Quanto si guadagna con lo streaming?

Lo streaming nel 2023 ha rappresentato l’84% del fatturato dell’industria musicale, per questo la megamulta comminata a Apple dall’Unione Europea, 1,8 miliardi di euro, è abbastanza credibile se si dà per scontata, cosa che non è, la colpevolezza di Apple e se si conosce la dimensione del mercato mondiale dello streaming: ormai 4.000 miliardi di stream all’anno, con tendenza alla crescita. Ma al di sotto dei grandi discorsi politici ed economici, la vera domanda rimane questa: chi vive o intende vivere di musica quanto può guadagnare dallo streaming?
Apple
Lunedì scorso Margrethe Vestager ci è andata giù pesante: «Per un decennio Apple ha abusato della sua posizione dominante nel mercato della distribuzione di app di streaming musicale attraverso l’App Store. Lo ha fatto impedendo agli sviluppatori di informare i consumatori sui servizi musicali alternativi al di fuori dell’ecosistema Apple». Le parole della vicepresidente della Commissione Europea non hanno bisogno di traduzione, ma semplificando ulteriormente si può dire che buona parte della fortuna di Apple nello streaming musicale ed in altri settori (si pensi soltanto ai videogiochi) dipenda dal fatto di impedire alle app, ed in particolare a Spotify, di creare un filo diretto con i consumatori, quindi costringendole sempre a passare attraverso Apple (che di solito trattiene il 30% di quanto pagato da noi). Piccolo particolare, ricordato da Apple: Spotify non è un ragazzino che sviluppa la sua app nella cameretta, ma un colosso che controlla il 56% del mercato dello streaming musicale e nel suo boom l’App Store è stato decisivo.
Spotify
Venendo a chi crea musica, come fa a guadagnare attraverso Spotify? Analizzando i dati di fine 2023, si vede che in media l’azienda nata in Svezia dall’intuizione di Daniel Ek paga gli artisti in media 0,004 dollari a stream, cioè 4 millesimi di dollaro per ogni canzone ascoltata, che corrispondono ad una divisione delle revenue con una proporzione 70 a 30, 70 gli artisti e 30 Spotify, un po’ una replica di quanto accade nel mondo Apple. Precisazione: ‘artisti’ sta per ‘detentori dei diritti’, quindi non soltanto gli autori della canzone ma anche case discografiche, proprietari della registrazione (ad esempio nel caso di live o spettacoli televisivi) ed eventuali altre figure. Non si può generalizzare, ma di solito gli autori della canzone se va bene incassano da ogni ascolto su Spotify circa un millesimo di dollaro. Gli stream che entrano nel calcolo riguardano ascolti per 30 secondi o più, un paletto importante come quello che per generare royalty bisogna avere almeno 1000 stream in un anno. Nella sostanza tanti musicisti di nicchia non riescono ad incassare un solo dollaro, ma con i loro microascolti contribuiscono a fare massa e ad accrescere il fatturato di Spotify. Ma parlando di canzoni famose si può tenere a mente questa proporzione: un milione di stream genera per i detentori dei diritti poco più di 4.000 dollari di fatturato. Non si può essere più precisi, perché le revenue dipendono anche dal fatto che vengano da abbonamenti premium e dalla provenienza geografica dell’utilizzatore.
La musica inutile
Una recente analisi dell’IFPI (Industrial Federation of the Phonographic Industry) dimostra che non per gli autori di canzoni l’età dell’oro sarebbe quella che stiamo vivendo, perché è vero che percentualmente si guadagna meno rispetto all’era degli acquisti fisici, del vinile e del CD, ma lo si fa su numeri molto più grandi: in un quinquennio la remunerazione degli artisti è salita del 96%, quella delle case discografiche del 63%. Lo streaming musicale è un mercato che nel 2023 è cresciuto del 15%: nella sola Italia l’anno scorso ci sono stati 71 miliardi di stream, con ben 793 album che hanno superato la soglia dei 10 milioni di ascolti. Interessante è notare che all’inizio del 2024 sulle varie piattaforme di streaming, nel mondo, erano presenti nella media 184 milioni di brani musicali e che ogni giorno se ne aggiungono circa 120.000. Di questi 184 milioni nel 2023 ben 158,6 hanno avuto 1000 riproduzioni o meno. Addirittura 45,6 milioni di brani non hanno avuto alcuna riproduzione, cioè nemmeno gli autori stessi hanno sentito il bisogno di ascoltare ciò che hanno messo in rete. In altre parole, si ascolta sempre più musica ma gran parte della musica che c’è in rete non interessa a nessuno o comunque nessuno sa che esista. Musica inutile.
Meglio i concerti dal vivo
Cosa dovrebbe fare quindi un musicista intenzionato a guadagnare con la sua musica? Torniamo all’inizio, cioè a Apple, visto che Apple Music è la piattaforma che paga meglio gli stream, 0,009 euro l’uno. Questo significa che per guadagnare un euro i detentori dei diritti devono su Apple totalizzare 112 stream, contro i 139 di YouTube Music (0,0072 a stream), i 250 di Spotify e i 278 di Amazon. Come è evidente, a qualsiasi livello gli artisti guadagnano molto di più dall’attività live (in media l’80% degli incassi, ma anche qui c’è il trucco perché spesso la casa discografica è cointeressata: va in perdita sui dischi per recuperare sul live) che dallo streaming. Per non fare esempi troppo lontani dalla nostra realtà, con la Taylor Swift della situazione, vediamo cosa hanno guadagnato dallo streaming i brani più ascoltati sul mercato italiano nel 2023: vince Cenere, di Lazza, con 313.000 euro (non tutti di Lazza, come abbiamo visto), davanti alla Due vite di Mengoni (217.000) e alla Supereroi di Mr.Rain (190.000). Nel 2024 a chi ha un repertorio conviene fare concerti, lanciando un singolo ogni tanto. E possibilmente presentarlo a Sanremo.