Cent'anni fa

Si sente già nostalgia della guerra fra gli spassosi popoli dei Balcani

Le notizie dell'8 febbraio 1925
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Nicola Bottani
Nicola Bottani
08.02.2025 06:00

La Nota
Nel Balcani si sente già la nostalgia della guerra. Non è parso vero, a quegli spassosi popoli, abituati ad avere almeno un paio di beghe al giorno e a dormire con una dichiarazione di guerra sotto il guanciale, che siano passati cinque anni dall’ultima guerra, la guerra mondiale, figlia unica, diretta di una piccola bega balcanica, senza che ci fosse un po’ di pestaggio fra i popoli.

I Balcani sono come certe isole giapponesi nelle quali i disastri sono allo stato cronico; abitualmente c’è il terremoto con l’amabile suo moto; se cessa per un istante il terremoto, c’è subito pronto un vulcano a rimettersi in attività; se tacciono terremoto e vulcani, ci pensa il mare a gonfiarsi e a rovesciarsi sull’isola; quando proprio minaccia una pausa, ecco pronto un ciclone coi fiocchi – e che fiocchi! – a mettere a soqquadro il paese.


I Balcani possono confortarsi: abbiamo un conflitto greco-turco; se le cose si mettono bene, se si lascia fare ai guastamestieri e ai mestatori, c’è grande speranza che sul conflitto sbocci, con le violette profumate di primavera, una piccola guerra balcanica.


Quando si parla di cose balcaniche è d’uso mettersi a ridere. Dalla «Vedova allegra» in avanti tutto ha sapore di operetta nei Balcani; e come materia d’operetta la politica balcanica sarebbe anche abbastanza divertente, se per una disgraziata fatalità di cose le operette balcaniche non avessero sempre un finale da tragedia, tanto che da una di queste operette è nata la guerra mondiale. Immaginate un valzer che finisce col crollo del teatro.
Per questo, dopo certe esperienze, si ride un po’ meno sulle cose balcaniche e quando si sente laggiù intonare una piccola marcia guerresca, magari a tempo di valzer, c’è chi si affretta a chiudere le imposte, come alla minaccia di un uragano che si avvicina.

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