E se per smaltire la plastica la mangiassimo?

Nei laghi e nei mari, nei cibi che mangiamo, nei nostri corpi. Le microplastiche, oggi, sono dappertutto. Una preoccupazione non solo per l'ambiente, ma per la nostra stessa salute. E un problema apparentemente insormontabile, dato che l'attuale sistema di riciclaggio della plastica non sembra tenere il passo con l'inarrestabile produzione di rifiuti. Il rischio è di esserne sotterrati.
Di qui la necessità di trovare metodi alternativi per il suo smaltimento. O metodi molto, molto alternativi, come quello proposto da Eleonora Ortolani, studentessa italiana alla University of the Arts London (UAL). Il progetto si chiama "Guilty Flavours", sapori colpevoli. E come facilmente intuibile riguarda, sì, il cibo. «Guilty Flavours – si legge sul sito della UAL – è una proposta radicale su come noi esseri umani possiamo sfruttare i nostri corpi come macchine per eliminare la plastica per sempre - mangiandola».
Nuovi processi biochimici, come gli enzimi di digestione e i batteri bioingegnerizzati, «possono consentire all'uomo di consumare la plastica in modo sicuro, trasformandola in molecole completamente commestibili». Ed ecco l'incredibile esempio, con tanto di foto.

«Questo primo campione di gelato alla vaniglia è aromatizzato dalla vanillina biotecnologica sintetizzata con questo processo e sfida la nostra disponibilità ad adottare innovazioni trasformative e a partecipare a un ecosistema circolare». L'obiettivo dichiarato: «Sconvolgere gli schemi di pensiero abituali».
Usare il nostro corpo
Il pensiero trasversale, del resto, fa parte della formazione di Ortolani. Sul suo profilo UAL, la 27.enne si descrive come una «designer multidisciplinare con una forte attenzione alla sperimentazione sui materiali». Recentemente intervistata dal Corriere della Sera, Ortolani ha spiegato di aver studiato design al Politecnico di Milano e segue ora un Master in «Material Futures» alla Central Saint Martins della UAL. Al quotidiano italiano ha raccontato il pensiero che l'ha portata al progetto. «Meno dell’1% della plastica viene riutilizzata: molto spesso viene unita ad altri materiali e il risultato è che non sarà mai più riciclabile. Se vogliamo trovare un modo per affrontare il problema di tutta la plastica che c'è in giro, dovremmo trovare un modo per farla scomparire: possiamo farlo col nostro corpo?». Di qui l'idea, perché non mangiarla? I feedback non sono stati sempre positivi: «Ho avuto molte risposte negative. Ma bandire la plastica per sempre non è realistico. Integriamola invece nel nostro ecosistema. Io ho usato il cibo: questo gelato è perfettamente commestibile. La mia è una provocazione, ma la questione è attuale».
Ma questo gelato è buono? Al momento, non si sa. Trattandosi di un materiale nuovo, è illegale mangiarlo. E quindi non lo ha potuto fare nemmeno il team di Ortolani – premiato, però, da un programma della Fondazione Swarovski con il coordinamento dell'ufficio per le partnership delle Nazioni Unite.
Non partite prevenuti
Oggi, molti sono ancora restii a parlare di cibo in laboratorio. Un esempio lo troviamo nella vicina Italia, dove il governo Meloni ha promosso un'importante inversione di marcia per quanto riguarda la coltivazione in vitro della carne. Ma è bene sapere che la produzione in laboratorio della vanillina rappresenta tutt'altro che una novità. Anzi. Fra pasticceria e profumeria, la domanda di aromi di vaniglia supera da decenni l'offerta derivata dai semi di vaniglia. Tanto che, secondo una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Food Reviews International, già nel 2001 la domanda annuale di vanillina superava 10 a 1 l'offerta naturale. Parliamo di 12.000 tonnellate richieste, contro le 1.800 ricavabili dai semi. Come coprire il resto? Be', con i laboratori. Laboratori che si basano sul processo chimico che vede la sintetizzazione della vanillina a partire da sostanze quali l'eugenolo (estratto da olio di chiodi di garofano o dalla cannella) o composti simili, come il guaiacolo (derivato, spesso, da catrami minerali). Quanto ideato alla UAL rappresenta una novità? Sì, ma solo nel tipo di materiale declinato in vanillina. Plastica invece di catrami. Meglio non partire prevenuti, insomma.