Biografie

Paracelso, l’alchimista che cambiò la medicina

Il viaggio attraverso l’Europa dello studioso svizzero che anticipò la scienza moderna
Paracelso (1493-1541) in un notissimo ritratto di Rubens.
Piero Capone
24.01.2019 06:00

Era il 24 giugno del 1527, quando un professore di fisica, medicina e chirurgia dell’Università di Basilea, bruciava in piazza davanti ai suoi studenti, i libri di Galeno e Avicenna, all’epoca considerati i «sacri testi» della medicina: un gesto che fece inorridire i colleghi, a tal punto che l’autore del misfatto si vide costretto, nel febbraio dell’anno successivo, ad abbandonare la città.

Quell’uomo era Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim, detto Paracelso (latinizzato in Paracelsus, secondo lo spirito classicizzante del tempo, che significa «dimora elevata» o «verso il cielo», nome d’arte che, sembra, egli stesso si attribuì durante la sua permanenza a Basilea durata ben 17 anni). Nato nel 1493 a Einsiedeln vicino a Svitto, Paracelso era molto amato e ammirato dai suoi studenti di Basilea che lo consideravano un vero sapiente. Noi oggi diremmo un «mago» oppure uno «stregone» dal punto di vista dei gelosi e sospettosi colleghi. Ma di certo fu un personaggio unico, un medico ispirato da studi sugli astri, filosofici e naturalistici. Paracelso, convinto che in natura si potesse trovare la cura per ogni malattia, sviluppò la teoria dei simili, secondo cui la malattia può essere curata con la stessa sostanza che l’ha causata «perciò Paracelso è oggi considerato anche il precursore dell’omeopatia di Hahnemann», spiega Pierangelo Garzia, saggista e comunicatore dell’Istituto Auxologico milanese. Paracelso si occupava anche di cabalismo, occultismo e alchimia. E diceva, con un certo disprezzo verso la «categoria» che più che dai medici precedenti, aveva imparato dall’esperienza pratica sul campo, nei suoi numerosi viaggi. Si recò in Germania e in Italia (nella penisola comunque frequentò l’Università di Bologna, famosa per la scuola di chirurgia di Berengario da Carpi e sembra conseguì anche una laurea all’Università di Ferrara). Poi andò in Spagna, Francia, Olanda, Russia e nei Paesi scandinavi. A Costantinopoli e, si disse, anche in India. Fece il chirurgo militare nell’esercito di Cristiano II di Danimarca e in quello veneziano. Poi con il contingente svizzero nella battaglia di Pavia (24 febbraio 1525). In Germania, nonostante avesse risolto alcuni casi considerati incurabili, servendosi solo di laudano e mercurio, i medici di Norimberga lo denunciarono come ciarlatano e impostore, senza però riuscire a «farlo fuori» come medico.

Decisivo fu per Paracelso anche il suo imprinting di origine paterna. Figlio del medico tedesco Wilhem Bombast Von Hohenheim, fu battezzato Teofrasto in omaggio al vecchio naturalista Teofrasto Tyrtamos. Durante le passeggiate nei boschi di Einsiedeln con il padre, conobbe l’amore per la natura. E nel laboratorio paterno poté assistere a esperimenti di fisica e chimica. E così che in seguito egli rivolgerà la sua attenzione ai minerali, alla loro trasformazione e al sogno alchemico di creare metalli nobili, come l’oro. Un interesse sostenuto anche dal fatto che al padre Wilhem venne affidata la cattedra di chimica presso la Scuola Mineraria di Villach in Carinzia. La scuola era situata poco lontano da una miniera di piombo. Il che consentiva al dottor Wilhem di controllare la salute dei minatori e studiarne le loro malattie. Paracelso quindi erediterà dal padre anche le prime conoscenze delle malattie professionali: durante il suo viaggio in Svezia, si dedicherà infatti allo studio delle malattie respiratorie dei minatori. Divenendo, quindi, un antesignano della medicina del lavoro. Nella vita di Paracelso non ci furono donne. Vedeva nel celibato il modo migliore per dedicarsi completamente alla missione di curare gli ammalati. I suoi detrattori sparsero la voce che la castità avesse ben altra ragione: una scrofa gli avrebbe asportato i testicoli durante un oscuro rito di stregoneria.

Durante il soggiorno a Basilea Paracelso incontrò Trithemius, abate di Sponheim, alchimista e cultore di scienze occulte; un incontro determinate: dopo avere lasciato Basilea, proseguì infatti gli studi di occultismo a Württemberg, suscitando non pochi malumori nella popolazione, preoccupata per le strane attività notturne di quell’eccentrico studioso. Ancora quell’ombra lunga della stregoneria. Ritornato in Svizzera, a San Gallo nel 1531, proprio durante le dispute religiose sorte in seguito alla riforma di Lutero, Paracelso incontra Bartolomeo Schobinger, esperto alchimista.

«Una cosa è sicura» fa notare Garzia: «con Paracelso la medicina tradizionale, che prima di allora si basava esclusivamente sulla conoscenza del mondo vegetale, rivolge lo sguardo anche al regno minerale per la cura di alcune malattie. L’importanza che Paracelso attribuiva ai metalli e ai minerali nella preparazione dei medicamenti, fa di lui il fondatore della “iatrochimica”, ossia quella disciplina che anticipa la terapia medica con farmaci chimici e getta un ponte dall’alchimia alla chimica, fino alla biochimica». Secondo la iatrochimica l’organismo umano è regolato da reazioni chimiche che, se non in equilibrio fra loro, sono causa di malattie curabili, quindi, con sostanze chimiche. Tre di queste, lo zolfo, il mercurio e il sale, fra loro in equilibrio, sono fondamentali per la salute umana. Paracelso è inoltre convinto del potere occulto dei minerali, dei talismani metallici e crede che un composto di vari metalli, l’electrum, sia utile per curare l’epilessia. Capisce anche l’importanza dei fattori ereditari, ma che sono pur sempre influenzati dagli astri.

Ormai in aperta contrapposizione con le opere dei grandi maestri dell’antichità, (Ippocrate, Celso, Galeno e Avicenna), Paracelso elabora la teoria degli enti o sfere che influenzano la vita degli esseri umani. Fra questi, l’Ens seminis che condiziona la riproduzione, e l’Ens Proprietatis, che influisce sul carattere. Tutte le sfere sono regolate in armonia dall’Ens Dei, l’Ente superiore.

Tutta la vita di Paracelso ha oscillato fra l’interesse per la ricerca scientifica, l’occultismo, la magia e l’alchimia. Quest’ultima, nata nell’antico Egitto, e rielaborata dagli arabi, durante il Medioevo raggiunge il culmine e ancora riecheggia alle soglie del Rinascimento. L’alchimia, «madre» della chimica, era per Paracelso una disciplina che univa la scienza al mistero, il visibile all’occulto e la medicina alla magia. Viaggiò fino alla fine dei suoi giorni e morì a Salisburgo il 24 settembre 1541.

Oggi il «medico-stregone» è stato completamente riabilitato e riconosciuto come una delle figure più significative del Rinascimento, soprattutto come uno dei padri della moderna medicina per avere contribuito a sgretolare vecchi dogmi medievali, favorendo in tal modo lo sviluppo delle scienze umane.