Pasqua ortodossa, un’unica fede ma due festività

La Pasqua è senza dubbio la più importante delle feste cristiane, e come tale è celebrata da tutte le confessioni che riconoscono Gesù come figlio di Dio. La data però non è sempre la stessa: mentre quella cattolica quest’anno è stata festeggiata il 4 aprile, la ricorrenza ortodossa cade oggi, 2 maggio.
Nella maggior parte degli anni, le chiese cristiane occidentali e quelle ortodosse orientali, infatti, festeggiano la Pasqua in giorni differenti (risale al 2017 l’ultima volta in cui cattolici e ortodossi festeggiarono lo stesso giorno: il 16 aprile) e la discrepanza, ancora oggi, è vista come problematica dal Consiglio ecumenico delle Chiese, che osserva che «È stato a lungo riconosciuto che celebrare questo aspetto fondamentale della fede cristiana in date differenti offre una testimonianza divisa e compromette la credibilità e l’efficacia delle chiese nel portare il Vangelo nel mondo».
A cosa è dovuta, quindi, questa differenza?
Il nocciolo della questione è il calendario di riferimento. Si parte dal presupposto che la Pasqua è celebrata sempre di domenica, perché secondo le sacre scritture il sepolcro vuoto di Gesù Cristo fu scoperto il giorno dopo il sabato. Per calcolare il giorno esatto tuttavia, ogni anno, si tiene conto del calendario lunare: il giorno di Pasqua cade infatti, sempre secondo le scritture, la domenica successiva al primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera.
Se per i cattolici si tratta quindi della domenica successiva al primo plenilunio dopo il 21 marzo (che non è la data reale e astronomicamente corretta per l’equinozio di primavera), per la fede ortodossa, che fonda le sue ricorrenze sul calendario giuliano, la data cambia. L’equinozio giuliano di fatti non cade lo stesso giorno di quello gregoriano. La Chiesa orientale, poi, stabilisce la data di Pasqua secondo la luna piena e l’equinozio astronomico, osservati lungo il meridiano di Gerusalemme, luogo della Crocifissione e resurrezione di Cristo. Ma applica anche la regola secondo cui la Pasqua non può cadere prima della Pasqua ebraica (ossia, il giorno in cui gli ebrei celebrano la liberazione del popolo ebraico dall’Egitto e il suo esodo verso la Terra Promessa, che si festeggia appunto durante il primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera). Questo in virtù del fatto che la Crocifissione e resurrezione di Cristo sono avvenute dopo il suo ingresso a Gerusalemme per celebrare la Pasqua ebraica. Nella Chiesa occidentale, invece, la Pasqua a volte precede quella ebraica di qualche settimana.
Una questione tuttora aperta
È dai tempi del Concilio Vaticano II, inaugurato da Papa Giovanni XXIII nel 1959 e concluso dal suo successore Papa Paolo VI nel 1965, che si parla di trovare un accordo per una data comune per la Pasqua. Uno dei temi principali di quel concilio fu proprio l’unità di tutti i cristiani. Ancora nel 2015 Papa Francesco era tornato sull’argomento, dicendosi disposto alla ricerca di una soluzione condivisa. E anche da parte degli ortodossi è stata dimostrata disponibilità e apertura. Ma le difficoltà permangono.
Di recente tuttavia l’arcivescovo ortodosso Igor Getcha di Telmessos, che è anche rappresentante permanente del Patriarcato presso il Consiglio ecumenico delle Chiese e decano dell’Istituto per gli studi superiori di teologia ortodossa, ha lanciato l’idea di unificare i festeggiamenti a partire dal 2025. Quell’anno infatti la Pasqua cattolica coinciderà con quella ortodossa (sarà il 20 aprile). Nel 2025 cade pure il 1.700esimo anniversario della conclusione del Concilio di Nicea, il primo concilio ecumenico cristiano, voluto dall’Imperatore Costantino nel tentativo di ristabilire l’unità religiosa minata dalle varie correnti dogmatiche. Quale migliore occasione, quindi, per stabilire una data comune e definitiva per celebrare la Pasqua? Quale data e come stabilirla, restano per ora questioni da dibattere.