Sull’isola di Nauru
![](https://naxos-cdn01.gruppocdt.ch/cdt/stories/historical/1920x1080/14fca88a-756a-4d27-98d9-cf177b14d907.jpg)
Entra nel vivo a Lugano la 29. edizione del FIT, il Festival internazionale del Teatro: tra gli spettacoli che fino all’11 ottobre animeranno gli spazi del LAC e il Teatro Foce, spicca Pleasant Island – in agenda mercoledì 7 alle 20.30 nella Sala Teatro del centro culturale – che racconta dell’isola di Nauru nel Pacifico, esemplare parabola dell’epoca moderna: ovvero dello sfruttamento esasperato del suo sottosuolo e della sua attuale condanna a terra d’esilio. Ne abbiamo parlato con gli autori e interpreti Silke Huysmans e Hannes Dereere, provenienti dal Belgio.
![Silke Huysmans & Hannes Dereere.](https://www.cdt.ch/binrepository/512x384/0c0/0d0/none/798450/XWON/silke-huysmans-hannes-dereere_1824790_20201004111557.jpg)
Il vostro è stato definito un teatro documentario affascinante e scioccante. Non semplici ricostruzioni degli eventi, ma viaggi tra storie personali, questioni sociali, teorie economiche e pareri di esperti. Come nasce e come si sviluppa passo dopo passo un vostro spettacolo?
«Entrambi condividiamo l’interesse a esplorare l’uso di elementi giornalistici e documentari nel nostro lavoro. Cerchiamo un modo di far interagire sul palcoscenico i “documenti” col teatro contemporaneo. Dal 2016 il nostro lavoro si è concentrato sul tema dello sfruttamento minerario. Questa ricerca è iniziata nel 2015 quando, un grande disastro minerario ha coinvolto, tra le altre, la casa d’infanzia di Silke, nel Sud del Brasile. La ricerca sulle conseguenze di quel disastro è raccontato nella nostra prima performance Mining Stories. A Lugano al FIT vedrete Pleasant Island. Una performance che è una sorta di continuazione della nostra ricerca sullo sfruttamento del sottosuolo. In Pleasant Island mettiamo a fuoco l’impatto che hanno le attività estrattive su larga scala in un ambiente abitato, completo, finito. Per le nostre ricerche ci siamo recati sull’isola di Nauru, nel Pacifico, un’isola che è stata interamente derubata delle sue risorse naturali e ora è nota perché ospita campi profughi per conto dell’Australia. Il processo di creazione è suddiviso in due fasi ben distinte. Ogni fase, per il suo sviluppo, richiede molto tempo e attenzione. Dopo aver scelto un argomento o tematica, partiamo con la fase di ricerca. Per noi è importante fare ricerca sul campo. Parliamo con persone legate in qualche modo al problema o all’argomento. Registriamo l’audio di tutte queste conversazioni, che sarà poi il materiale di partenza per lo spettacolo. Dopo aver completato questa ricerca, partiamo con la seconda fase, quella artistica. Entriamo nello spazio/teatro e iniziamo a cercare una forma teatrale per tradurre sul palco questa ricerca. La forma deve adattarsi al contenuto delle conversazioni e rendere le registrazioni accessibili al pubblico. Questo processo, porta molti tentativi ed errori. Nella ricerca della forma giusta, per noi è importante mostrare la costruzione della narrazione all’interno del nostro lavoro. In entrambi i nostri spettacoli non usiamo la nostra voce, sebbene siamo fisicamente sul palco. Questa non è stata una decisione consapevole, ma è cresciuta organicamente in entrambi i processi di creazione. Usiamo il concetto di montaggio dal vivo come un modo per riunire sul palco parti e pezzi della ricerca».
![Un momento di «Pleasant Island». © Nuno Direitinho](https://www.cdt.ch/binrepository/1200x800/0c0/0d0/none/798450/TIVU/pleasant-island-1_1824795_20201004111848.png)
Dopo il Brasile con Mining stories, vincitore del ZKB Patronage Prize 2018, ora con Pleasant Island con cui arrivate per la prima volta davanti al pubblico luganese, la vostra attenzione si sposta in Micronesia. Raccontare i disastri ecologici serve a far sì che non si ripetano?
«C’è sicuramente una responsabilità nella memoria collettiva che condividiamo tutti, gli uni con gli altri. Cosa scegliamo di ricordare? Cosa scegliamo di dimenticare? Quando succede qualcosa, il riflesso che abbiamo come comunità è spesso quello di cercare di tornare a come erano le cose prima il più rapidamente possibile. Dopo il disastro minerario in Brasile, vicino alla casa di Silke, ad esempio, la cosa che abbiamo sentito più spesso è che le persone volevano dimenticare quanto accaduto il più rapidamente possibile e ricominciare a lavorare nell’estrazione, in miniera. Quel reddito per loro è necessario, da quel reddito dipende la loro vita.
Sfortunatamente l’anno scorso, la “copia quasi esatta” di quel disastro del 2015 è avvenuta nella stessa regione. Una delle voci di testimoni in Mining Stories appartiene a un professore di Scienze sociali, che si occupa tra le altre cose, di memoria collettiva e che ci ha detto che “i ricordi sono piccole isole in un mare di amnesia”. L’isola di Nauru è spesso usata come “parabola del mondo moderno” o come “monito per il futuro”. Tutte le sue risorse sono esaurite. La storia dell’isola può essere vista come una versione in miniatura di come potrebbe diventare la terra in un futuro non troppo lontano. L’isola è stata irrimediabilmente colpita dagli effetti della colonizzazione, del capitalismo, della migrazione e del disastro ecologico le cui conseguenze persistono ancora oggi. Ma come affrontare quello che sappiamo e queste “parabole” di fronte alle sfide del nostro mondo di oggi rimane una grande domanda. Ci auguriamo che la comprensione delle complessità di ciò che è accaduto sia in Brasile che a Nauru possa contribuire a muovere grazie a questa “memoria ed esperienza collettiva” in una certa direzione».
![© Ilse Philips](https://www.cdt.ch/binrepository/1200x802/0c0/0d0/none/798450/UBHN/pleasant-island-2-png_1824786_20201004111019.jpg)
Pleasant Island è la storia di un disastro ecologico ma anche quella di una politica migratoria, che in questo caso vede al centro l’Australia, e che vede nei migranti un «affare» economico. L’Europa sta facendo meglio?
«Purtroppo, non è così. L’Europa sta anche peggio sotto molti aspetti. La situazione a Lesbo attualmente e durante la pandemia sanitaria ha visto numerosi incendi nel campo di Moria, una situazione tragica oltre ogni immaginazione. È facile considerare la politica dei respingimenti dell’Australia e di “prigionia” dei rifugiati e richiedenti asilo sulle isole del Pacifico come Nauru, come qualcosa di lontano ed estremo, ma dobbiamo ammettere che l’Europa sta facendo la stessa cosa. I nostri governi si impegnano in ogni modo per mantenere queste persone, in cerca di protezione, fuori dei confini europei, e spesso in condizioni dure e disumane. È inaccettabile».
Scoprite di più su questo e gli altri eventi in programma fino al 9 ottobre sfogliando il numero 40 della rivista ExtraSette, disponibile anche sull’app CdT Digital. Per inserire nell’agenda di ExtraSette un concerto, uno spettacolo, un incontro letterario, una conferenza o segnalare un’altra iniziativa culturale vi invitiamo a scrivere a [email protected].