Notte degli Oscar con sorpresa: vince «Parasite»
Sorpresa alla notte degli Oscar 2020. A Los Angeles, a dispetto della maggior parte dei pronostici, è stato incoronato come miglior film «Parasite» del sudcoreano Bong Joon-ho, già Palma d’oro a Cannes. Il film ha vinto la statuetta anche come miglior film straniero e miglior regia. Una conquista storica, poiché, in effetti, è la prima volta che un film in lingua non inglese viene incoronato con il più prestigioso dei premi di Hollywood, nei 92 anni della storia della statuetta consegnata dall’Academy. L’opera del sudcoreano Bong Joon-ho, nella cui colonna sonora è anche stata inserita «In ginocchio da te» di Gianni Morandi, porta a casa in totale quattro Oscar, aggiungendo a quelli per la regia e per il miglior film anche quello per la miglior sceneggiatura originale.
Quella del «noir» recitato in lingua originale è stata la vera sorpresa della serata al Dolby Theatre di Los Angeles, aperta da Spike Lee con un omaggio, nello smoking viola e oro con scritto 24, a Kobe Bryant, il gigante del basket morto due settimane fa in un incidente di elicottero.
Statuette per Phoenix, Zelweger, Pitt e Dern
Ad aggiudicarsi il titolo di migliori attori protagonisti, poi, sono Joaquin Phoenix, che interpreta il Joker nel film di Todd Phillips (pellicola che ha vinto anche per la miglior colonna sonora originale) e Renee Zellweger (per il film «Judy»), mentre quello di attori non protagonisti va a Brad Pitt (per il ruolo in «C’era una volta a...Hollywood» di Quentin Tarantino) e Laura Dern (per «Storia di un matrimonio»).
«Dobbiamo lottare contro l’idea che una razza, un’idea, sia dominante rispetto a qualcuno impunemente», ha detto Phoenix nel suo discorso al Dolby Theater, spiegando che il dono più grande che gli ha dato il cinema «è quello di poter dare voce a chi voce non ce l’ha». Phoenix inoltre ha lanciato un appello a lottare a favore dei «diritti» contro «le diseguaglianze di genere, il razzismo, o la discriminazione Lgbt. Siamo così disconnessi dalla natura, con un punto di vista egocentrico - ha sottolineato - che andiamo nella natura e la distruggiamo. Commettiamo crimini contro gli animali. Abbiamo paura dell’idea di cambiare, ma dovremmo usare l’amore e la compassione come principi di guida». Poi citando parole di una poesia scritta dal fratello River quando aveva 17 anni: «Corri verso il rifugio con amore e la pace seguirà».
Renee Zellweger dal canto suo ha citato «l’unicità e l’eccezionalità di Judy Garland» che mai ha ricevuto l’onore della statuetta.
Altri premi e il tema del gender gap
Elton John ha vinto per la miglior canzone originale di «Rocketman», Jacqueline Durran per i costumi di «Piccole Donne», il film di Greta Gerwig snobbato alle nomination per la miglior regia (ma un omaggio alle donne registe lo ha fatto Natalie Portman con i lori nomi ricamati su una cappa di Dior indossata sul red carpet).
A «1917», il favorito della vigilia, sono andati alcuni premi tecnici e la miglior fotografia di Roger Deakins.
Fuori dai premi, nonostante le 10 candidature, «The Irishman» di Martin Scorsese: il regista è stato citato più volte dai premiati, in particolare dal regista sudcoreano.
Sullo sfondo durante tutta la cerimonia il tema delle donne e del gender gap ad Hollywood. Sigourney Weaver con Brie Larson e Gal Gadot hanno parlato delle «donne super eroine, in questa serata in particolare. Dopo lo show facciamo un Fight Club, tutti gli uomini sono invitati: chi perde deve rispondere alle domande dei giornalisti su come si sente una donna ad Hollywood», presentando la prima donna direttrice d’orchestra in 92 anni di Notte degli Oscar: Eimear Noone.
A vincere per la colonna sonora è stata giusto appunto una donna: l’islandese Hildur Guonadottir per «Joker». Per lei standig ovation dalla platea: «Abbiamo bisogno di far sentire la nostra voce», ha detto rivolta alle donne.
La delusione per Netflix
Nonostante le 24 candidature, Netflix ha incassato una delusione: oltre alla Dern ha vinto con il documentario «American Factory» prodotto da Michelle e Barack Obama: in italiano «Made in Usa - Una fabbrica in Ohio» di Steven Bognar, Julia Reichert e Jeff Reichert, il film è il primo sfornato da Higher Ground, la società dell’ex presidente e della moglie che si sono congratulati con i registi «per aver raccontato una storia così complessa e commovente sulle conseguenze molto umane del difficile cambiamento economica».
Nel bilancio finale: due statuette per Quentin Tarantino e «C’era una volta a ...Hollywood» che aveva 10 nomination e due su 11 per «Joker» di Todd Phillips.