Settant’anni di vita spericolata con le canzoni più belle di Vasco
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Buon compleanno, Vasco Rossi! Oggi, 7 febbraio 2022, il rocker di Zocca compie 70 anni. Una carriera lunghissima. Che lo si ami o lo si odi, è innegabile che alcune delle sue canzoni hanno fatto la storia. E la sua musica unisce ben tre generazioni. Ecco quindi, nel giorno del suo 70., una lista dei suoi pezzi migliori, una delle tante possibili. Abbiamo tentato di stilare una top10, ma sono davvero tante. Ecco quindi la nostra top20 (in ordine sparso).
1. Gli spari sopra (1993)
«Era l’inizio anni ’90, dopo gli anni della Milano da bere, dei socialisti, dei furbi che avevano sempre ragione, del potere che se ne approfitta, una sensazione che mi dava fastidio: questo è anche un paese che premia la farabuttagine, perché non c’è un sistema giudiziario veloce che dia sentenze certe in tempo, quando la giustizia arriva dopo 20 anni non c’è giustizia e allora hanno ragione solo i farabutti. C’è bisogno di migliorare le cose ma non è facile, anche per chi prende i voti. Anche la democrazia è un bel casino (...) Era un modo per dire che non abbassiamo la testa, se gli spari arrivano li prenderemo, ma anche per dire: attenzione, che se si girano... gli eserciti, magari poi gli spari sopra sono per voi». ... «Perché ‘‘gli spari sopra’’ e non ‘‘gli spari contro’’? Perché gli spari volano alto: sono per chi ha il coraggio di alzare la testa; sono destinati ad ogni uomo che si arroghi il diritto di camminare eretto, e non sono per quelli che invece mantengono sempre un profilo basso, che strisciano per terra per evitare di inciampare e per non rischiare gli ‘‘spari sopra’’, appunto».
2. Sally (1996)
«Una canzone che ho scritto quando ero in vacanza su una barca del mio manager Robelli a Saint Tropez, una di quelle vacanze di dieci giorni che quando torni a casa hai bisogno di riposarti. Entro in un locale pieno di donne bellissime, tutte italiane, mi innamoro della prima, poi di una seconda, poi di un’altra ancora. Alla fine ero fuori al locale da solo, sono andato in barca e con quella carica lì, senza una donna su cui scaricarla, l’ho scaricata su una chitarra: questo è uno dei segreti dell’arte e della creatività, è tutto sesso sublimato. E pensando ad una ragazza che ne ha viste di tutti i colori ho scritto Sally. Una figura femminile che poi un po’ sono io, è la mia parte femminile, ma non puoi dire di un uomo che “non ha più voglia di fare la guerra”. L’ho scritta di getto, è un miracolo. Quando scrivo non parto mai da un titolo, ma da un concetto, di solito non so nemmeno cosa dirò, lascio che le frasi vengano fuori da sole, a volte non riesco ad andare avanti, poi miracolosamente arrivo alla fine. Se il testo ha un senso è già un miracolo. La frase ‘‘la vita è un brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra la follia’’, pensavo fosse esagerata, ma ormai mi ero abituato a fidarmi delle sensazioni e l’ho lasciata nel testo».
3. Vivere (1993)
«Negli ani ’80 facevo la rockstar indipendente, ma poi mi ero rotto le palle di una vita passata a divertirmi, sempre in giro, in cui vivevo in uno “stupido hotel”. Volevo fare la cosa più trasgressiva che potessi fare da rockstar, farmi una famiglia, ho trovato Laura che voleva farla con me ed è lei che ha tenuto in piedi tutto, perché è la donna che conta. Però volevo avere una famiglia ed essere contemporaneamente rockstar. Non è facile. Non potevo suonare la chitarra in casa col bambino piccolo. Quando un bambino piange non puoi suonare. E quando sei in due devi decidere a che ora mangiare, era difficile scrivere canzoni in quella situazione, avendo degli orari fissi. Ricordo che anche Tullio Ferro e Massimo Riva, con le rispettive famiglie, non riuscivano a suonare, così abbiamo pensato di prendere una sala d’incisione per starci almeno 3 giorni a settimana. Perché per scrivere canzoni il tempo non deve esistere, non ci sono orari. Così è arrivata la musica di Vivere: è una di quelle canzoni che pensavo di capire solo io, è una canzone impressionista».
4. Gabri (1993)
5. La nostra relazione (1978)
6. Jenny è pazza (1978)
«Jenny, che già dal nome mi sembrava perfetta per ispirare il personaggio, l’ho scritta prima di cominciare a fare questo mestiere, diciamo che è una “prova d’autore” che ho promosso a canzone. È una donna giovane, soffre, per la società non è “utile” e quindi va allontanata. Nella canzone parlo di una donna, ma in realtà Jenny sono io in preda al mio “diciannovesimo esaurimento nervoso”, quello che mia zia avrebbe curato a suon di bastonate. Allora si diceva esaurimento, oggi si direbbe depressione. lo ne sono sempre uscito, e ne esco, grazie alla musica, grazie ai concerti, per me il motivo per esistere e resistere...».
7. Siamo solo noi (1981)
«Siamo solo noi è nata dopo un concerto, uno dei primi in un locale vicino Zocca, in cui tenevo a fare bella figura, salii sulle spie e io caddi completamente giù dal palco. Una figura di merda incredibile, una tristezza enorme, andando a casa ero incazzato e piangevo dalla rabbia. Ho guardato il manifesto del concerto e ho cominciato a scrivere Siamo solo noi. E mi sono detto: se sofferenze e frustrazioni così fanno venire queste canzoni, vado avanti volentieri. Questa canzone è la risposta generazionale ai genitori: nasce come risposta a mia mamma che mi diceva sempre “sei solo te che fai così, guarda il figlio di quello, di quell’altro”, erano tutti meglio di me. E allora ho scaricato questa sensazione e la rabbia dopo quella figuraccia scrivendo quella canzone per dire che nonostante tutto, “ce la caveremo”».
8. Ogni volta (1982)
«Ogni volta l’ho scritta una mattina sul letto, dovevo ancora dormire e secondo me ho cominciato proprio a delirare. Poi sono andato avanti, scrivendo in fretta le frasi che venivano, pensando di fare un esercizio utile a me e basta. Quando l’ho fatta sentire ad altri, prima a Elmi e poi alla gente, ho avuto la sorpresa di vedere che tutti la capivano perfettamente. Così ho trovato il mio stile... pochi tocchi di pennello e via... Seguendo questa nuova modalità di scrittura, con Ogni volta ho messo in musica qualcosa di intimo davvero, di personale sino in fondo. Forse anche per questo non pensavo che potesse arrivare così tanto agli altri. Invece arrivò. Indicandomi la strada per il futuro».
9. Anima fragile (1980)
10. Siamo soli (2001)
11. Liberi liberi (1989)
12. Stupendo (1993)
«Negli anni ’70 volevamo cambiare il mondo: io facevo parte degli “indiani metropolitani” a Bologna, facevamo teatro sperimentale per strada, la gente ci guardava come matti perché lo eravamo. Avevamo grandi idee, sognavamo l’anarchia, l’uomo capace di autoregolamentarsi senza lo Stato o la polizia. Ovviamente era un ideale, ma gli ideali servono a questo, come punto di riferimento per migliorarsi, non certo per raggiungerli. L’obiettivo era cercare di migliorare se stessi per cambiare il mondo. Non avevo grande rispetto per chi voleva cambiare il mondo con le rivoluzioni: anche i nomi dei movimenti erano contraddittori, quelli di Potere operaio erano tutti studenti che poi tornavano a casa dopo le lezioni, Lotta continua è come se dicesse che la gente era a combattere continuamente, alla fine sono andati tutti a lavorare nelle tv di Berlusconi e a me sono cadute le braccia. Io che faccio il rocker ho continuato a fare quello che facevo una volta, cercare di cambiarmi dentro. E negli anni novanta ho scritto “sì stupendo, mi viene il vomito” perché mi veniva da vomitare a vedere come vi siete ridotti coi combattenti, alla fine la rivoluzione era una scusa per andare a figa. C’era molto sesso nel mondo dei rivoluzionari da salotto».
13. C’è chi dice no (1987)
«Questa è una canzone del secondo periodo. Dopo Vita Spericolata avevo già scritto la canzone della vita, mi sentivo già a posto, ma poi c’è stato un periodo di rabbia rispetto a ciò che vedevo intorno, le prime avvisaglie del fatto che ci fosse un mondo che non aveva rispetto per nessuno, quello dei potenti che mentivano continuamente, che strumentalizzavano tutto e allora è arrivata C’è chi dice no. Nella vita è più facile dire sì, accettare tutto. C’erano un sacco di discorsi in quella canzone, una risposta a questo mondo che sinceramente sembra vada sempre a rovescio. Ad esempio, era una risposta anche alla gente convinta che “ci sia un aldilà” e un mondo migliore, dunque sopporta quello che c’è di qua. Secondo me, con tutto il rispetto per chi crede nell’aldilà, io credo ci sia solo l’aldiquà, è qua che dobbiamo vivere, e allora bisogna cominciare a chiedere rispetto da qui».
14. Vita spericolata (1983)
«Vita spericolata è la canzone che è arrivata dopo mesi in cui ascoltavo una musica meravigliosa di Tullio Ferro. L’ho ascoltata a lungo prima che mi venisse un testo all’altezza di quella musica, mi venivano solo dei testi del ca**o che non mi soddisfacevano. Dopo mesi e mesi, quando dovevo fare un concerto in un campo sportivo in Sardegna ma pioveva e non potevamo suonare, lì mi è venuto “voglio una vita maleducata”. All’epoca era normale, oggi tutti invece vogliono una vita sicura. Io non ho mai voluto una vita in banca, volevo una vita piena di avventura. E quella canzone era un inno alla vita, ma il pregiudizio verso me e le mie canzoni era talmente tanto che anche quella è stata letta come un inno alla droga, invece non ce n’era nemmeno l’ombra. Parlava di una vita forte, vissuta intensamente, pericolosamente, piena di guai piuttosto che triste e monotona dietro una scrivania».
15. Rewind (1998)
«Questa canzona è nata in modo molto strano: l’avevo scritta dopo essere tornato a casa da una delle mie notti in discoteca e non era neanche una canzone per me, non vorrei neanche chiamarla una poesia, era, era... una di quelle cose che scrivo di notte. Era rimasta lì sul tavolo e un giorno arriva Gaetano Curreri con cui collaboro da sempre, legge questo testo e dice ‘‘ma è bellissimo!’’. E io: ‘‘Sarà bellissimo ma non c’è niente, non è una canzone!’’. ‘‘Te la metto io la musica’’. E così ha fatto, cosa pazzesca per me perché io non sono capace. Io, ecco, riesco a fare il contrario, sono capace di mettere le parole alla musica: la ascolto tante volte finché capisco cosa mi dice e allora, alla fine, vengono fuori delle parole che hanno senso con quella musica. E Curreri invece è bravissimo a fare il contrario. Così insomma, è venuta fuori una specie di sintesi magica. La canzone credo esprima bene quella voglia che ti prende, quelle voglia che c’è prima di... Insomma, è il racconto di un rapporto sessuale! Quello che colpisce di questa canzone in effetti credo che sia la sincerità di quel desiderio, di come viene raccontato: un desiderio che appartiene a entrambi. Non c’è un tentativo di seduzione, non c’è un tentativo di piacere o di compiacere, io non scrivo per compiacere ma per comunicare delle sensazioni».
16. Gli angeli (1996)
La canzone è dedicata a Maurizio Lolli, il tour manager morto per un cancro nel 1994. «Maurizio si occupava di tutto per me, risolveva tutti i miei problemi. Mi proteggeva ed era anche un amico. Gliela feci sentire e ricordo ancora i suoi occhi che luccicavano mentre l’ascoltava... Viva Lolli!».
Un altro degli angeli di Vasco è Massimo Riva. Sempre presente nelle scalette dei concerti, è il momento in cui Vasco idealmente si volta indietro e parla a chi non c’è più: «E sarà triste lo so, ma la tristezza però si può racchiudere dentro una canzone...». Riva scomparve nel 1999: il suo corpo venne ritrovato senza vita nella sua casa di Bologna. Se ne andò per una crisi respiratoria in seguito a un’iniezione di eroina, a soli 36 anni. «Viva Massimo Riva», ripete spesso Vasco sul palco canta Canzone (1982), nel gran finale dei suoi show tra Vita spericolata e Albachiara.
17. Vado al massimo (1982)
La canzone è stata presentata in gara il 29 gennaio del 1982 nella seconda serata del Festival di Sanremo. «Mi butto nella gara e arrivo alla finale del sabato sera. Poi tra gli ultimi della classifica finale ma, come si sa, ‘‘beati gli ultimi’’ e io ero beatissimo del mio successo, avevo fatto centro. Ci andai perché Ravera in persona (il factotum del Festival allora) mi offriva la platea nazionale della televisione garantendomi soprattutto la libertà di fare quello che volevo. Geniale Ravera, aveva capito che la musica nell’aria stava cambiando e che io rappresentavo il nuovo. Per questo accettai l’invito e ci andai. Ci andai da solo, perché nessuno dei miei fidati collaboratori di allora, leggi Guido Elmi in primis, volle accompagnarmi, non ci credevano. Io, invece, sapevo bene quello che facevo. La platea nazionale mi serviva, certo. Ma quello che volevo io soprattutto, era sbalordirli, provocarli, scuotere in loro un’emozione, dissacrare quel palco con ironia e provocazione: ‘‘Vado al massimo, vado al massimo, vado a gonfie vele’’ (che non era per niente vero, in realtà). Ero certo che avrei colpito e, nel bene o nel male affondato, chi dalla platea del teatro a quella della tv, mi guardava (anche se pochi allora dichiaravano di guardare il festival, in realtà tutti mi avevano visto). Più che una sfida, quei 3 minuti di esibizione, lo spazio di una canzone, rappresentavano per me un’occasione unica per farmi notare da più gente possibile. Della gara, a me, non m’importava nulla e tantomeno di vestirmi elegante, io avevo il mio look da concerto, jeans e giacca in pelle. Ricordo che dietro le quinte mi guardavano tutti come se io fossi un alieno quando per me gli alieni erano loro che si travestivano e si truccavano, a me interessava solo salire sul palco e nient’altro. Alla finale del sabato sera ci sono arrivato e questo a me bastava e avanzava. Ormai è storia che nella classifica finale ero in fondo ma fuori da lì cominciò davvero la mia straordinaria avventura live. L’anno dopo ci sono tornato a Sanremo, per riconoscenza nei confronti di Gianni Ravera che mi aveva dato carta bianca, e solo perché avevo la canzone giusta: Vita spericolata, una bomba, che avevo appena finito di scrivere».
18. Un senso (2004)
«Una sera dovevo uscire a cena e avevo cominciato a scrivere di voler trovare “un senso a questa sera”, ma poi ho continuato con “un senso a questa una vita” e senza capire cosa stessi facendo, finendo la quartina, mi sono accorto che era un bel concetto, perché è vero che abbiamo bisogno di trovare un senso, la realtà non ce l’ha se non glielo diamo noi. La frase è rimasta sul tavolo, poi arriva Curreri per farmi sentire delle cose, come fa sempre lui, e la legge, va a casa e ci fa una musica. Torna con la musica ed è nata così: l’abbiamo sentita e abbiamo detto: “C**o, che bella!”».
19. T’immagini (1985)
20. Albachiara (1979)
«Secondo me è stata la prima provo-canzone. Nei miei brani è sempre presente la provocazione, se non lo si capisce magari le canzoni si fraintendono. Scrissi la canzone per raccontare di questa ragazza di Zocca che guardavo scendere dalla corriera. Mi ispirava purezza e ingenuità, ma anche di forza naturale. E allora scrissi “Respiri piano per non far rumore...”, poi continuando a raccontare quest’immagine che avevo in mente ho messo quel concetto “con una mano, una mano ti sfiori” che era molto provocatorio per l’epoca, perché non si parlava di masturbazione femminile: negli anni ’70 le donne non lo dicevano, io chiedevo alle mie amiche se lo facessero, mi rispondevano di no. E invece erano bugiarde. (...) Era il 1979, ero a casa a preparare gli esami dell’università. Dalla finestra vedevo sempre una ragazzina arrivare con la corriera...avrà avuto tredici-quattordici anni. Quando ne compì diciotto, e io praticamente non ero più perseguibile, glielo dissi: guarda che l’ho scritta per te Albachiara. Lei reagì in maniera imbarazzata dicendo che la ragazza di Albachiara doveva essere molto più piccola di lei. Non mi aveva creduto e fu così che mi venne Una canzone per te, che infatti dice: una canzone per te e non ci credi, eh? Sorridi e abbassi gli occhi un istante e dici: non credo d’essere così importante».