Diritti tv

DAZN contro i pirati leggeri

Vedere tutte le partite di Serie A in streaming, in Italia, costerà 29,99 euro al mese dal prossimo agosto – Ma che cosa cambierà davvero?
Stefano Olivari
10.06.2022 19:30

Vedere tutte le partite di Serie A in streaming su DAZN costerà 29,99 euro al mese, a partire dal prossimo agosto. E per vederle in contemporanea connettendosi a due reti diverse il prezzo salirà a 39,99 euro. Questa la comunicazione dell’azienda, letta un po’ ovunque sul web, che non interessa soltanto i telespettatori italiani ma anche molti svizzeri, ed in particolare ticinesi, che per vedere le partite di Milan, Inter e Juventus utilizzano la versione italiana di DAZN. Senza andare sui massimi sistemi politico-sportivi, la domanda è una sola: cosa cambierà?

I prezzi

Detto che DAZN per il mercato italiano non significa soltanto calcio, ma anche Serie B, Europa League, Liga spagnola, Coppa Libertadores, boxe, football NFL, per non dire di ciò che è trasmesso sui canali Eurosport (tutto il ciclismo, 3 Slam su 4 del tennis, eccetera), è evidente che a spostare gli equilibri sia soprattutto la Serie A. L’abbonamento cosiddetto Standard, quello da 29,99 euro, permetterà di registrare due dispositivi e di guardare DAZN in contemporanea su entrambi, non necessariamente lo stesso evento. L'importante è che i dispositivi, ad esempio la smart tv e l'iPad, siano connessi alla rete della stessa casa. Avvertenza: chi guarderà DAZN in viaggio non avrà nello stesso momento DAZN disponibile per chi sta a casa. L'abbonamento Plus, quello da 39,99 euro al mese, permette invece di registrare fino a sei dispositivi e guardare i contenuti in contemporanea da due di loro, anche da due reti diverse. In altre parole, l'abbonamento Plus permette di fare le cose che prima permetteva di fare l'abbonamento normale ed è qui, volendo stare nella legalità o pseudo-tale, che la questione diventa di interesse svizzero: bastava avere un amico residente in Italia con un abbonamento regolare e registrare il proprio dispositivo, aggirando i blocchi territoriali con un banale VPN, cioè un sistema per schermare la propria provenienza geografica (ce ne sono a pagamento, sui 3 euro al mese, ma anche di gratuiti con dati limitati). La cosiddetta concurrency si paga quindi 10 euro in più ogni mese.

La pirateria

La strategia di DAZN non è soltanto quella di combattere la pirateria del genere «pezzotto» (cioè un dispositivo che consente di vedere praticamente qualsiasi canale del mondo, illegalmente, dietro pagamento a qualche intermediario, di solito sui 10 o 15 franchi al mese), ma quelle situazioni di confine che comunque danneggiano l’azienda. Una sorta di pirateria leggera, questa delle condivisioni delle password, che colpisce praticamente chiunque, a partire da Netflix, e che si pensa di limitare rendendola di fatto legale con un sovrapprezzo di 10 euro. Soltanto i numeri diranno se la soluzione è quella giusta. Di sicuro cedere ad altri, diversi da persone del proprio nucleo familiare, dati del proprio account, rimane formalmente illegale. In una prospettiva svizzera, parlando di persone interessate alla Serie A di calcio, dividere con un abbonato italiano o «italiano» i 40 euro di DAZN Plus costerebbe come abbonarsi regolarmente a Sky CH.

Gli abbonati

Gli abbonati alle pay-tv sono un dato difeso in maniera assurda, anche perché poi quando c’è da mendicare pubblicità dagli investitori questi dati devono essere in qualche modo rivelati. Senza contare il fatto che la Lega Calcio ha il diritto di conoscerli e di sapere se il suo prodotto sta andando bene o male (spoiler: male). Lo scorso ottobre, stando a una stima del Sole 24 Ore, in Italia gli abbonati ai pacchetti Calcio e Sport di Sky Italia (ricordiamo che Sky può trasmettere 3 partite su 10 per ogni turno di A, mentre DAZN le trasmette tutte e 10) erano 2,483 milioni, mentre DAZN era a 1,953 milioni (compresi quelli di TIM Vision, con cui DAZN ha un accordo). Numeri che nel corso della stagione non dovrebbero essere cambiati di molto e che permettono di quantificare l’effetto concurrency: secondo DAZN il 20% degli abbonati legali, quindi almeno 400.000. Ecco: 400.000 per 29,99 euro per 12 mesi, cioè il massimo possibile (c’è chi interrompe l’abbonamento quando la Serie A è in vacanza) significa quasi 140 milioni di euro l’anno potenzialmente recuperabili. Numeri che vanno confrontati a quanto spende DAZN per i diritti della Serie A: 840 milioni di euro l’anno, da cui togliere i 340 milioni che mette TIM, quindi 500. In altre parole, recuperando buona parte della pirateria leggera i conti potrebbero tornare.

La demagogia

Ovviamente il nuovo corso di DAZN ha scatenato la peggiore demagogia da parte di politici, associazioni di consumatori con sigle mai sentite, e soprattutto del conformista popolo del web, che commenta tutto ma non vuole pagare niente. Eppure le modalità di cancellazione dell’abbonamento di DAZN sono molto semplici… Tutte queste polemiche in un’Italia che fino al 1993 non aveva partite di Serie A trasmesse in diretta (si iniziò con il posticipo serale su Telepiù) e dove comunque la visione di Fiorentina-Udinese non risulta essere un diritto costituzionale. Certo DAZN paga le arretratezze della rete Internet e delle connessioni, il buffering (simboleggiato dalla fastidiosa rotella che rappresenta il caricamento dell’immagine) dipende anche da questo, ma agli occhi del telespettatore medio la colpa è di DAZN.

Le singole partite

DAZN e ancora di più la Lega Calcio, pensando al 2024 quando scadranno gli attuali contratti televisivi, stanno studiando in gran segreto una modalità commerciale (quella tecnica è semplicissima, Sky già vende i singoli eventi) che consenta di massimizzare gli introiti aggiungendo agli abbonamenti anche la possibilità di acquistare singole partite. A un prezzo presumibilmente alto, nell’ordine dei 7 o 8 euro, in modo da spingere gli abbonamenti ma al tempo stesso permettere di intercettare quel tifoso interessato soltanto a quelle poche partite di campionato della sua squadra che non vede allo stadio, oppure l’appassionato che vorrebbe guardare soltanto quelle poche grandi sfide, senza passare la vita davanti allo schermo.