’intonazione. Certo tanti concerti sono diventati una mezza truffa, per certi versi era quasi più onesto il trashissimo playback. L’iniziativa Live means live, a cui hanno aderito grossi nomi come Ed Sheeran ed Ellie Goulding, significa proprio questo.