Storia

Quando l’Italia fascista invase l’Albania

Ottant’anni fa Mussolini decideva di annettersi con la forza il Paese delle aquile
Benito Mussolini in visita in Albania nel 1941.
Roberto Festorazzi
05.04.2019 06:00

Il 7 aprile 1939, ottant’anni fa, l’Italia invadeva l’Albania, contribuendo con ciò a creare uno dei prodromi della Seconda guerra mondiale che sarebbe scoppiata di lì a pochi mesi.

Imitando il suo emulo Hitler, che aveva liquidato per le vie spicce Austria e Cecoslovacchia, Benito Mussolini volle sferrare l’attacco al Paese delle aquile facendo sfoggio di potenza bellica. In realtà, il Duce non fu assolutamente soddisfatto delle modalità, a suo giudizio tutt’altro che fulminee, dell’occupazione, giacché i suoi generali, disobbedendo agli ordini, indugiarono parecchie ore prima di giungere alla capitale, Tirana.

I diari di Claretta Petacci, la favorita del dittatore, raccontano infatti di un Mussolini che impreca e perde le staffe, imbufalito per l’insubordinazione dei militari. L’Albania, tuttavia, era un fin troppo facile boccone, per il novello Cesare di Roma che si dimostrava avido di trofei.

Già dopo la Grande Guerra, la piccola nazione fu sottoposta all’influenza italiana, tanto da divenire una sorta di protettorato. Appena il tricolore sventolò su Tirana, il sovrano, Zog, fuggì in Grecia. E già il 12 aprile 1939, un’assemblea di notabili locali, offrì la corona al re d’Italia, Vittorio Emanuele III di Savoia.

Mussolini conquistò l’Albania, perché aveva mire sui Balcani: non per nulla alla fine di ottobre del 1940, attaccò la Grecia, in quella che fu la più disastrosa campagna militare italiana dell’intero conflitto mondiale.

Già durante il successivo mese di dicembre, la controffensiva ellenica mise in scacco l’esercito tricolore: le truppe nemiche occuparono un terzo del territorio albanese.

Nel marzo seguente, Mussolini stesso dovette recarsi al di là dell’Adriatico per rincuorare i suoi demoralizzati soldati.

Soltanto l’intervento dell’alleato tedesco, nell’aprile del 1941, valse a scongiurare la totale disfatta.

L’esercito germanico penetrò dal confine bulgaro, con una manovra di aggiramento della linea difensiva Metaxas. Gli italiani, contrattaccando dall’Albania, si congiunsero quindi con le operazioni della Wehrmacht e il 20 aprile la Grecia fu costretta a chiedere l’armistizio.

Ma torniamo al blitz contro Tirana del 1939. L’annessione della piccola nazione schipetara nasconde un retroscena, poco noto anche agli storiografi.

Esso racconta la forte preoccupazione, se non il panico, che colse il governo greco, il quale, ben conoscendo le ambizioni di Mussolini, temette che all’attacco dell’Albania, potesse seguire un’estensione delle operazioni belliche in territorio ellenico.

L’episodio è documentato nelle raccolte di carte diplomatiche e militari su cui il Terzo Reich mise le mani, già nella prima parte del secondo conflitto mondiale, nelle nazioni occupate. Questi dossier, pubblicati in tirature limitatissime, e tradotti in varie lingue, divennero oggetto di una campagna informativa e propagandistica germanica tendente a dimostrare che le vere guerrafondaie fossero le potenze nemiche, specie Francia e Gran Bretagna.

Ciò che qui preme illustrare è una nota rinvenuta al ministero degli Esteri francese, dopo la conquista di Parigi da parte delle armate hitleriane, nel giugno del 1940. Il raro, e, ripetiamo, poco conosciuto documento, datato 12 aprile 1940, così recita: «Il 9 di aprile il ministro di Grecia si è presentato a Lord Halifax [capo del Foreign Office inglese, ndr] per intrattenersi con lui nei riguardi di una informazione pervenutagli, secondo la quale l’Italia avrebbe avuto l’intenzione di occupare Corfù il 10 di aprile. Il ministro di Grecia ha chiesto a Lord Halifax quale sarebbe stato in tal caso l’atteggiamento dell’Inghilterra. Lord Halifax ha risposto che avrebbe sottoposto la questione al gabinetto e che avrebbe avvertito con la massima rapidità il ministro di Grecia della decisione presa. Questa informazione proviene da un uomo di fiducia, assolutamente degno di fede, che è rientrato oggi da Londra e che mantiene rapporti intimi con la legazione dei Paesi balcanici».

I timori ellenici

Dunque, il passo diplomatico compiuto, direttamente presso il titolare del dicastero degli Esteri del Regno Unito, manifestava le paure del Governo ellenico, dopo la conquista italiana dell’Albania.

Perché Atene temeva soprattutto l’aggressione a Corfù? L’isola greca costituiva un nervo scoperto, nelle relazioni con Roma.

Vi era stato un precedente, nell’estate del 1923, quando una missione militare italiana, inviata per conto delle potenze alleate per delimitare il confine greco-albanese, era caduta vittima di un’imboscata, a Giannina, città dell’Epiro. Nell’eccidio, era perito anche il comandante della missione, il generale Enrico Tellini. Mussolini, al potere soltanto da pochi mesi, reagì con un ultimatum, in cui chiedeva ad Atene scuse ufficiali e atti di riparazione molto severi. Il Governo ellenico respinse ogni responsabilità nel massacro, e il Duce rispose inviando, alla fine di agosto, una squadra navale a bombardare e occupare Corfù.

Soltanto alla fine del successivo mese di settembre, l’isola fu evacuata dalle truppe italiane, a seguito di una mediazione diplomatica internazionale.

Rimane ora da spiegare la ratio della manovra compiuta dal rappresentante del governo greco, a Londra, e le conseguenze, nulle, che essa sortì.

Atene, evidentemente, desiderava incassare la garanzia britannica che, a un atto di guerra unilaterale compiuto dall’Italia nel proprio territorio, sarebbe seguita una proporzionata reazione da parte inglese. Ma Lord Halifax, pur impegnandosi a fornire una risposta al ministro greco, sapeva già di non per rilasciare alcuna assicurazione di quel tipo.

Il Governo di Londra, infatti, stava consumando gli ultimi scampoli della stagione dell’appeasement (vale a dire, la politica volta a ricercare intese a oltranza con i dittatori), e non aveva alcun interesse a contrastare l’espansionismo fascista. Appena nel gennaio di quello stesso 1939, infatti, Halifax, accompagnato dal premier conservatore Neville Chamberlain, era giunto a Roma, per compiere un’ampia consultazione con il Duce, durata alcuni giorni.

Lord Halifax, del resto, era uno dei più tenaci assertori dell’appeasement, tanto da rappresentare l’esponente di punta di quella tendenza nel gabinetto di Sua Maestà.

Risultato: all’occupazione dell’Albania, fece seguito una flebile e anodina protesta inglese, mentre nessun impegno venne assunto dal Governo britannico per salvaguardare l’integrità territoriale della Grecia.