Rileggere “Danubio” trent'anni dopo

Ospite del CdT a Lugano, Claudio Magris ha ripercorso le tappe del racconto con alcuni ospiti d'eccezione
Claudio Magris.
Red. Cultura&spettacoli
26.01.2016 00:20

LUGANO - «È stata una fortuna attraversare questo continente spirituale in un momento di relativa tranquillità. Se avessi viaggiato nel 1989 avrei visto soltanto le brucianti trasformazioni del presente. Invece ho avuto il lusso di poter indugiare, di vedere le piccole cose, un po' come l'archeologo che scende nei diversi strati della civiltà. E forse questa civiltà ho potuto capirla meglio e capire perché, in seguito, sono successe tante cose, anche contraddittorie».

A trent'anni dalla pubblicazione di Danubio, ieri sera a Lugano Claudio Magris è tornato a parlare del racconto che gli era subito valso il Premio Bagutta 1986, consacrandolo fra i massimi scrittori italiani contemporanei. L'Auditorium dell'Università della Svizzera italiana era gremito per seguire la serata pubblica con lo scrittore triestino, organizzata dal Corriere del Ticino in collaborazione con la Società Dante Alighieri di Lugano.

«Uno scrittore che parla al cuore dei suoi lettori» lo ha definito Ferruccio de Bortoli – già direttore del Corriere della Sera e ora editorialista del Corriere del Ticino – che ha idealmente ripercorso insieme a Magris le principali tappe del libro. Dall'ispirazione, avuta nel 1982 in una piccola località sul fiume al confine fra Austria e Slovacchia, al viaggio su questo corso d'acqua di tremila chilometri che attraversa la Mitteleuropa. «Il Danubio non si identifica con un Paese. Attraversa Paesi diversi, lingue, culture, religioni, tradizioni e sistemi politici e diventa un simbolo della babele del mondo contemporaneo, con vari confini di ogni genere, anche quelli che ognuno ha dentro di sé e ha paura di varcare».

Un concetto però, quello di Mitteleuropa, che sta perdendo i suoi connotati originali. «Di fronte alle nuove febbri identitarie, la Mitteleuropa ha visto anche fiorire dei nazionalismi. Credo che questo senso sovranazionale di appartenenza sia abbastanza in difficoltà». Complice il desiderio di americanizzazione, secondo Magris si è indebolito il substrato tedesco-slavo-ebraico comune.

Come nel libro, in un intreccio fra diario di viaggio, digressioni filosofiche, cenni di storia ed evocazioni di luoghi e di personaggi, lo scrittore è tornato nella città tedesca alle sorgenti del fiume che ha dato i natali al filosofo Martin Heidegger, è passato per Ulm dove vissero i fratelli Hans e Sophie Scholl, giovani oppositori del nazismo, ha continuato per Ratisbona e Passau per poi fare sosta a Bela Crvka (Weisskirchen in tedesco), nella Repubblica serba, Bonato meridionale, un concentrato di nazionalità al confine con la Romania, praticamente al centro del Danubio, dove c'è l'incontro coinvolgente con nonna Anka. «Aveva 80 anni. Mi ha permesso di capire le fusioni e gli odi fra le quattro comunità. Mi aveva raccontato un proverbio del posto: "Non si è mai visto un cavallo verde né un serbo intelligente". Però lei mi ha detto di sentirsi serba».

La Romania è il Paese in cui si trova il Delta del fiume. Adrian Niculescu, che negli anni Ottanta era esule in Italia e ora insegna alla SNSPA di Bucarest, è il traduttore in rumeno di Danubio. A Magris ha riconosciuto due meriti. Innanzitutto di essere stato l'unico testimone internazionale delle demolizioni effettuate da Ceausescu, che ha fatto radere al suolo gran parte del centro storico. Bucarest, ha detto, è la città europea più martirizzata dal 1945 in poi. Il secondo è quello di aver scoperto la scrittrice Herta Müller, anche lei originaria del Banato, vincitrice del premio Nobel per la letteratura nel 2009. «Ci ha azzeccato in modo straordinario».

Ma il Danubio, a metà del suo corso, bagna anche l'attuale Slovacchia. Il giornalista del Corriere del Ticino Andrea Colandrea ha illustrato il suo reportage pubblicato sull'edizione di ieri, in cui racconta la vicenda, finora inedita, dell'ex-presidente cecoslovacco Vaclav Havel, che negli anni Settanta, in qualità di dissidente era stato imprigionato in una cella a Dolni Bousov, in uno stabile che è ora stato riconvertito in un centro wellness (vedi suggeriti).