Società

Silvio Berlusconi e il mito dell'erede

La morte del Cavaliere ha scatenato nei media e nella gente comune la discussione su chi sarà il suo erede politico, prima ancora che finanziario e imprenditoriale – Una situazione che si ripete ogni volta che ci lascia una figura iconica
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Stefano Olivari
23.06.2023 09:15

La morte di Silvio Berlusconi ha scatenato nei media e nella gente comune la discussione su chi sarà il suo erede politico, prima ancora che finanziario e imprenditoriale. Una situazione che si ripete ogni volta che ci lascia una figura iconica: né simpatizzanti né antipatizzanti sono psicologicamente preparati al funerale e auspicano il perpetuarsi della dinastia, con risultati spesso grotteschi. I casi sono davvero tanti, nei campi più diversi.

Berlusconi

La discussione sul futuro della Fininvest, di Mediaset e di tutte le partecipazioni azionarie di Berlusconi, senza dimenticare Mediolanum, il Monza e le megaville, ha un limite preciso nella legge italiana: un uomo non sposato, o comunque divorziato (Berlusconi due volte), con due o più figli può disporre liberamente con il testamento soltanto di un terzo del suo patrimonio. In altre parole, avendo Berlusconi 5 figli (due dalla prima moglie, Marina e Pier Silvio, e tre dalla seconda, Barbara, Eleonora e Luigi), ognuno di loro nella peggiore delle ipotesi avrà il 13,3% (66,6 diviso 5) del patrimonio e quindi la differenza la farà il testamento, che mentre scriviamo queste righe non è stato ancora aperto. Ma la vera discussione, quella che riguarda tutte le icone, i simboli di qualcosa, riguarda l’eredità spirituale e politica. Discussione che è arrivata a vette surreali visto che come leader di Forza Italia, partito che sta per compiere 30 anni, sono girati i nomi di Marina (mai sentita da alcuno la sua voce, discorso che vale anche per la quasi-moglie Marta Fascina che ha l’aggravante di essere un deputato), Pier Silvio (mai occupatosi di politica), Luigi (come il fratello), Barbara (fuori dai radar da quanto è stata estromessa dal Milan), addirittura Paolo Berlusconi che ha nel curriculum varie condanne. Una cosa è chiara: per un Berlusconi in politica c’è «mercato», anche se nessuno dei Berlusconi viventi ha mai espresso un’opinione politica.

Elisabetta II

Il discorso sul popolo che pretende l’erede, al di là dell’aspetto biologico, è ovviamente scontato nel caso dei reali e ovunque si possa davvero parlare di dinastia. L’erede per così dire tecnico della regina Elisabetta è stato suo figlio Carlo, ma non c’è affezionato alla monarchia britannica che non sognasse un passaggio diretto della Corona a William e Kate. L’eredità come simboli, e poche cose sono più simboliche di un re, non è materia soltanto per notai. Per la gente e per i media l’erede di Grace Kelly, peraltro principessa solo in quanto moglie di Ranieri di Monaco, è sempre stata sua figlia Carolina, con tutto il rispetto per il pur popolare Alberto. In Italia i nostalgici dei Savoia sono ben pochi, ma se dovesse tornare la monarchia per la pancia del paese avrebbe più chance Emanuele Filiberto (magari avendo come inno la sua Italia amore mio, brano derubato della vittoria al Sanremo 2010) del padre Vittorio Emanuele.

Maradona

Quando i fuoriclasse dello sport si ritirano o muoiono relativamente giovani si dice sempre che lasciano un vuoto incolmabile. Poi il vuoto viene di solito colmato, tranne che in alcuni casi. Il più grande di tutti è quello di Diego Maradona, icona inimitabile di campione al tempo stesso nel sistema e schierato contro il sistema. I pochi sportivamente degni di essere definiti eredi di Maradona, definizione che Leo Messi ha avuto sulle spalle come un macigno per tutta la carriera, non potranno mai eguagliarlo in questa sua carica eversiva, che lo ha reso trasversale e davvero senza eredi. Nel calcio ci sono ovviamente i figli d’arte, dai Mazzola ai Maldini, ma la gente non ha la pretesa che l’erede sia anche figlio del fenomeno. Nello sport l’icona vera, quella assoluta, senza maglia e senza bandiera, è di solito senza eredi. Chi è l’erede di Senna? Non certo uno che si è limitato a vincere più gran premi di lui.

Elvis

Tanti vuoti incolmabili anche nella musica, dove però i figli d’arte sono molto più numerosi che nel meritocratico sport. Inimmaginabile la pressione su Lisa Marie Presley o su Julian Lennon bambini, per rimanere in zona mito, ma uscendo dall’empireo delle icone pop il mondo è pieno di eredi musicali di qualcuno è questo è particolarmente vero oggi, in cui si rielabora il passato e non si scrive più qualcosa di davvero nuovo. Così i Greta Van Fleet sono gli eredi dei Led Zeppelin, Britney Spears di Madonna, gli Oasis dei Beatles, Bob Dylan di Woody Guthrie, eccetera, fino ad arrivare a Sam Fender erede di Bruce Springsteen, che a sua volta è erede di tutti essendosi ispirato qua e là, e a Gigi D’Alessio erede di Mario Merola. Si può addirittura dire che nella musica del 2023 ci siano soltanto eredi.

Kennedy

Il nostro bisogno di famiglie regnanti e di dinastie, magari anche solo per contestarle, è sintetizzato perfettamente dai Kennedy, che non a caso sono stati definiti «la famiglia reale americana». Con il mito iniziato da JFK e dalla sua prematura morte a Dallas nel 1963, ma prima di tutto progettato a tavolino da suo padre Joe, che per tutti i suoi quattro figli maschi aveva pensato come obiettivo la presidenza degli Stati Uniti. Joe junior morì durante la Seconda Guerra Mondiale, John ci riuscì, Bob ci sarebbe riuscito se non lo avessero ammazzato, Ted perse le primarie democratiche contro Carter nel 1980 ma è comunque stato senatore per quasi mezzo secolo. Figli e nipoti sono così tanti che è difficile seguirli tutti, ma quando un Kennedy si presenta in politica parte con un’aura che nessun marketing elettorale può dare. Certo i giovani Kennedy che fanno politica un minimo interesse per la politica, diversamente da Marina e Pier Silvio Berlusconi, l’avevano manifestato.

Agnelli

Alla fine la vera famiglia regnante d’Italia, gli Agnelli-Elkann o come li vogliamo definire, si lega sia ai Kennedy sia ai Berlusconi. Ai Kennedy per via dei rapporti fra le due famiglie, senza contare quelli personali di Gianni Agnelli con Jacqueline Kennedy, ai Berlusconi perché Gianni Agnelli è sempre stato il modello dichiarato di Silvio. Di recente Adriano Galliani, fresco di autobiografia, ha raccontato un Capodanno 1986 degno di un film dei Vanzina: «Sono in vacanza nella villa di Berlusconi a St. Moritz, con Confalonieri e Dell’Utri. Fa un freddo tremendo, usciamo imbacuccati per andare a prendere l’aperitivo al Palace e incrociamo il clan Agnelli: l’Avvocato con la camicia aperta, Montezemolo con il ciuffo, Jas Gawronski elegantissimo, forse Malagò. Al confronto noi sembravamo Totò e Peppino. Condividiamo il tavolo. Alla fine Berlusconi ci dice: ''Potremo fare anche noi grandi cose, ma non saremo mai come loro. Ci mancano venti centimetri di statura e il coraggio di esporre il petto villoso sottozero''. Qualche giorno dopo ci propose di prendere il Milan». A volte, molto raramente, anche i sudditi diventano re.

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