Recensioni online: il mercato nascosto delle «fake review»
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Le recensioni online false, o fake che dir si voglia, sono più numerose di quelle vere. L’impressione di un ordinario visitatore dei siti di Amazon, Booking, Google, Tripadvisor, eccetera, è suffragata da tanti studi approfonditi, fra cui quello della Commissione Europea e dei garanti nazionali dei consumatori, che ha concluso che almeno il 55% delle recensioni presenti nei 223 principali siti mondiali di ecommerce è falso. Un mercato enorme, quello delle recensioni pay, difficilmente smantellabile da esseri umani o almeno così si dice per stoppare sul nascere cause e minacce legali: per questo le stesse aziende stanno facendo scendere in campo la ormai mitologica intelligenza artificiale. Funzionerà?
Amazon
Per comprendere le dimensioni del fenomeno bisogna guardare al prezzo delle recensioni false, cioè quanto costa pubblicare una recensione positiva (o anche negativa, ai danni di un concorrente) secondo il tariffario di quelle che con un eufemismo si definiscono reputation agency. Sul mercato pacchetti di 10 recensioni su Google si possono trovare a 120 euro, quindi 12 euro l’una, più o meno il prezzo richiesto per Tripadvisor, mentre con Amazon il costo unitario di una recensione ben fatta viaggia intorno ai 20 euro. Ovviamente per pacchetti più grandi il costo unitario di una recensione credibile, che non sembri scritta da un bot, va a scendere: 1.000 minirecensioni («Mi sono trovata benissimo. Imballaggio del prodotto perfetto, manuale di istruzioni chiaro, uso facile: unico piccolo difetto la durata della batteria») si possono anche pagare 5.000 euro. Crollo delle quotazioni invece per semplici like o click su voti e stelline, cose che influenzano il consumatore ma molto meno di qualche frasetta scritta in modo fintamente friendly, come potrebbe scriverla uno di noi. In tutto questo ci sono anche colpe delle aziende che al di là delle dichiarazioni ufficiali si muovono su un confine pericoloso: da un lato la loro credibilità è minata dalle recensioni fake, dall’altro senza le recensioni fake si troverebbero, nella migliore delle ipotesi, senza metà del traffico. Quanto è triste una pagina con zero commenti... Così sarebbero quasi tutte le pagine, in un mondo di tutti onesti.
Prodotti
Ci sono categorie che si prestano più di altre alle fake review. Al top ci sono i prodotti riguardanti la salute, in senso ampio, dai ritrovati contro la disfunzione erettile ai semplici integratori: qui le recensioni false online sfiorano il 60%. Molto male anche l’elettronica, dai computer agli strumenti meno sofisticati, con il 45% delle recensioni certamente falso ed il resto su cui si può discutere. Da buttare almeno il 33% delle recensioni di prodotti per la casa, mentre un po’ meglio va per libri e film, con le falsità palesi che si aggirano intorno al 20%. Questo non significa che il rimanente 80 sia genuino, ma soltanto che è bisognoso dell’intervento umano per essere credibile, non può limitarsi al copia e incolla o a un prompt banale dato al Chat GPT o al Grok della situazione. In generale comunque i numeri del fake sono sottostimati, anche per motivi legali: come si possono pubblicare recensioni con la consapevolezza che siano quasi tutte false? Del resto basta riflettere sulla motivazione che può spingere una persona onesta a perdere del tempo a commentare un prodotto: di solito lamentarsi per un disservizio, quasi mai per elogiare un prodotto perché rispondente alle aspettative e alla pubblicità. E invece il sentiment è di solito positivo, come si evince da tante recensioni negative soltanto in apparenza.
Social
In vendita online non sono soltanto le opinioni, per quanto finte, ma anche direttamente le persone, cioè i follower. Il mercato europeo ha un tariffario ben preciso, che permette di capire come mai mezze figure della televisione o sconosciuti possano dalla sera alla mattina trovarsi con centinaia di migliaia di lettori, per non dire seguaci. 1.000 follower di discreta qualità (nel senso di non bot, o comunque non immediatamente classificabili come bot) per Instagram costano ormai soltanto 20 euro. Stesso discorso per Twitter/X, Facebook, TikTok, YouTube, Twitch. Somma che può quintuplicarsi per follower che saltuariamente mettano like o decuplicarsi per chi ogni tanto ha reazioni o condivide un post. Stiamo comunque parlando, nell’ipotesi più dispendiosa, di 200 euro ogni 1.000 follower. Ma se interessa soltanto la massa, per presentarsi a uno sponsor dicendo «Ho un milione di follower», con un investimento di 20.000 euro si può andare lontano. Ovviamente non è che gli sponsor siano tutti stupidi, il sistema di solito è misto: una mininotorietà reale, magari per una partecipazione a un reality, supportata da una massa più o meno comprata. Dal punto di vista di chi ci lavora non cambia molto: in linea di massima è più produttivo scrivere recensioni fake che cliccare o condividere in maniera compulsiva contenuti impersonali, con tutta evidenza scritti dall’intelligenza artificiale e nemmeno riletti.
L'IA contro le recensioni fake
Uno dei tanti paradossi di questo mercato è che i post e le recensioni scritti con l’intelligenza possono essere smascherati soltanto da un’altra intelligenza artificiale messa in campo dalle aziende. Programmi che analizzano gli schemi usati in milioni di recensioni, a livello di linguaggio, di costruzione della frase e di ripetizioni, e la stessa cosa sono in grado di fare con immagini e sonoro. Fra questi i principali sono ReviewMeta, centrato su Amazon, Trustpilot (che ha la particolarità di integrare le scansioni con il lavoro di un team per così dire umano), e Fakespot, forse quello più cool in questo momento. Fakespot, che può essere usato per tutti i siti con recensioni, usa algoritmi di machine learning e analisi del linguaggio molto approfondite, ma soprattutto giudica il comportamento sul web del recensore: la frequenza dei suoi post, il tenore, la loro varietà: una volta acquisita la storia recente di Pippo74 e di SuperSabrina è facile capire se ci si trova davanti a professionisti o no. La realtà è che individuare in maniera automatizzata le recensioni false, con una buona approssimazione, è relativamente facile, a parte alcuni singoli in malafede (tipo chi fa recensire dal cugino il proprio libro). Ma nessuno in questo mercato gonfiato, in cui sembra che tutti seguano tutti e che la Terra abbia 100 miliardi di abitanti, ha interesse nel dire che il 60% di tutto questo è finto.