Saggi

Quelle narrazioni di comodo alla radice della crisi italiana

Il nuovo affilato pamphlet di Ferruccio de Bortoli mette a nudo, alla luce delle conseguenze della pandemia, le ipocrisie e i falsi alibi del sistema politico ed economico del Belpaese che impediscono un’autentica ripresa nazionale
Ferruccio de Bortoli (Milano, 1953) è editorialista del nostro giornale e del «Corriere della Sera» di cui è stato a due riprese direttore.
Matteo Airaghi
Matteo Airaghi
18.01.2021 22:08

Il tempo stavolta è scaduto davvero. Se nella sua penultima fatica editoriale Ferruccio de Bortoli aveva potuto, almeno nel titolo, rassicurare i suoi connazionali (Ci salveremo, Garzanti 2019) questa volta il nostro apprezzato editorialista, già direttore del «Corriere della Sera» e de «Il Sole 24Ore», con il tagliente pamphlet Le cose che non ci diciamo (fino in fondo), sempre edito da Garzanti, subordina l’auspicata e sempre possibile riscossa nazionale ad una condizione non più rinviabile od eludibile: quella di smetterla con le narrazioni di comodo che intorbidano e confondono il già depresso sistema Italia. Con classe, garbo, competenza e lo stile da giornalista di razza che ben conosciamo, de Bortoli individua il peccato originale del Belpaese nelle verità non dette o non dette fino in fondo: «Al nostro discorso pubblico - scrive nel libro- manca sempre un pezzo di verità Magari semiconosciuta. Mai del tutto esplicitata L’importante è raggranellare qualche briciola di consenso, soddisfare gli appetiti di gruppo, le richieste di categoria, tirare la fine del mese o dell’anno. Al diavolo la coerenza, tanto la memoria si sfarina subito». Una filosofia nazionale perfetta per costruire una annosa e inesorabile narrazione di comodo che esenta gli italiani da qualsiasi responsabilità personale e collettiva ma che ora di fronte alla crisi epocale che il mondo intero si trova ad affrontare è giunto il momento di smascherare e denunciare con coraggio, senso civico e amore per il proprio Paese. E con lucidità, capacità di analisi e un approccio di umanistico buon senso anche alle più complicate questioni economiche, de Bortoli porta al pettine alcuni dei nodi che frenano inesorabilmente l’Italia, senza fare sconti a nessuno: «Perché non ci diciamo fino in fondo - denuncia - che spendiamo più di quanto dovremmo, senza preoccuparci della crescita del debito pubblico; che non possiamo vivere di sussidi statali senza creare reddito; che è illusorio voler difendere l’occupazione finanziando con i soldi dei contribuenti aziende senza futuro. La crescita del capitale umano viene spesso trascurata, la cultura scientifica è poco diffusa, e dilaga un antieuropeismo populista privo di solide ragioni economiche. Ma è solo recuperando lo spirito migliore che da nord a sud abbiamo dimostrato nelle dure settimane di autoreclusione che possiamo affrontare una volta per tutte le nostre lacune per tornare ad avere fiducia nel domani, autentico propellente per una forte ripresa nazionale». E non credano i nostri lettori di poter valutare le analisi puntuali e competenti di de Bortoli con elvetico distacco. Certo, il libro parla nello specifico di Italia e di anomalie e storture tipicamente e storicamente italiane ma le tesi e le argomentazioni debortoliane hanno nella loro solidità e capacità di visione d’insieme il respiro ampio dell’universalità e la forza di una ragionevolezza che le rende interessanti e applicabili anche a realtà, in parte diverse, da quelle circoscritte ai confini nazionali. Senza trascurare il fatto che nel libro il nostro editorialista non manca di fare esempi, confronti e riferimenti direttamente legati alle esperienze svizzere e ticinesi. E poi come è possibile non appassionarsi, da svizzeroitaliani, a pagine bellissime come quelle dedicate con autentico amore dall’economista-umanista de Bortoli alle vicende della sua Milano «città anseatica»? Alla storia di successo e di progresso del capoluogo lombardo raccontata attraverso alcuni dei suoi protagonisti e al confronto con lo smarrimento odierno nella speranza e nell’attesa di quei miracoli che solo all’ombra della Madonnina possono accadere? O ancora è facile rimanere sgomenti a riflettere, immedesimandosi, leggendo le pagine più preoccupanti del saggio: quelle in cui il grande giornalista guarda con angoscia al futuro spiegando, senza troppi complimenti, i danni che il mondo della scuola e, quindi, i cittadini di domani subiscono a causa della pandemia a proposito dei quali il segretario generale dell’ONU António Guterres ha già parlato di «catastrofe generazionale». Un libro importante dunque quello di de Bortoli, capace di scuotere la ragione e la coscienza di ogni cittadino responsabile. Certo scrivere queste note con le orecchie invase dal berciare dell’incomprensibile spettacolo che ancora una volta la politica italiana riesce a dare di sé induce a temere che quella di de Bortoli, per quanto autorevole e competente, possa rimanere una vox clamantis in deserto. Ma, come dicono i saggi, capire le vere cause dei problemi è sempre il primo passo per risolverli.