Quei cani di Chernobyl immuni alle radiazioni
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I cani che vivono nei dintorni della centrale nucleare di Chernobyl sarebbero ormai immuni alle radiazioni. È la scoperta, pubblicata sulla rivista Canine Medicine and Genetics, che ha fatto una squadra di ricercatori della Columbia University guidata da Norman J. Kleiman. A riportare la notizia è il Daily Mail. Per giungere a questa conclusione, gli scienziati hanno raccolto campioni di sangue di 116 cani randagi che vivono nella zona di esclusione di Chernobyl.
Si stima che nell'area vivano oggi circa 900 cani randagi. Molti di loro sono probabilmente i discendenti degli animali domestici abbandonati dalla popolazione a seguito dell'evacuazione dell'area avvenuta dopo l'esplosione dell'impianto nucleare.
Dalle analisi dei campioni ematici sono emerse due popolazioni diverse, entrambe geneticamente distinte dalle altre popolazioni di cani. Insomma, gli animali si sono adattati per riuscire a sopravvivere in un'area altamente radioattiva. «Oltre a classificare le dinamiche della popolazione di questi cani, abbiamo mosso i primi passi per comprendere come l'esposizione cronica a molteplici pericoli ambientali possa aver avuto un impatto su queste popolazioni», spiega Kleiman.
Nello specifico, i ricercatori hanno trovato circa 400 posizioni genomiche che mostrano comportamenti o modelli di variazione estremamente divergenti dal resto del genoma. Per semplificare: l'esposizione alle radiazioni ha portato allo sviluppo di mutazioni genetiche che i cani si sono tramandati di generazione in generazione. Grazie a queste variazioni genetiche gli animali sono così riusciti ad adattarsi alla vita nella zona di esclusione.
Ora, la scoperta degli scienziati della Columbia University è interessante perché potrebbe aiutarci a comprendere meglio gli effetti sulla salute, anche umana, derivanti dalla vita in un ambiente dalle condizioni fortemente ostili. «Esaminare gli impatti genetici e sulla salute di queste esposizioni croniche nei cani rafforzerà la nostra più ampia comprensione di come questi tipi di pericoli ambientali possano avere un impatto sugli esseri umani e di come mitigare al meglio i rischi per la salute», sottolinea Kleiman.
Non sono infatti solo i cani che vivono nell'area di esclusione di Chernobyl ad essersi adattati agli alti livelli di radiazioni presenti nella zona. Come riporta sempre il Daily Mail, anche altri canidi hanno sviluppato una buona resistenza alle radiazioni: stiamo parlando dei lupi.
Sulla rivista scientifica Biology Letters, un team di ricercatori ha poi presentato i risultati degli studi effettuati sulle rane della specie Hyla orientalis. Gli scienziati hanno in particolare messo a confronto popolazioni provenienti dalla zona di esclusione della centrale nucleare con popolazioni provenienti da aree non contaminate. Dallo studio, come si può leggere sul sito giornalistico-scientifico The Conversation, è emerso che le rane di Chernobyl sono in buona salute e vivono tanto quanto gli esemplari il cui habitat non è contaminato da radiazioni. Vivere nella zona di esclusione, insomma, non influirebbe né sull'età degli anfibi né sul loro tasso d'invecchiamento. L'unica differenza che presentano le rane di Chernobyl rispetto al campione che funge da gruppo di controllo è che esse sono più scure. Questa caratteristica, secondo gli scienziati, è probabilmente da imputare al ruolo della melanina nella protezione dalle radiazioni. Sulla base dei risultati ottenuti nel loro studio sulle rane, i ricercatori arrivano quindi a dire che «gli attuali livelli di radiazioni a Chernobyl non sono abbastanza alti da causare danni cronici a queste creature». Il team di ricerca sottolinea quindi che «studi come il nostro sono fondamentali per sfatare il mito secondo cui la zona di esclusione è ostile alla vita, dimostrando chiaramente che l’area è diventata un rifugio estremamente importante per la fauna selvatica minacciata in Europa».