Rangers, golf e tennis: gli intoccabili di Sean Connery

Lo abbiamo ammirato come agente 007 (protagonista dei romanzi di Ian Fleming), ma anche in tante altre rappresentazioni cinematografiche con ruoli diversi: dal monaco francescano del Quattrocento del «Nome della Rosa» allo scrittore che vive ritirato dal mondo in «Scoprendo Forrester». In più di un’occasione lo avevamo anche visto esternare le sue grandi passioni sportive. Parliamo di Sean Connery, l’orgoglioso e convinto patriota scozzese che ci ha lasciato pochi giorni fa a novant’anni. Aveva una predilezione per due discipline, il calcio e il golf. Entrambe praticate con un certo successo.

Insultato da «Ringhio»
La sua squadra preferita? La nazionale scozzese. Ma il suo cuore, dopo aver battuto per il Celtic, si spostò verso la sponda dei Rangers di Glasgow. Molti lo considerarono un vero e proprio voltafaccia. Gli appassionati ricorderanno che nel 1988 Sean si oppose fermamente alla cessione dai Rangers dell’allora giovane e promettente Gennaro Gattuso alla Salernitana. Chiese addirittura al presidente, un suo caro amico, di fermare la trattativa. In cambio ricevette da «Ringhio» una risposta fin troppo esplicita: «Dite a Sean Connery di farsi i c...i suoi». Botte e risposte di caratteri forti. Altre storie, altri tempi. Quattro anni dopo il fallimento e la retrocessione in quarta serie, nel 2017 i Rangers di Connery tornarono in Premiership. Il grande attore, forse anche per ragioni di salute, si era però già molto staccato dal mondo sportivo. Avremmo tanto voluto vedere la sua espressione per la partita contro il Berwick del maggio 2013, quando l’Ibrox, lo stadio dei Rangers, venne riempito da circa 50 mila spettatori. Un record mondiale di presenze per una partita di calcio di quarta divisione.

«Non c’è Paese con più buche»
Prima che fosse colpito da demenza senile, Sean si era esposto in molte occasioni per manifestare e sostenere la causa dell’indipendentismo. Sognava una Scozia che tornasse ad essere una nazione sovrana con il suo carattere distintivo. E proprio lo sport, come d’altro canto l’arte e la cultura, gli fornivano dei modelli appetibili. Se gli occhi di Connery un tempo si illuminavano quando parlava di calcio o dei Rangers, addirittura brillavano se il tema era il golf, sport nazionale scozzese a tutti gli effetti. Sui campi scozzesi esistono guide di ogni genere, ma ce n’è una in particolare che ha avuto uno straordinario successo editoriale, quella di David Hamilton (già chirurgo di Glasgow) pubblicata con diverse ristampe. La ragione? In parte la qualità e i meriti dell’autore. Ma soprattutto l’effetto dirompente del prefatore, Connery stesso. Che amava sottolineare un concetto: «Non c’è Paese che ha dato al mondo più campi pro capite (tra pubblici e privati) della Scozia». Un doppio motivo di orgoglio.
Se avesse dovuto scegliere un’immagine sportiva da incorniciare, con tutta probabilità avrebbe scelto quella che lo ritrae insieme a Jack Nicklaus, l’uomo dei 18 titoli del Grande Slam. Ce n’è però un’altra per la quale ha manifestato pubblicamente la sua affezione: fu scattata a Gleneagles in occasione della prima edizione della competizione delle celebrità. Accanto a Sean sono ritratti Bing Crosby, Jacky Stewart (un altro scozzese DOC) e Phil Harris. «Non c’è uno sport che sintetizza meglio del golf la doppia faccia dell’essere umano: lì emergono tutti i Jekyll e gli Hyde che sono dentro di noi».
Altri momenti che fecero sognare Connery furono le vittorie di Andy Murray a Wimbledon: il titolo olimpico del 2012 e i successi del 2013 e 2016. «Vincere a Londra è una grande soddisfazione per chiunque. A maggior ragione per uno di Glasgow». E così anche il tennis, non proprio la sua prima scelta sportiva, diventò un’occasione per esternare la sua scozzesità. Una scozzesità manifestata anche quando, oltre venti anni fa, ottenne il titolo di Sir dalla regina Elisabetta. Mai venerata, ma sempre rispettata.
Divina Commedia e sovranità
In una sorta di autobiografia, scritta in collaborazione con il regista Murray Gregor («Being a Scot»), Sean parla della sua infanzia a Edimburgo, della sua formazione, della storia, della cultura e anche degli sport del suo popolo. Poi, con un pizzico di orgoglio ha anche fatto notare che uno scozzese, uno solo, si è guadagnato un posto nella «Divina Commedia» di Dante Alighieri. L’onore è toccato a Michael Scott, sorta di mago o scienziato dotato di poteri supernaturali (Inferno, XX canto). Filosofo, dottore e matematico, una delle menti più brillanti del Medioevo, Scott, che si era trasferito in Spagna e in Sicilia, tornò in Scozia, dove morì attorno al 1235. Anche Connery, che aveva scelto di vivere in Spagna e alle Bahamas, sognava un ritorno in Scozia. Non chiedeva il Paradiso. Solo la speranza di tornare nel suo Paese quando si fosse reso nuovamente indipendente. Un sogno impossibile? Non lo crediamo. Purtroppo Sean, nonostante l’età avanzata, ci ha lasciato troppo presto.